Stati Uniti: approvati dai lavoratori gli accordi per il rinnovo dei contratti nelle 3 grandi dell'auto. Dissensi soprattutto in General Motors

24 / 11 / 2023

Dopo un mese e mezzo di scioperi e la firma da parte del sindacato United Auto Workers (UAW) dei contratti (il primo con Ford, come avevamo scritto su Global Project a fine ottobre, poi nei successivi 6 giorni con Stellantis e General Motors GM), la vertenza dei 160.000 lavoratori per il rinnovo del contratto nelle 3 grandi imprese auto statunitensi si è conclusa col voto dei lavoratori.

Al momento della firma, erano 45.500 gli operai progressivamente coinvolti nei picchetti ad oltranza, attraverso un incremento diverso per azienda a seconda della disponibilità alla trattativa di ciascuna di loro. 

Sebbene i 3 contratti siano sostanzialmente simili tra loro, il risultato del voto degli operai è stato variegato per azienda e per dimensione degli stabilimenti: all'approvazione di 2/3 dei lavoratori in Ford e Stellantis si è contrapposto il voto in General Motors (GM), in cui il 45% ha rifiutato l'accordo. Tanto che mercoledì scorso la ratifica del contratto GM pareva messa in discussione dal fatto che da 7 su 11 dei suoi grandi impianti arrivavano maggioranze per il NO.

Il contesto economico del rinnovo contrattuale è caratterizzato dalla caduta dell’occupazione, e di conseguenza della sindacalizzazione, negli storici stabilimenti del Nord del Paese, dal trasferimento di una parte di essi negli Stati antisindacali del Sud statunitense, dall'assenza del Sindacato sia nelle fabbriche dei marchi di auto europei e asiatici che operano negli USA che nella roccaforte antisindacale di Tesla, per ora la più grande produttrice statunitense di auto elettriche.

La riuscita degli scioperi via via proclamati per 6 settimane è stata fondamentale per la chiusura di una vertenza che si preannunciava difficile e che ha sùbito acquisito centralità (sociale, istituzionale, economica) ben superiore al numero dei lavoratori coinvolti, decimati da decenni di dismissioni degli impianti produttivi.

Il rinnovo contrattuale è stato caratterizzato da significative rotture rispetto alla gestione passata di UAW, peraltro sconfessata ad inizio anno dall'elezione di una nuova dirigenza, avvenuta direttamente da parte degli iscritti (e non da delegati di secondo livello), com'era stato imposto dall'Amministrazione federale tra le indicazioni necessarie per salvare le imprese auto dal fallimento e per redimerle dal contesto di corruzione che aveva portato in galera la dirigenza UAW per le tangenti ricevute da FCA, ora Stellantis, allora gestita da Marchionne.

Appoggiata dal principale caucus (componente sindacale interna) militante, Unite All Workers for Democracy (UAWD), l'elezione di Shawn Fain a presidente di UAW ha rappresentato una svolta con lo slogan: "no corruption, no concession, no tiers", no corruzione, no concessioni, no livelli (contrattuali diversi per i neo assunti, che dividono i lavoratori)". E con un contatto più stretto con la base, prima e durante la trattativa, quando le dirette su Facebook, in cui relazionava della discussione al tavolo con ciascuna delle Big 3, e comunicava in ultimo la/le fabbriche che si sarebbero aggiunte allo sciopero, sono diventate un evento di grande richiamo, non solo per i diretti interessati al rinnovo del contratto

La piattaforma ambiziosa sottoposta alle imprese aveva sollevato grandi aspettative tra i lavoratori, sia nei recenti assunti, a cui erano applicate condizioni economiche assai minori, che nei "veterani", che avevano vissuto in diretta la restituzione alle aziende di alcune storiche conquiste sindacali, contemporaneamente all'aumento dei carichi di lavoro e degli infortuni. E anche degli orari, imbottiti di straordinari obbligatori e volontari e di sabati in fabbrica, che distruggevano la vita familiare e gli interessi fuori dal lavoro.

Proprio per questo, la richiesta di piattaforma delle 32 ore settimanali pagate 40 sembrava essere fondamentale. Ma nell'accordo c'è solo un giorno di ferie in più e 80 ore di cure parentali.

Centralità del rinnovo contrattuale, e del successivo voto degli operai, è stato invece l'aumento salariale. Che è stato mediamente del 25% al termine dei 4 anni e mezzo del contratto (di cui l'11% alla ratifica). Al di sotto del 40% richiesto, che era motivato col recupero di quanto perso nel passato e con gli scandalosi introiti degli Amministratori Delegati delle 3 Grandi dell'auto. I quali risulta avessero ad agosto telefonato al Presidente degli USA per chiedergli un'opinione sulla richiesta economica di UAW (se non un intervento sul Sindacato). Biden li aveva delusi, comparendo a settembre a Detroit, a confermare la giustezza dell'aumento richiesto, a fianco degli operai impegnati in un picchetto.

 Gli aumenti contrattuali sono assai diversificati: notevoli per le retribuzioni più basse  (la paga oraria iniziale per i lavoratori a tempo indeterminato aumenterà da 18 a 28 dollari) ma che non riescono, al netto dell'inflazione, a recuperare più di tanto le perdite di potere d'acquisto che gli operai con maggiore anzianità avevano subìto nel ventennio in cui era assente l'adeguamento automatico del salario all'aumento del costo della vita (ripristinato dall'attuale contratto). Tanto che la retribuzione massima si attesterà nel 2028 sui 42 dollari l’ora, che, al netto dell'inflazione, potrebbe esser meno di quanto si guadagnava anni fa. Qui sta forse una delle principali motivazioni del dissenso espresso, non solo ma soprattutto, in GM, che ha una manodopera più anziana. 

Anche sulla questione centrale dell'abolizione dei lavoratori temporanei, le opinioni in giro risultano diverse tra il Sindacato, che sostiene che i cosiddetti Temps siano stati ora aboliti, e chi afferma che non tutti lo saranno e che sarebbe rimasta la possibilità di assumerne altri, pagati 21 dollari all'ora. Comunque, le aziende si sono opposte ad applicare anche ai Temps le pensioni e l'assistenza sanitaria in pensione uguali a quelle dei loro colleghi assunti prima del 2007.

Una lunga discussione in trattativa è avvenuta sul contratto da applicare quando i "vecchi" stabilimenti che producono veicoli a benzina saranno riconvertiti all'auto elettrica o addirittura realizzati ad hoc. Per quello Stellantis di Belvidere, chiuso ad inizio anno, è stata ottenuta la riapertura, non immediata, per lavorazioni di assemblaggio di veicoli elettrici e batterie. Per alcune fabbriche per veicoli elettrici è stata ottenuta l'applicazione del contratto testé firmato (previo voto dei lavoratori di adesione al Sindacato), per altre e per le future la situazione non è chiara. Ma per i 3 nuovi stabilimenti che Ford costruirà in Tennessee e Kentucky, nel Sud refrattario al Sindacato e in collaborazione con un'impresa coreana, il contratto sarà da stipulare per il singolo stabilimento. 

Il dissenso che si è manifestato soprattutto in GM non si può addebitare ai gruppi di base presenti in almeno 5 fabbriche delle 3 Grandi, i quali hanno dato un'indicazione di voto negativo. Nemmeno è conseguenza della mancata indicazione di voto positivo del caucus UAWD, sostenitore della candidatura vincente di Fain a presidente UAW.

Come si nota dal voto in GM, dove ha votato il 78 % dei 46.000 operai e il SI' ha raggiunto solo il 54,7% (il 53,2% tra i lavoratori in produzione), il voto negativo è stato soprattutto diffuso nei grandi stabilimenti. Da quello storico di Flint (dove hanno votato 3.000 operai, di cui il 53% per il NO) a quello di Fort Wayne (più di 3.000 lavoratori, di cui il 63% per il NO). L'accordo è stato "salvato" dal grande stabilimento di Arlington, che produce il 30% dei profitti della GM. Coinvolto nell'ultima fase dello sciopero, esso ha nei fatti "garantito la vittoria" in GM col suo 60% dei SI' sui 3000 votanti. Hanno votato SI anche tante piccole strutture come i magazzini ricambi.

In Stellantis hanno votato in 26.000 e il SI ha raggiunto il 68%. Contrario, tra i grandi impianti, solo il 55% degli operai di Jeep Toledo.

Alla Ford solo il 54% dei 3.600 lavoratori dello stabilimento Kentucky Truck Plant, il più grande dell'azienda, hanno votato NO e il 68% dei 35.000 votanti ha approvato.

Se il NO avesse prevalso in un'azienda, le trattative avrebbero dovuto riprendere con essa.

Ora, di fronte ai lavoratori metalmeccanici degli USA si presentano imprese ancor più ardue.

La prima, superare la nuova divisione del movimento tra chi ha approvato il contratto e chi NO e trarre insegnamento delle conseguenze negative che si creano quando anche nei contratti, come in quelli passati firmati da UAW, si introducono condizioni economiche diverse a lavoratori che svolgono la stessa mansione. Poi, cercare di affrontare la storica frantumazione della classe lavoratrice USA, che vive di accordi aziendali che devono anche prevedere, in un Paese con un Welfare destinato ai poveri, coperture sanitarie e pensionistiche.  I 3 nuovi contratti con GM, Ford e Stellantis scadono il 30 aprile 2028. Il primo maggio seguente sarà la data (fatidica) d'inizio degli scioperi se non dovesse esser trovata prima un'intesa per il rinnovo. Ciò non a caso: il presidente di UAW, Fain, ha invitato i Sindacati di tutto il Paese ad allineare le scadenze dei contratti a quella data in modo da iniziare collettivamente gli scioperi: “Se vogliamo davvero affrontare la classe dei miliardari e ricostruire l’economia in modo che inizi a lavorare a beneficio di molti e non di pochi, allora è importante non solo scioperare, ma colpire insieme”.

La seconda sfida sarà di controllare nei reparti l'applicazione delle norme fissate dall'intesa e anche e soprattutto quale sarà l'atteggiamento delle 3 Grandi sull'argomento fondamentale della riconversione ai veicoli elettrici.

La terza sfida sarà affrontare la sindacalizzazione degli stabilimenti dei marchi europei e soprattutto asiatici che fabbricano veicoli negli USA: Toyota, Honda e Hyundai. Quest'ultima ha immediatamente annunciato un aumento del 25% delle retribuzioni entro il 2028 (come ottenuto col contratto delle 3 grandi).

Ma la grande madre di tutte le vertenze sarà probabilmente nei 4 stabilimenti statunitensi di Tesla, che paga salari inferiori, ancor di più dopo questo rinnovo contrattuale, di quelli delle 3 Grandi. Alcuni lavoratori, dei 2.000 che vi lavorano, hanno già formato un comitato organizzatore con la UAW presso lo stabilimento Tesla a Fremont, in California. Uno Stato fortemente sindacalizzato, i cui numerosi scioperi, avvenuti o in corso in questi ultimi anni, possono essere l'ambiente ideale per la nascita del sindacato anche in Tesla, sconfiggendo le politiche discriminatorie e antisindacali del suo inquietante proprietario, Musk.

Il quale, si potrebbe dire come battuta finale, ha un importante alleato: in occasione dell'incontro con Biden a San Francisco del 15.11, il presidente cinese, Xi Jinping, ha cenato proprio con Musk, oltre che con altri dirigenti di Microsoft, Exxon, Apple, ecc (Corriere della Sera, 16,11). Forse con Musk ha discusso della produttività della fabbrica Tesla di Shanghai, che occupa 20.000 persone, alcune delle quali licenziate a luglio (per sostituirle con apparecchiature di automazione), in una Nazione che non prevede un sindacato militante.