Elezioni negli States - Intervista a Michael Hardt

a cura di Beppe Caccia

29 / 10 / 2012

Siamo con Michael Hardt a pochi giorni dalle elezioni negli Stati Uniti. 

La prima domanda che volevamo fare a Michael è se poteva farci un quadro delle forze materiali, dei diversi modelli di uscita capitalistica dalla crisi che si fronteggiano nello scontro tra la conferma di Barack Obama e la candidatura del conservatore, repubblicano Mitt Romney.

Da un certo punto di vista, anche un po' esterno alla situazione, potrebbe sembrare che la scelta è abbastanza chiara nel senso che Romney interpreta il capitale finanziario, l'imprenditore in quanto tale e Obama rappresenta una specie di capitale del welfare, di uno stato ancora capace di una gestione nella crisi etc ..

Però, almeno visto dall'interno, dagli Stati Uniti, che non sono sicuro sia il punto di vista più chiaro, il tutto è diventato completamente confuso.

Forse questo per il bassissimo livello di come si fa politica in questi giorni a livello nazionale. Quindi anche se ci sono delle linee politiche diverse tutto sembra finto, sembra basarsi sulle cose che non contano, tutto sembra cambiare nei sondaggi per una battuta, una parola e non per le cose importanti. Sono sicuro che gli ascoltatori italiani conoscono meglio di noi questa difficoltà della politica spettacolo e la sua inconsistenza. Mi sembra che nelle elezioni americane questo oggi attiri più l'attenzione: questo finto modo di dibattere, di far politica.

Una riconferma, che poteva sembrare quasi scontata, di Barack Obama viene messa fortemente a rischio dal bilancio non positivo anche nella stessa opinione pubblica del quadriennio che abbiamo alle spalle. Qual'è la tua valutazione del primo term di presidenza di Barack Obama?

Questo è fuori dubbio ciò che conta nella logica elettorale. E' un grande vantaggio per Romney che l'economia americana non sia cresciuta e che la disoccupazione sia molto alta. In parte queste cose sono vere ed in parte false. Per esempio il costo del petrolio è una delle cose su cui si gioca molto in questa settimana di campagna elettorale. Romney insiste molto sul fatto che quando è arrivato Obama il prezzo del petrolio era basso, ma adesso è cresciuto, ma non si dice che era basso per la crisi del 2008. Si tratta di una sorta di cifra finta. Però, se tu vuoi chiedere una valutazione vera dei primi quattro anni di Obama, ti potrei dire che è chiaro che ha tentato di avanzare una specie di agenda capitalistica illuminata sulla sanità soprattutto, sul come finire in maniera molto lenta le guerre, per assicurare l'avanzata delle industrie etc . Questo è ciò che ha tentato Obama, anche se in maniera molto timida ma vera . Ha tentato di mettere in moto una logica capitalistica progressiva. Non so dire se può riuscire meglio nei prossimi quattro anni. Riuscire meglio nel senso non di un agenda progressista, ma di un'idea di capitalismo illuminato. Questo è ciò che abbiamo in Obama. Quindi non è senz'altro uno di noi, ma è molto migliore, infinitamente migliore dell'alternativa.

Colpisce della campagna presidenziale negli Stati Uniti questa sorta di ripiegamento sulla politica interna: l'economia, il  lavoro degli americani, la stessa contestata riforma sanitaria sono al centro della discussione, mentre sembra essere quasi sparita la dimensione globale. Non si parla del declino americano, della crescita delle economie dei paesi emergenti, in testa la Cina, e della stessa crisi europea con i suoi riflessi sulla dimensione atlantica e occidentale che ha guidato gli ultimi secoli di storia umana. Tutto questo sembra estraneo al dibattito, come spieghi questo e che effetti può avere questa assenza dal dibattito politico anche mainstream.

Quello che si è visto nel terzo dibattito televisivo, che doveva essere sulla politica estera, è che sono tutti d'accordo, praticamente non c'è differenza nella visione politica dei due grandi partiti. E questo può spiegare in parte perché non c'è una discussione sulla visione della politica oltre le proprie frontiere, l'altra cosa è che il discorso interno economico può essere spiegato pensando che gli Stati Uniti sono entrati in una stagione in cui bisogna gestire il declino.

Tutti riconoscono adesso che gli Stati Uniti non sono più, come pensava Bush, i padroni del mondo. Dunque devono gestire il declino, anche quando fa paura affrontare questo tema. Gestirlo non in maniera europea. Possono parlare della Cina, della Russia, del Brasile ma non dell'Europa, che è vista come un esempio negativo di gestione del declino. Non ne parlano perché non  vogliono gestire il problema del declino come secondo loro sta facendo l'Europa. Bisognerebbe fare un'analisi quasi psicoanalitica per capire perché l'oggetto più vicino viene quasi escluso dalla discussione. 

Tu mi chiedevi degli effetti a lungo termine di tutto questo. Io credo che ci saranno sicuramente degli effetti negativi, dovuti al fatto di non affrontare il tema della posizione degli Stati Uniti nel mondo e dell'effetto globale di tutto ciò.

Un ultima domanda riguarda il rapporto tra la campagna per le presidenziali e i  movimenti sociali.

Nel campo repubblicano si ha l'impressione che le posizioni ultraliberiste del candidato alla vicepresidenza repubblicana Paul Ryan, che senza alcun pudore rivendica il legame con il capitalismo finanziario, sia anche il portato della "spinta dal basso" di un movimento come quello del Tea Party: l'odio verso il governo federale, verso la tassazione, l'insofferenza verso i vincoli, i "lacci e laccioli" etc .. Dall'altra parte, non mi sembra vi sia altrettanta spinta sul versante dei movimenti sociali che pure nella prima campagna di Obama giocarono un ruolo importante. Qui da noi Occupy è stato molto spesso oggetto di innamoramenti esotici, di esaltazioni acritiche magari in contrapposizione con quello che si faceva in Europa. In realtà è evidente che Occupy sta vivendo un momento di estrema difficoltà nel ripartire ed è altrettanto vero che sembrano molto distanti i temi, le questioni che lo stesso movimento aveva posto, dalla stessa campagna delle presidenziali e dalle stesse posizioni dei democratici. Ci puoi spiegare cosa sta succedendo?

Non si può fare un parallelismo tra il Tea Party e Occupy. Tea Party è sempre stato legato alla macchina elettorale dei Repubblicani, la sua posizione è sempre stata quella di agire criticando il  governo ed entrandoci. La posizione di Occupy era completamente diversa. Inoltre abbiamo visto una grande differenza tra il 2008 e il 2012. La grande mobilitazione del 2008, la grande speranza che ha suscitato la campagna elettorale di Obama allora e poi la sconfitta di quella speranza. Occupy è nato, come dire, sulle ceneri di quella speranza. E' la mobilitazione per Obama, la sua sconfitta, per così dire il suo tradimento che ha creato veramente Occupy. Ma adesso nel 2012 non è che Occupy, o almeno la gran parte dei militanti, i più numerosi, mi sembra, non vogliano avere niente a che fare con il sistema elettorale. Appoggiano Obama in maniera, ora, molto più cinica. Io personalmente non vedo come un problema il fatto che i militanti di Occupy non abbiamo un effetto elettorale. Il 2011 è stata una cosa molto grande, molto importante, Occupy resta anche con tutte le difficoltà attuali, uno sviluppo, un programma molto importante che si separa dalla stagione elettorale. Io la vedo così: Occupy ha un'altra vocazione, che non dico sia più grande o più piccola, ma che è diversa dalla battaglia elettorale.

Elezioni Usa intervista a Michael Hardt (1)

Elezioni Usa intervista a Michael Hardt (2)

Elezioni Usa intervista a Michael Hardt (3)