Attorno a "Dio è violent"

Da Donne in movimento

13 / 6 / 2012

Ci sono momenti in cui occorre il coraggio di abbandonare schemi ed ideologie e ragionare su quanto di caotico, confuso ma a tratti molto evidente sta avvenendo. E questo è uno di quei momenti, in cui il panorama della crisi sta profondamente modificando, e in parte ha già modificato, non solo il panorama politico, ma anche quello delle aspettative personali di ognuno, dentro “le crisi” che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: quelle economiche, quelle della rappresentanza, quelle valoriali.

I soggetti più intelligenti, più slegati dalle manfrine della politica politicante, onestamente si interrogano. Lo fa, con grande chiarezza, anche Luisa Muraro nel suo ultimo libro, Dio è violent, in un testo concentratissimo che ha anche il pregio della schiettezza e di cui consigliamo la lettera.

E così, partendo dall’osservazione ragionata di un dato storico, la rottura di quel “contratto sociale” basato sulla delega e sulla rappresentanza, sulla cessione allo stato “democratico” di quella quota di forza, di violenza, che ogni individuo legittimamente possiede, Luisa Muraro percorre con grande efficacia quell’iter logico che la porta a concludere nel senso che anche l’uso della forza è foriero di possibile cambiamento, è legittimo e necessario, nella giusta misura. “Quanto basta”.

Ragiona sul senso di quella negazione assoluta della possibilità di uso della forza che ha caratterizzato decenni di dibattito politico, anche femminista, che oggi, in una situazione in cui è palese la totale sottrazione di ogni potere decisionale agli individui ed alle comunità, rischia di diventare una quasi istigazione a non fare, non protestare, non cambiare.

Perché invece, guardando anche ai fatti di questi giorni, è chiaro che l’uso della violenza statuale è diventato ordinario, non solo nelle forme della repressione poliziesca e giudiziaria, ma in quella sostanziale dell’esclusione totale di ogni possibilità di scelta, di ogni possibilità di interferire con le scelte. Insomma, non c’è più spazio neppure per quelle piccole mediazioni che hanno mantenuto per lungo tempo in un angolo le domande sostanziali, che hanno elargito qualche contentino. Ce lo insegna la politica economica del governo dei tecnici, ma anche l’indiscutibilità della Tav, le operazioni truffaldine intorno alla vicenda dell’acqua pubblica post referendum, in questi giorni le “riforme” del mercato del lavoro e molto altro. “Qui pensiamo semplicemente a una persona comune che vive, come tutti, chi più chi meno, una vita in cui i nove decimi delle cose che accadono, comprese quelle che la riguardano direttamente, sono fuori dal suo controllo….” E questa persona “a questo punto, può protestare, tacere, ammalarsi. Può fare un’altra cosa, che io propongo in alternativa: può ritirare il suo tacito consenso all’ordine che regola la convivenza. E dirsi…io non ci sto, non do più il mio credito alle leggi e alle autorità costituite, mi riprendo l’intera disponibilità di me e della mia forza, devo amministrarla io, poca o tanta che sia, e mi do la licenza di usarla” (L. Muraro, Dio è violent ed. gransasso nottetempo)

Per le donne, che sono sempre state “border line” nel contratto sociale, costrette ai lati dal contratto sessuale, la necessità di un dibattito vero sul tema appare ancora più necessario. Perché, come dice Luisa Muraro, in realtà non è vero che lo stato ha avuto il monopolio della forza; ed infatti i “privati cittadini di sesso maschile” hanno continuato ad usare la violenza in casa, al lavoro, in strada. Ancor peggio se in divisa e/o in guerra. Per le donne la violenza subita è quasi regola.

Ecco, a noi pare giusto e necessario approfittare di questo contributo importante al dibattito, perché ce n’è veramente bisogno, perché è tutt’altro che un inno alla violenza insoddisfatta, disperata, singolare, autoreferenziale; al contrario, un’utile riflessione sulle possibilità di azioni incisive, di azioni “efficaci”, come dice l’autrice. Noi ci aggiungiamo azioni “collettive” che oppongano alla retorica della non violenza inane, alla logica della rassegnazione, punti di vista diversi, modi di vivere, consumare, produrre diversi.

Azione ragionata, che sappia dar voce e attraversare i movimenti sociali in atto anche da un punto di vista di genere. Un attimo di riflessione, prima di buttarci nella mischia del prossimo anno di crisi ci sta. Noi iniziamo a parlarne qui e continueremo al dibattito che si svolgerà l’8 luglio allo Sherwood Festival, con Anna Simone, Federica Giardini e Caterina Peroni, a partire anche dal loro libro “Sessismo democratico”.

DONNEINMOVIMENTO PADOVA

Contatti: [email protected]