La politica contro l’agricoltura e l’ambiente

31 / 3 / 2012

Azzeramento delle proposte riformiste, ma tutto sommato innovative, del settore agroalimentare messe a fuoco negli ultimi decenni, come la progettualità legata ai concetti di “buono, giusto e pulito” di Carlo Petrini e di SlowFood , e sordità totale alla progettualità di altri piccoli ma significativi movimenti come Terra e libertà/critical wine, Genuino Clandestino, Campi aperti che rivendicano la tracciabilità del prodotto e del prezzo, la qualità del prodotto ma anche delle relazioni sociali che lo presuppongono: questo il bilancio politico del Vinitaly, una delle maggiori fiere mondiali del settore, che si è tenuto a Verona dal 25 al 28 marzo. Durante la manifestazione sono intervenuti fra gli altri il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania, il Presidente della regione Veneto Luca Zaia e il Commissario europeo dell’Agricoltura Dacian Ciolos. Interventi diversi nella forma ma accomunati dalla stessa sostanza:. Il Ministro Catania ha snocciolato dati e statistiche senza nominare mai il lavoro dei contadini, la terra, le difficoltà in cui sono costrette a lavorare le piccole aziende (nell’ultimo decennio hanno chiuso migliaia di realtà agricole) che sono la struttura portante dell’agricoltura italiana e il cuore del Made in Italy agroalimentare di qualità famoso nel mondo. Agricoltura che significa economia reale e valorizzazione del territorio. Dalla posizione localistico-autarchica che caratterizza parte delle Lega Nord, Zaia ha sostenuto nuovamente la sua posizione no-ogm, mentre il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha ribadito la sua scelta a favore. Ma aldilà delle differenze di facciata, non una parola è stata spesa sul grave problema del lavoro nero nelle campagne che coinvolge i braccianti-migranti e non solo. Non una parola sulle possibili connessioni con i recenti movimenti che propongono una nuova concezione del paesaggio e del territorio strettamente collegata a un’agricoltura in sintonia con l’ambiente e con forme di economia alternative. Paesaggio è relazione tra natura, storia,agricoltura, economia, è ricerca di una nuova alleanza che renda possibile la valorizzazione del territorio senza dissipazione delle sue risorse. Sono stati due intellettuali sensibili come Andrea Zanzotto, grande poeta da poco scomparso, e Alberto Asor Rosa,critico e storico della letteratura, a intuire l’importanza di questa nuova alleanza, contribuendo alla nascita di un movimento composito e ricco (si veda www.salviamoilpaesaggio.it).

Nello specifico, secondo dati dell’Unione Italiana Vini, sul fronte delle importazioni vinicole gli acquisti italiani “sono lievitati in volume del 16% a oltre1,2 milioni di ettolitri, per una spesanell’ultimo anno di poco meno di85 milioni di euro. Oltre la metà di tutto il vino che sbarca in Italia arriva dagli Stati Uniti, che tra il 2000 e il 2010hanno letteralmente preso d’assalto la penisola(+113% la crescita)”.Sarebbe interessante – ma i dati doganali non hanno una risposta in merito – sapere quanto di questo vino resta in Italia e quanto invece prende la rotta (in bottiglia oppure ancora sfuso) di altri Paesi diventando “Made in Italy”. Sembra che sia passata definitivamente la determinazione dell’origine secondo il principio dell’”ultima trasformazione sostanziale”, cioè l’importanza del solo momento del confezionamento e non della tracciabilità dell’origine della materia prima. Sarebbe interessante saper quanto di questo vino targato USA sia100% americano e non, come invece è facile intuire, riesportazione di vino sudamericano importato in bulk. Chi l’avrebbe mai detto che l’Italia potesse un giorno importare vino dagli Stati Uniti nello stesso tempo in cui da noi si continua a spiantare i vigneti? Questo è già una realtà, preoccupante realtà,se si considera la crisi in cui versa la produzione di uva da vino nell’Italia del Sud. Eppure Ciolos, Commissario europeo dell’Agricoltura, ha sostenuto che è necessario liberalizzare il settore abolendo i diritti di impianto. Si schiaccia così l’economia territoriale di intere regioni con grande vocazione e con grande storia produttiva. Cosa possono mai fare i braccianti, le piccole aziende di fronte a politiche economiche planetarie? Come fare ad arginare questi processi involutivi che stanno distruggendo l’agricoltura italiana? In sostanza i rappresentanti del Governo Monti e di molte amministrazioni regionali (anche dell’Assessore pugliese Dario Stefano) hanno sostenuto che le piccole aziende dovranno necessariamente chiudere perché non possono confrontarsi con i numeri del mercato globale.

Marc Tibaldi