Migranti in cammino tra la violenze dei narcos e quella dello Stato

Hay que seguir soñando

Lungo i binari dove corre la Bestia, sorge l'Albergue, un progetto di accoglienza dal basso che salva centinaia di vite

17 / 11 / 2017

Ixtepec - Non ci sono treni passeggeri in Messico. La rete ferroviaria esiste, ma i soli treni che vi transitano trasportano merci. Eppure, sono tanti - uomini, donne, bambini, intere famiglie - sono tantissimi i migranti che si aggrappano ai vagoni scuri e sporchi di quel treno, e gli affidano le loro vite e la speranza di superare i muri di confine. Lo chiamano "la Bestia".

In centro America come in Europa, in Messico come in Italia, i migranti non sono nient'altro che merci. Ma sono quegli stessi muri che li respingono a trasformarli in merce. In roba che si vende e si compra: manodopera a poco prezzo per i latifondi o per le minas, carne da cannone per le bande di narcos, schiavi da marciapiede nei viali o nelle case chiuse della prostituzione, organi per i ricchi mercati chirurgici degli Stati Uniti.

Il prezzo del biglietto lo contratti con i coyotes che ti ci fanno salire, su quel treno. Qualche volta ti costa tutto quello che hai, qualche volta la vita, qualche volta il prezzo è ancora più alto. Ci sali nell'indifferenza di chi, in quel confine che ti separa dal futuro, è nato dalla parte giusta. Ci sali nella complicità della polizia, delle istituzioni e di quella politica che urla alla "tolleranza zero", ai "pericoli della clandestinità", alla "difesa della nazione" e di presupposti "valori culturali".
Oggi questo treno transita ancora per Ixtepec. A nord, i binari hanno uno scartamento diverso e la Bestia è obbligata a fermarsi, regalando la possibilità ai fuggitivi di scendere senza rischiare troppo l'osso del collo.
Ma i migranti che scelgono di cavalcare la Bestia sono sempre meno. Ma non certo perché la loro situazione sia migliorata. Anzi. Il muro è ancora là.
Il Governo messicano ha adottato una nuova strategia nel 2014 che ha chiamato Plan Frontera Sur.
"Le immagini di questi vagoni strapieni di carne da macello avevano fatto il giro del mondo e per il Governo non era più possibile tollerare una situazione che denunciava la sua complicità nella tratta dei migranti - ci spiega Daniel, un volontario spagnolo che lavora nell'Albergue di Ixtepec - Così hanno aumentato la velocità dei treni, rendendo impossibile ai migranti aggrapparsi ai tetti. Una soluzione che non è una soluzione, perché sono intervenuti sulla conseguenza e non sulla causa. Se oggi sono pochi coloro che si arrischiano ancora a salire sul treno, la gente che non ha altra scelta che abbandonare la sua casa e mettersi in cammino esiste ancora! E senza treno, il viaggio è ancora più lungo e pericoloso perché significa affidarsi totalmente nelle mani dei narcos e dei coyotes. Noi che facciamo accoglienza, lo vediamo bene. Praticamente, alle porte del nostro Albergue, non bussa più una donna che non sia stata stuprata o un uomo che non abbia dovuto subire violenze inenarrabili".

L'Alberque accoglie tutti. Non dipende da nessuna organizzazione statale e - sorride Daniel mentre ce lo racconta - proprio per questo riescono ad essere di servizio ai migranti! In tutto il Messico ce ne sono una cinquantina. Una vera e propria rete di sostegno per aiutare i migranti nel loro percorso verso nord, verso una speranza di vita. Un progetto di accoglienza diffusa e dal basso che ha salvato la pelle a tanti migranti. Un progetto che si fonda su principi radicalmente diversi da quelli capaci solo di creare ghetti e di aprire baratri di disperazione. Ed è impossibile per noi italiani, intanto che Daniel ci mostre le strutture del campo, non pensare a quanto sta accadendo a Cona.
La prima cosa che i volontari degli albergues fanno è quella di informare i migranti che hanno dei diritti. Non è un passaggio da poco. "Molti di loro non sanno neppure cosa siano i diritti. Gli sembrano cose da signori… privilegi da ricchi…" Poi gli offrono assistenza legale, un tetto, cibo, medicine… Organizzano corsi di alfabetizzazione o di agricoltura. Ci sono anche dei giochi per i tanti, troppi, bambini che si sono messi in viaggio con i loro genitori e, qualche volta, arrivano soli.
"Siamo consapevoli che di più non possiamo fare. In fondo questa per loro è solo una tappa in un cammino molto più lungo - ci spiega Daniel -. Sono pochissimi coloro che si fermano qui. La stessa violenza, la stessa povertà che li ha allontanati dai loro Paesi, li insegue anche nello Stato di Oaxaca. La loro meta sono gli Stati Uniti, dove qualcuno ha un parente o ha sentito che si trova lavoro. Il nuovo presidente Trump ha alzato altri muri. E' difficilissimo oggi ottenere un visto. Ma, come per tutti i muri che alziamo, questo non impedisce loro di mettersi in cammino, crea solo altra sofferenza e altre ingiustizie. Le stesse sofferenze e le stesse ingiustizie che poi sono le cause vere del loro migrare. Quello che pochi hanno compreso è che questa gente, per fare quello che ha fatto, non ha avuto altra scelta. Hay que seguir soñando. Devono proseguire confidando in un sogno".