Sopravviventi

di Antonio Musella, Laura Marmorale, Fabrizio Andreozzi

14 / 2 / 2009

Bonifiche, devastazione del territorio, morte, sembrano questi i tratti caratterizzanti di due volumi di recente uscita nel nostro paese, che attraversano in stili letterari differenti due territori presi a simbolo della martorizzazione della natura per soddisfare le speculazioni e gli interessi dei poteri forti.
“Perdas de Fogu” di Massimo Carlotto e del Collettivo Mama Sabot e “Campania Infelix” di Bernardo Iovene, parlano di Sardegna e Campania, dell’inquinamento derivante dallo sfruttamento del poligono interforze di Salto di Quirra – Capo San Lorenzo, e dell’inquinamento dovuto allo smaltimento dei rifiuti tossici in Campania.
Attraverso questi due volumi anche chi non si è mai addentrato in approfondimenti sulle tematiche della salvaguardia dell’ambiente e contro il modello di sviluppo attuale, acquisisce una drammatica familiarità con lo stato dei luoghi nel nostro paese. Senza dubbio la Sardegna e la Campania rappresentano dei territori emblematici in materia di inquinamento ambientale, ma il resto del paese subisce lo stesso scempio che, nella maggior parte dei casi, non è nemmeno documentato e denunciato.

L’inquinamento da nanoparticelle sembra essere il principale agente di distruzione nel nostro paese, non solo per l’inquinamento della terra e delle falde acquifere, ma per il susseguente inquinamento della catena alimentare che provoca un innalzamento progressivo dell’incidenza di mortalità tumorali, attraverso il meccanismo della bio-magnificazione.
Nell’ambito delle conoscenze scientifiche attuali non esistono filtri per trattenere dai fumi di scarico di inceneritori, cementifici, centrali turbogas, o ad esempio dallo scoppio di armi speciali come avviene in Sardegna, le nanoparticelle che misurano pm 10 nella maggior parte dei casi, dove un pm è un millesimo di millimetro. Di conseguenza ogni qualvolta che sentiamo parlare di “impianti sicuri” sentiamo pronunciare un’assurdità scientifica.
L’immissione delle nanopraticelle derivate da metalli pesanti, da diossine, e quant’altro, avviene attraverso processi di “bruciamento” come detto, il che significa la trasformazione dei metalli pesanti dallo stato solido ad un'altro stato solido passando esclusivamente per quello gassoso: in pratica i metalli pesanti immessi nell’aria allo stato gassoso o cadono sulla terra inquinando la catena alimentare o sono respirati nei nostri polmoni dove ritornano nuovamente allo stato solido, diventando, nella maggior parte dei casi, vettori per la formazione di tumori.
Il nostro paese è disseminato di impianti che immettono nanoparticelle nell’aria, con alcuni casi limite come l’Emilia Romagna con 17 inceneritori , cementifici, siti di stoccaggio di fanghi e materiali pericolosi, ecc. ecc. Laddove non è arrivata l’industrializzazione con il seguito di scempi ambientali, ci ha pensato la mano delle lobby politico-imprenditoriali-criminali attraverso lo smaltimento illecito di rifiuti tossici, spesso provenienti dalle stesse regioni maggiormente industrializzate.
In Campania sono 2700 i siti contaminati nell’ambito di 5 siti di interesse nazionale da bonificare (tra i più dispendiosi, estesi e complessi dei 54 siti presenti su tutto il territorio nazionale) a causa dell’inquinamento derivato dallo smaltimento di rifiuti tossici speciali.
Così come nella “Terra di Lavoro” (quel lembo di terra che va dal Vesuvio alla provincia di Caserta) e quindi nelle zone in prossimità dell’inceneritore di Acerra che ancora deve entrare in attività, così in quelle zone interessate dagli esperimenti militari, e in tutti i territori interessati da insediamenti nocivi, la battaglia per la bonifica dei territori risulta essere oggi più che mai un terreno prioritario di lotta.
Se fino a pochi anni fa la scarsa conoscenza dei fenomeni di inquinamento del territorio comportavano un piano di lotta parziale, oggi la socializzazione delle conoscenze, ed il percorso di crescita ed arricchimento del general intellect, favorito da battaglie importanti come quelle campane contro il piano rifiuti, ci danno i presupposti necessari per immaginare un profilo delle lotte indirizzato verso la bonifica dei territori.
Un piano questo che diventa un terreno di scontro cruento tra gli interessi dei poteri forti e quello delle comunità. Non basta infatti aver distrutto i territori ai mercanti di armi, di rifiuti speciali, ai cementisti, alle lobby dell’energia, bisogna anche occultare il più possibile i danni derivati dall’inquinamento e le morti che quegli insediamenti produttivi si sono portati dietro.
Ed è palese che ci si scontra spesso con muri di gomma talvolta inespugnabili.
Già, perché spesso nemmeno la scienza va in aiuto alle lotte: la bonifica da inquinamento da nanoparticelle non esiste, al momento le conoscenze scientifiche non ci consentono di attuarla.
Il caso della Campania, dove le lotte in difesa dell’ambiente hanno avuto negli ultimi anni uno sviluppo particolare e conflittualmente importante, è emblematico.
Il primo approfondimento da fare per dimostrare l’impatto devastante dell’inquinamento dovuto alla presenza di rifiuti speciali o di immissioni nocive nell’aria da parte di insediamenti industriali è incrociare i dati delle mortalità tumorali con quelle della presenza di insediamenti nocivi o di siti da bonificare.
In Campania fino a pochi mesi fa non era mai esistito un registro regionale dei tumori, così come in altre regioni del paese. Ovvero un registro dove oltre ad indicare le cause tecniche di morte venivano riportate le patologie e cenni biografici del paziente. Un’indagine epidemiologica indispensabile. Proprio l’assenza di questo strumento impedisce ogni tipo di ricerca scientifica che metta in relazione e dimostri la proporzionalità diretta tra l’aumento delle patologie tumorali e la contaminazione dei territori. Solo la rivista Lancet Oncology ha prodotto un lavoro di questo tipo, riconosciuto dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ma disconosciuto dal nostro Ministero della Salute e da Donato Greco, una sorta di dottor-morte del Ministero della Salute che venne in Campania a dire che la “munnezza” faceva solo puzza, negando l’inquinamento della zona di Pianura.
Solo recentemente in Inghilterra il lavoro di diversi professionisti napoletani tra cui i medici Gerardo Ciannella e Antonio Marfella ha trovato finalmente pubblicazione, mentre nel nostro paese personaggi come Donato Greco, evidentemente al soldo dei grandi interessi economici, boicottano sistematicamente queste ricerche, insabbiando informazioni e facendo terra bruciata intorno a medici coraggiosi che si impegnano accanto ai movimenti.
La negazione scientifica della tragedia immane che si è abbattuta su alcune zone della Campania è una scelta di politica economica, strettamente legata all’impossibilità economica e tecnica di realizzare bonifica dei territori e “decontaminazione” delle persone per anni sottoposte a tali pericoli.
Nove persone su 9, a loro spese, hanno inviato il loro sangue ad un laboratorio canadese per capire se i loro dubbi, i dubbi di milioni di persone, fossero fondati. Il R.I.M del Canada ha sentenziato che queste persone sono gravemente contaminate . Il R.I.M credeva di inviare le risposte a persone ormai morte.
Molte persone che vivono nel Triangolo della Morte, ed in altre zone contaminate, sono gravemente contaminate pur non sapendolo.
Lo Stato sa bene che così facendo purtroppo ci saranno tante persone che soffriranno negli anni avvenire ma il costo sociale di 20-30000 morti in più rispetto alla media è infinitivamente più basso rispetto alla catastrofe economica irreversibile che l'ammissione del problema comporterebbe.
È consequenziale che la nostra sofferenza sia frutto dell’immaginazione. Che la nostra paura sia tacciata come psicosi. Che la mozzarella alla diossina faccia bene e che le bufale contaminate dai rifiuti tossici non esistano. Che i terreni avvelenati siano un bluff e che i pozzi che ribollono siano fantasie. Che le falde acquifere devastate siano invenzioni.
Che i medici che ripetono fino alla nausea che i casi di cancro sono terribilmente fuori norma sono dei pazzi impreparati in cerca di gloria. Che i bimbi malformati e mai nati li chiamino aborti spontanei.
Dicevamo che il registro dei tumori finalmente è stato istituito in Campania, a dirigerlo il dottor Massimo Menegozzo. Un nome assolutamente noto, visto che il dottor Menegozzo è anche Commissario straordinario alle bonifiche nella stessa regione, ovvero colui che dovrebbe intrecciare i dati epidemiologici sui tumori con i 2700 siti da bonificare e dimostrare che i dati si giustappongono. Ma non lo farà mai il dottor Menegozzo, al soldo del governo.
Ricordavamo prima come la bonifica da inquinamento da nanoparticelle non sia possibile in base alle conoscenze scientifiche fin qui raggiunte, ma senza dubbio non è la sola. Ci siamo interrogati su come rilanciare la battaglia per la bonifica del sito della discarica Di.Fra.Bi in Contrada Pisani nel quartiere di Pianura. Ben presto ci siamo resi conto grazie al supporto tecnico dei “medici coraggiosi” che anche in questo caso non esiste bonifica. Il quartiere di Pianura sorge sulla zona dei Campi Flegrei, dunque una zona vulcanica attiva.
Proprio nella zona della immensa discarica fuoriescono i vapori dei soffioni per provengono dalle viscere della terra che segnalano l’attività vulcanica che nel sottosuolo raggiunge temperature altissime. Se in un territorio come questo è stato sversato il rifiuto più pericoloso che questo paese ricordi, ovvero la famosa “acne di cengio” (le scorie di Seveso), non c’è nessuna possibilità di poter bonificare la zona. L’attività vulcanica ed i processi di combustione fanno il resto.
La soluzione dunque per gli abitanti di Pianura, di Perdas de Fogu e per quelli di chissà quanti altri luoghi in questo paese è una sola, suggerita proprio dagli epidemiologi : l’evacuazione.
Appare evidente che davanti a questa prospettiva gli scenari di alcuni film come “28 giorni dopo” o “Io sono leggenda” ci appaiono improvvisamente come concreti e reali, quasi contemporanei.
Accanto ad alcuni tipi di bonifiche che non sono possibili in natura ne esistono tante altre invece che sono assolutamente realizzabili come quelle dall’inquinamento da amianto ad esempio e come tantissimi altri agenti inquinanti. La lotta per le bonifiche nel nostro paese dunque non può essere relegata ad “argomento di nicchia” ma a terreno di costruzione di conflitto, perché oggi più che mai il tema della decrescita e della trasformazione del modello di sviluppo sono nodi assolutamente centrali sullo scenario globale. La storia delle lotte sull’amianto sono il miglior esempio possibile rispetto ad una fase di “crisi della prospettiva” che le lotte per la difesa dell’ambiente attraversano.
Ci sono voluti 50 anni ed oltre per bandire l’amianto dalle costruzioni, per denunciarne e riconoscerne la nocività, per implementare la ricerca per la sua eliminazione e per arrivare a rendere possibile la bonifica dei luoghi inquinati da amianto. Oggi siamo in una fase in cui la circolazione delle informazioni, la socializzazione delle esperienze, la potenza comunicativa delle lotte contro l’inquinamento giocano un ruolo centrale.
Come cinquant’anni fa qualcuno del Ministero della Salute ci raccontava che l’amianto non era nocivo, così oggi il suo alter-ego ci racconta lo stesso delle nanoparticelle e dei metalli pesanti. La denuncia di tutto questo è indispensabile affinché “i medici coraggiosi” non siano soli, affinché le comunità imparino a conoscere gli agenti patogeni delle malattie tumorali , affinché, così come per l’amianto, si arrivi alla trasformazione dei processi produttivi verso un’altro modello di sviluppo.
“Le battaglie che si perdono sono solo quelle che non si combattono: nessuna resa” c'è scritto su uno striscione al Presidio permanente di Chiaiano, e dietro il senso profondo di questa affermazione c'è tutta la prospettiva di sviluppo delle lotte in difesa dell’ambiente nel nostro paese ed a livello globale.
Lotte che in questi anni hanno contribuito in maniera determinante all'autoformazione di intere comunità, che attraverso la rete, i blog, i network indipendenti, fanno informazione, che grazie all’ausilio di medici “non allineati” producono una mole impressionante di ricerche e statistiche indispensabili per le lotte.
Sappiamo bene che probabilmente non vedremo il frutto delle nostre battaglie, così come tanti operai morti di Eternit non hanno visto i risultati delle loro lotte e la conclusione dei processi giudiziari, ma sappiamo bene che ciò che facciamo è indispensabile per immaginare e costruire un altro mondo possibile.



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