Dieci anni senza Pavlos Fyssas, rapper antifascista ucciso dai neonazisti di Alba Dorata

Una manifestazione ha sfilato per le strade di Keratsini in memoria di Killah P. Come ogni anno ha ricordato un omicidio che ha sconvolto il Paese e ha aperto la strada alla designazione del gruppo neonazista come organizzazione criminale. Ma a dieci anni di distanza, la minaccia persiste.

23 / 9 / 2023

Nel quartiere popolare di Keratsini, un grande monumento che raffigura Pavlos mentre rappa si trova non lontano dalla casa dove è nato. In tutta Atene, al Pireo e altrove, il suo nome è scritto su edifici e marciapiedi, il suo volto è impresso su manifesti, ci sono tante cose che lo ricordano.

Pavlos Fyssas era soprattutto un musicista e per quello sarebbe voluto diventare famoso. La sua firma Killah P sta per “Kill the past”, uccidi il passato, dove ogni riferimento alla dittatura dei colonnelli che governò la Grecia dal 1967 al 1974 era fortemente voluto. 

Sono passati dieci anni dal 18 settembre 2013, quando Fyssas venne accoltellato a morte da Georges Roupakias, membro del partito neonazista Alba Dorata. L'omicidio del 34enne greco scosse all’epoca il Paese, rivelando in fondo la vera natura della formazione di estrema destra che era entrata in Parlamento nel 2012 in un contesto di crisi economica, politica e sociale. 

Non era la prima volta che Alba Dorata si macchiava di un crimine come questo, ma in questo caso fu l’inizio di un terremoto politico, tanto da diventare una questione di Stato. Il motivo è facile da capire, negli altri attacchi del gruppo neonazista le vittime erano immigrati, in questo caso no: Pavlos Fyssas era greco.

Quel giorno l'Olympiakos stava giocando contro il Paris Saint-Germain in una partita di Champions League. Pavlos aveva guardato la partita al Coralie Café, un bar del suo quartiere, con alcuni amici, a monitorare i suoi movimenti ci sono tre neonazisti di Alba Dorata. Finisce la partita e all’uscita del locale - dopo un breve alterco con alcuni ragazzi - arriva un'auto dalla quale scende un uomo che pugnala al cuore Fyssas. Non si è trattato di una rissa di strada, come cercarono di far credere alcuni media, né di un atto di autodifesa o di un caso fortuito.

Non è esagerato dire che il momento più sorprendente dell'autunno 2013 non è stato l'assassinio di Fyssas, ma l'inversione di rotta dello Stato nei confronti di Alba Dorata che ne è seguita. Con i disordini nelle strade, i continui cortei, il governo ha dovuto agire. L'evento ha portato alla luce quella che in Grecia era una verità nota a chiunque: la collusione di parte della polizia greca con i neonazisti di Alba Dorata. Il sostegno silenzioso e l'insabbiamento di molte delle loro azioni era più di una diceria: era una realtà. In difficoltà nel sedare le rivolte, lo Stato ha trasformato l'impunità di Alba Dorata in carcere. I suoi principali parlamentari e membri del partito sono stati arrestati. Il caso ha portato a un'indagine approfondita su Alba Dorata e, dopo un processo iniziato nel 2015 e durato cinque anni con più di 150 testimoni, è stato possibile dimostrare che il gruppo neonazista era più di un partito politico: agiva come una banda criminale.

In quel periodo la Grecia è in subbuglio e poco più di un anno e mezzo dopo la morte di Pavlos vince le elezioni SYRIZA, che non è riuscita a porre fine all'austerità o a fare riforme sociali incisive.

Non solo, il sentimento di malcontento popolare è aumentato, complice un’inflazione sempre più in aumento e un impoverimento sociale costante. Non hanno giocato a favore nemmeno la politica estera aggressiva e pericolosa del presidente turco Erdogan che ha visto un aumento della tensione migratoria verso l’Egeo, come anche le politiche di frontiera dell'UE che hanno fatto sì che migliaia di persone fossero intrappolate nei campi delle isole greche sotto la minaccia di deportazione. Non va dimenticata nemmeno la repressione dei movimenti anarchici e di solidarietà con i rifugiati, con il conseguente aumento dei poteri della polizia, il riarmo dell'esercito e il controllo delle frontiere.

Un decennio dopo l'assassinio di Fyssas, l'estrema destra greca è probabilmente più influente che in qualsiasi altra fase storica dell'ultimo mezzo secolo. Ci sono recinzioni alle frontiere e accuse credibili di una politica di respingimento. Centinaia di persone possono morire in mare in un solo giorno, e la cosa fa appena effetto. Le persone possono morire bruciate mentre gli incendi boschivi devastano il Paese e poi essere incolpate di aver appiccato il fuoco. Le squadre d'assalto urbane di Alba Dorata sono in gran parte scomparse, ma dal 2020 sono comparsi i vigilantes di frontiera.

Sebbene la scomparsa di Alba Dorata abbia inferto un duro colpo ai circoli neonazisti in Grecia, il fascismo è ben lungi dall'arrendersi. La sorpresa è arrivata solo tre mesi fa, quando il partito neonazista Spartans, fondato nel 2017 da Vassilis Stigas - che in passato aveva fatto parte del partito conservatore Nuova Democrazia, attualmente al governo - è riuscito a raccogliere il 4,68% dei voti. In altre parole, ha superato la soglia minima del 3% per entrare in Parlamento e ha conquistato tredici seggi.

L'aspetto sorprendente di questo risultato è che Spartans, che non aveva nemmeno un ufficio ad Atene, non si era candidato alle prime elezioni del 21 maggio e non aveva nemmeno fatto campagna elettorale, è riuscito comunque a conquistare un numero così elevato di voti. Ma ci sono ragioni per comprendere questa improvvisa impennata: due settimane prima delle elezioni, il volto più visibile di Alba Dorata, Ilias Kasidiaris, dal carcere dove sta scontando una condanna a 13 anni per appartenenza a una banda criminale, ha chiesto voti per loro, rientrando di fatto in Parlamento ellenico dalla porta di servizio.

La Grecia del 2023 è quella che l'estrema destra riconoscerebbe nelle sue fantasie. I confini sono fortificati e le prigioni sono piene di contrabbandieri reali e immaginari.  Quando Alba Dorata è stata condannata nell'ottobre 2020, una delle immagini più significative che è tornata alla mente è stata quella di Magda Fyssas, la madre di Pavlos, che esultava per il risultato del processo, “Pavlos ce l'ha fatta”, gridava. 

Ma dall’altra parte, a dieci anni di distanza, bisogna anche dirsi che è stata una vittoria parziale, su solo una “formazione” di estrema destra, perché il resto continua a crescere ed evolversi.