La lotta popolare libera Panama dalle miniere

30 / 11 / 2023

Nel giorno del 202° anniversario dell’indipendenza dalla Spagna, il popolo panamense celebra una nuova grande vittoria: la Corte Suprema di Giustizia ha sancito all’unanimità l’incostituzionalità della tanto contestata legge “vende patria” 406 rendendo nullo l’accordo stretto il 20 ottobre scorso tra il governo progressista di Laurentino Cortizo e la multinazionale canadese First Quantum Minerals per lo sfruttamento della più grande miniera di rame a cielo aperto dell’America Latina.

La sentenza della Corte Suprema è arrivata dopo cinque giorni di sessione permanente, al termine dei quali la presidente dell’organo giudiziario María Eugenia López Arias ha dichiarato l’incostituzionalità della legge e fatto conoscere le sue motivazioni: «Per la Plenaria della Corte Suprema di Giustizia, non c'è dubbio che siamo in presenza di un conflitto costituzionale di tipo specifico, in cui in questo caso si confrontano i diritti fondamentali della popolazione panamense, come il diritto alla vita, alla salute e a un ambiente sano e privo di inquinamento che entrano in collisione con il particolare interesse derivante dagli investimenti privati che mirano alla crescita economica». Secondo i giudici la legge 406 ha violato addirittura 25 articoli della Costituzione, tra i quali appunto i diritti fondamentali alla vita, alla salute e a un ambiente sano.

La lettura della sentenza, avvenuta la mattina del 28 novembre, ha scatenato la felicità tra le organizzazioni promotrici del “estallido” panamense e tra tutta la popolazione che da quaranta giorni è in strada a protestare, paralizzando il Paese. I blocchi stradali sono stati prontamente rimossi e manifestazioni e cortei spontanei sono partiti in quasi ogni città, con migliaia di persone a festeggiare una nuova indipendenza, questa volta dall’estrattivismo minerario rappresentanto dalla multinazionale canadese. Con questa sentenza, infatti, Panama chiude definitivamente con l’estrattivismo minerario avviandosi a costruire, dal basso, un Paese sostenibile e rispettoso dell’ambiente.

Il popolo panamense è il «gran artefice di questa giornata per aver portato il nostro Paese a una nuova tappa della vita nazionale» si legge nel comunicato del movimento Panamá Vale Más Sin Minería con il quale «riconosce la sentenza della Corte Suprema di Giustizia […] che fa prevalere il diritto alla vita, alla salute, all’ambiente delle future generazioni prima di qualsiasi altro diritto di natura economica».

Tra le voci che hanno festeggiato la vittoria, c’è quella di Saúl Méndez, uno dei leader della protesta e portavoce del SUNTRACS e dell’Alianza Pueblo Unido por la Vida: «questa è una vittoria popolare. Abbiamo vinto tre volte: la prima è la vittoria sulla stampa tradizionale, sulle sue bugie, sui suoi inganni; la seconda è la vittoria dell’unità popolare; la terza è che il popolo vota e comanda. La Corte – ha proseguito Méndez – non ha emanato questa sentenza perché lo voleva ma perché il popolo è sceso in strada a protestare, loro infatti sono parte del problema». Saúl Méndez ha poi concluso ricordando che «ora bisogna chiudere First Quantum e dobbiamo affrontare la repressione con la stessa fermezza, unita e disciplina».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Maribel Górdon, economista e candidata indipendente alle prossime elezioni presidenziali della primavera del 2024: «questo succede quando il governo e il potere non fanno gli interessi del popolo. Non è stata la Corte a dichiarare l’incostituzionalità, è stato il popolo nelle strade che ha portato a questo risultato. Ora dobbiamo rimanere vigili che nuovamente dopo una sentenza non chiudano la miniera».

Marco Andrade, portavoce dell’altro combattivo sindacato, la CONUSI, ha ricordato invece i traditori «che sono sempre stati interessati a veder fallire questa battaglia del popolo: nei media abbiamo visto sfilare tutti i dirigenti dei partiti politici tradizionali e nessuno di loro ha mai detto ‘no alla miniera’, tutti erano d’accordo con questo maledetto progetto minerario». Andrade ha poi ricordato che «l’unica candidata contro la miniera che ha accompagnato il movimento e non ha mai tradito il popolo panamense è la compagna Maribel Górdon».

Laconico  invece il commento del presidente Laurentino Cortizo, apparso scuro in volto in televisione attorniato dai cinque ministri con i quali ha redatto la legge mineraria: «dobbiamo rispettare le decisioni della Corte che sono definitive e obbligatorie. Non appena sarà ricevuta la comunicazione formale della sentenza che dichiara incostituzionale la legge 406 da parte della Corte Suprema di Giustizia, la stessa sarà immediatamente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, e avrà inizio il processo di transizione per una chiusura ordinata e sicura della miniera». Il presidente ha poi concluso con un passaggio che suona quasi una minaccia: «a causa dell'impatto del processo di chiusura sulla società panamense e delle sue conseguenze ambientali, lavorative, sociali, economiche e legali, ogni decisione che prenderemo come Paese deve essere affrontata in modo responsabile, inclusivo e partecipativo», facendo intuire la possibilità di future e prossime decisioni impopolari.

Decisioni impopolari che suonano come velate minacce di vendetta da parte del Presidente che tuttavia, dopo questa grande vittoria, non possono spaventare un movimento capace non solo di imporre la propria volontà dal basso alle istituzioni e ai poteri economici, ma anche di resistere con determinazione per quaranta giorni ai numerosi attacchi ricevuti sotto forma di repressione nelle strade e criminalizzazione davanti all’opinione pubblica. Cortizo è avvisato, “Panamá vale más sin mineria”. E senza politici difensori dell’estrattivismo.