Sono oltre 20.000 i morti (accertati) d’immigrazione che già giacciono in fondo al Mediterraneo. L’inevitabile tragedia del 3 ottobre, oltre a provocare la morte di altre centinaia di persone, ha fatto venire al pettine molti nodi. E’ emerso infatti una volta per tutte il paradosso delle politiche di chiusura delle frontiere che, se da un lato generano clandestinità utile a sostenere le fondamenta del sistema economico globale, dall’altro identificano il migrante come responsabile del fallimento di questo modello.
Nonostante ciò, politici e sedicenti difensori della democrazia e dei diritti umani hanno invocato ulteriori rafforzamenti dei dispositivi militari di Frontex e dei piani europei di controllo e protezione delle frontiere, imponendo ancora una volta il militarismo come unico modello capace di evitare le tragedie in mare. La smentita è purtroppo arrivata nel giro di pochi giorni, quando l’ennesimo naufragio al largo dell’isola ha provocato decine di morti.
Da oltre 20 anni tutti gli stati
europei si sono impegnati nella creazione e nel rafforzamento delle
misure di contrasto all’immigrazione clandestina facendo di queste un
pilastro delle politiche migratorie nazionali ed europee.
Intanto, a Lampedusa, il migrante detenuto in un centro chiuso,
indegno, destinato a divenire un ingranaggio del motore del grande
business, respira la stessa aria della donna di Lampedusa che non può
partorire sull’isola perché non vi sono le strutture sanitarie adeguate,
di chi rischierà di morire durante un disperato trasferimento in
elicottero sulla terraferma per una emergenza che un ospedale avrebbe
potuto benissimo affrontare, del bambino costretto in strutture
scolastiche inadeguate, di un cittadino che è costretto a pagare i
carburanti più cari d’Europa e che magari, essendo pescatore, è
costretto a demolire la barca, perché il carburante è troppo caro.
E’ da qui, oggi, che dobbiamo ripartire.
Non ne possiamo più di promesse di cambiamento, di slogan da campagna
elettorale, di lacrime di circostanza e di cordoglio da prima serata.
Vogliamo ritrovarci insieme a tutti coloro che credono che
quelle stragi potevano essere evitate e che un cambiamento sia
possibile.
Vogliamo parlare di proposte reali, come l’apertura di un canale
umanitario, l’abolizione della Bossi-Fini, il cambiamento del sistema di
accoglienza, la cancellazione di quello di detenzione ed il
ripensamento del regolamento di Dublino, una nuova Europa fondata sui
diritti .
Per questo invitiamo tutte le associazioni, i collettivi, le
organizzazioni d’Italia e d’Europa a prendere parte a un grande incontro
sull’isola insieme al Sindaco Nicolini, ai pescatori, ai commercianti,
ai soccorritori, ai migranti e a tutti i cittadini di Lampedusa, per
scrivere insieme la Carta di Lampedusa.
Associazione Askavusa
La prossima tappa per costruire il percorso della Carta di Lampedusa sarà l’assemblea telematica che si terrà nelle prossime settimane su www.meltingpot.org, una web-conference per discutere insieme l’incontro di Lampedusa. A breve tutte le info