La soluzione della guerra civile alla conferenza di Montreux il ‘Ginevra 2’ non può darsi e – purtroppo – non si darà. Il segnale simbolico lo si è avuto con la diffusione del dossier fotografico con cui si documentano le torture e le uccisioni nelle carceri siriane di oltre 11.000 prigionieri.
La documentazione riguarda i pretoriani del regime di Assad, ma le organizzazioni umanitarie sottolineano che altrettanta violenza sui prigionieri detenuti è praticata dalle varie formazioni combattenti, islamiche e non. Circola da giorni la voce insistente di una possibile incriminazione per crimini contro l’umanità del rais di Siria, il che inficerebbe non poco il negoziato, posto che uno dei suoi punti è appunto il salvacondotto internazionale per tutto il clan di Assad, se non una sua permanenza al potere.
In tutto ciò una man forte è fornita dall’Iran che in tutti questi anni di guerra civile ha sostenuto direttamente ed indirettamente attraverso i miliziani Hezbollah libanesi.
L’Iran, il principale alleato di Assad, è stato
prima invitato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e poi
escluso dal tavolo su pressione degli Stati Uniti e dell'opposizione siriana.Un errore,
secondo Teheran che ha reagito in maniera pacata, ma ha sottolineato che "tutti
sanno che senza l'Iran le possibilità di una vera soluzione in Siria non è poi
così grande".
L'iniziativa di Ban Ki-moon, che oggi ha parlato ai delegati di una "sfida
formidabile" da affrontare, ma con la possibilità di "un nuovo
inizio" per la Siria, ha rischiato di far saltare il tavolo, ma in realtà
a lista degli assenti è abbastanza lunga anche senza contare l'Iran. Prima di
tutto manca una consistente fetta dell'opposizione armata, i gruppi
jihadisti che non riconoscono Ginevra 2 e difficilmente accetteranno eventuali
accordi. Inoltre, manca pure una parte della Coalizione nazionale siriana,
cioè il Consiglio nazionale siriano, tiratosi indietro all'ultimo momento.
D'altronde i punti all'ordine del giorno sono tanti e complicati. In primis la
sorte di Assad: i cosiddetti
ribelli, sostenuti da Washington, da altre capitali europee e dai Paesi arabi
sunniti capeggiati da Riad, vogliono una sua uscita di scena, mentre il
presidente sarebbe addirittura pronto a ricandidarsi alla guida del Paese.
Le sue truppe stanno riconquistando terreno sul campo di battaglia e il potere
negoziale del presidente si è rafforzato nell'ultimo anno. Inoltre, l'intesa
sul destino di Assad è il presupposto per discutere l'intera agenda di Ginevra
2, quindi se non si troverà un
accordo su questo, difficilmente la conferenza avrà successo.
A tal proposito segnaliamo l’articolo presente sul Manifesto del 21.01.2013 a firma Chiara Cruciati di cui riportiamo uno stalcio.
Negli ultimi venti giorni oltre mille ribelli sono rimasti uccisi negli
scontri intestini alle opposizioni, una guerra civile nella guerra civile
che sta permettendo la costante avanzata dell’esercito governativo.
A Nord, nelle province di Aleppo e Idlib, è l’Esercito Libero
Siriano – sostenuto da altre formazioni islamiste – a combattere
contro l’Isil (lo Stato ilsmaico dell’Iraq e del Levante), accusato di
fare gli interessi del presidente Bashar al-Assad.
Nelle regioni settentrionali del Paese si assiste da settimane ad un’ampia
spaccatura tra gruppi vicini per ideologia o per obiettivi, ma sempre
più distanti sul campo di battaglia. Sebbene la maggior parte dei ribelli
sia sunnita – in opposizione alla famiglia Assad, sciita alawita – una
parte delle opposizioni resta di natura laica, come l’Esercito Libero
Siriano.
Dall’altra il Fronte Al-Nusra e l’Isil — entrambi affiliati di Al Qaeda — fanno della Sharia l’obiettivo finale dello scontro anche armato e sono sostenuti da numerosissimi jihadisti stranieri. Intorno una galassia di svariati gruppi minori, laici e islamisti.
Il Fronte al-Nusra, presente in tutto il Paese, controlla per lo più il territorio ad Est ed in particolare Shahadeh e Al-Omar, aree ricche di petrolio. L’ISIL, da parte sua, è riuscito in brevissimo tempo a garantirsi il controllo di parte del Nord Ovest siriano e di città chiave come Raqqah e comunità nelle province di Aleppo e Idlib, fino a Latakia. A Nord Est un ruolo consistente è giocato anche dai miliziani curdi, attivi nella provincia di Hasakah e impegnati in scontri contro i gruppi islamisti. Sotto il controllo curdo è caduta parte della stessa città di Hasakah, oltre a diverse comunità della provincia.
Gli ultimi mesi hanno però visto un’avanzata continua dell’esercito governativo verso Nord con la ripresa di Al-Safira, ad Aleppo, di Khanaser, Qara, Nabek e Ariha. Ma la roccaforte del regime di Bashar Assad resta Damasco: gruppi di ribelli mantengono il controllo di alcuni quartieri e periferie intorno alla capitale ma, grazie anche al sostegno dei miliziani di Hezbollah, la capitale siriana resta ancora nelle mani del governo.