Sulla violenza

Alcune riflessioni sui fatti del 14.12.2010

Utente: Viandante85
17 / 12 / 2010

Chiedo, cos’è la violenza?

L’azione violenta esercitata dai padroni nei confronti dei servi. Come si definisce l’azione violenta esercitata dai servi nei confronti dei padroni?

Rivolta.

E dunque non si può definire l’azione dei celeri onniscienti come difesa o protezione della società, perché la società non esiste e se esiste, in quel momento stesso in cui essa si volge a rivolta, questa non ha bisogno di alcuna protezione.

A me non interessa sapere se i poliziotti sono figli di proletari e se gli studenti sono invece gli svogliati delfini di generazioni e generazioni di capitalisti, a me interessa la causa, ovvero l’ideologia che rende possibili le azioni di rivolta.

La polizia non pensa, perché se pensasse non sarebbe tale, il suo corpo funziona come un meccanismo animalesco di difesa o attacco.

Gli studenti e gli operai pensano, invece, perché lanciare sassi contro un padrone o contro una banca o contro una telecamera non è lanciarli a caso, ma verso precisi bersagli.

E dire che si tratta di violenza, quella dei suddetti studenti ed operai, è rendere manifesta a tutti la propria cattiva coscienza.

L’indignazione rispetto alla violenza e la compassione di fronte alla sofferenza sono sentimenti sbagliati, laddove non ci sia un rapporto diretto con i soggetti di queste violenze e sofferenze.

Si prega dunque, ed anzi lo si consiglia con rabbia, a coloro i quali non hanno presenziato ai recenti fatti di Roma di tacere la propria indignazione e di cacciare giù per la gola la propria sofferenza, di modo che si rendano conto che questi sentimenti non sono autentici ma artificialmente indotti.

Non si possono esprimere giudizi sulle immagini: le immagini sono asincrone rispetto all’osservatore, sono prospettiche, non si vede il tempo e se lo si ricostruisce, si sbaglia sempre. Sono falsamente evidenti, pregne di pregiudizi e, se vengono commentate con l’aiuto di strisce testuali e voci allarmate, diventano ancora più penose, oltre che false.

Si può accettare un racconto, perché in questo caso chi parla è un individuo che sceglie di mostrare la sua visione personale e parziale dei fatti, e non mente nel farlo, perché si manifesta come punto di vista.

I media come la stampa o la televisione di stato o la televisione privata mostrano immagini ed imbandiscono racconti senza mai mostrare un soggetto che produca tali racconti, bensì una grigia oggettività colla magniloquenza della verità.

Si ricordi che la televisione, quando è televisione di stato, deve difendere uno stato, quindi non è oggettiva, quindi ciò che esce da uno schermo non sarà mai, in nessun caso, un evento storico, ma uno spettacolo di questo.

La televisione di stato e quella privata, unite dalla stessa causa comune per la ricostruzione di una verità oggettiva e definitiva, devono negare ed annichilire il proliferare rizomatico dei fattoidi, delle sbavature nelle notizie, delle teorie complottiste, dei punti di vista dei soggetti reali degli eventi.

Così facendo queste creano uno strato solido ed infrangibile detto opinione o coscienza pubblica.

Per difendersi dall’opinione e dai suoi danni, alcuni greci nel millennio passato hanno coniato un termine, filosofia, e questo termine indicava insieme una pratica ed una teoria della verità.

Se i sedicenti studiosi di questa materia, oggi, riprendessero alcune pagine dal libro secondo della Repubblica di Platone o anche dal libro settimo, risconterebbero una cosa evidente, ma che, chissà perché tutti si ostinano a scordare, ovvero che la verità fa male.

E non in senso figurato il prigioniero subisce violenza sia all’uscita che al ritorno nella caverna e non in senso figurato parla Machiavelli delle guerre che il principe deve saper sempre prevedere e compiere e non in senso figurato persino la più pacifica delle religioni contempla un giudizio ed una violenza eterna per quelli che non accetteranno le sue regole.

Per inciso, vorrei porre una domanda quelli che si dicono cristiani: sanno essi rispondere alla mia domanda circa la necessità di una violenza eterna per coloro che saranno giudicati indegni alla fine dei giorni?

Mi pare che l’idea stessa di giudizio fra bene e male implichi la violenza, e la implichi proprio nel giudizio stesso, o forse i cristiani non sono mai entrati nei loro templi? e non hanno mai contemplato le armi fiammeggianti e le armature dorate che guarniscono gli eserciti angelici?

Non sono forse scene di violenza quelle rappresentate nel giudizio universale? E non è forse il più grande artefice della violenza, il loro dio, il quale pacificamente attribuisce pene a quelli che non seguono le regole del gioco che egli stesso ha creato?

E dunque perché provare indignazione verso immagini? Queste sono

(i) rappresentazioni parziali che si vogliono universali

(ii) mute

(iii) confuse

(iv) prive di autori, e quindi di soggetti che si prendono a carico la responsabilità del racconto

In ultima analisi, vorrei far riflettere sul fatto che, come dicevo prima, se una pietra o un qualunque altro oggetto è scagliato contro determinati bersagli e questa cosa ha una motivazione politica soggiacente, allora non si può definire violenza per la violenza questo atto, ma violenza per una causa politica.

Vorrei ricordare inoltre che le persone prese erano incensurate, e quindi non possono essere professionisti della violenza, come è stato ripetuto alla nausea.

E perché difendere la polizia, se il loro scopo e quello di pendere dei fantasmi neri, e gli sfuggono come se non esistessero? E soprattutto chi paga la polizia e chi paga gli studenti?

Sugli onesti lavoratori: Un’altra idea strana è quella che alcuni fantasmi neri ultraviolenti se la prendano con le auto, le vetrine e le banche degli onesti lavoratori.  L’immagine mediatica riporta i visi impauriti dei dipendenti di questi luoghi, riporta le fratture delle vetrine, le fiamme, le scene di distruzione.

Ma l’immagine mediatica potrebbe allo stesso tempo mostrare cosa fanno, queste oneste persone? Potrebbe filmare tutte le azioni compiute da tutti i dipendenti della suddetta banca e le relative conseguenze nell’economia globale? Potrebbe chiedere quali sono le idee che hanno spinto i dipendenti di quella banca a fare ciò che fanno nella loro vita? Potrebbe chiedergli qual è lo scopo finale della loro esistenza?

E potrebbe fare lo stesso con i ragazzi che gettano pietre e divelgono i segnali stradali? Potremmo confrontare questi due racconti? Potremmo allora giudicare?

La televisione e la stampa potrebbero, ma non lo fanno, o per lo meno  non dicono ciò che c’è da dire nel momento giusto, la televisione e la stampa mostrano solo la violenza cieca e quindi ciò che una persona ragionevole dovrebbe dedurre da quelle immagini è: sono confuse e non servono a capire gli eventi.

Sullo spaccare le telecamere: Io credo che questi fantasmi neri, se essi c’erano veramente, avrebbero ragione a prendersela di più con le telecamere e con le macchine fotografiche, e colle loro fonti. Perché è da queste fonti che sgorga l’opinione, e sono queste fonti che producono i sentimenti di indignazione e compassione che annebbiano gli animi e che rendono possibile il giudizio.

Ma chi giudica ha una responsabilità, ed invece commentare la riproduzione di un evento non ha alcuna responsabilità, è flatus vocis, partecipare ad un evento è già qualcosa ed esprimere il proprio giudizio ha senso solo se si è partecipato a questo evento e solo se non si scrive la propria opinione sui fatti, ma ciò che si pensa veramente.