Grazie al Festival di genova si sono create delle piccole trasformazioni nella città

un Suq stabile per il futuro

Sarebbe auspicabile avere un "luogo" dove far abitare pensieri ed emozioni

29 / 6 / 2011

Genova, 27 giugno 2011. E' capitato a molti di noi, in queste calde giornate di fine giugno, di darsi appuntamento al Suq, il Festival delle culture che ha "abitato" per oltre dieci giorni uno dei luoghi più suggestivi della nuova Genova, quella progettata da Renzo Piano per umanizzarne gli spazi, per creare luoghi di incontro tra le persone.
Sotto il tendone di Piazza delle Feste si è svolto un altro Suq e, ancora una volta, l'apprezzamento dei genovesi di vari colori e nazionalità, come pure di chi è arrivato qui da altre città o paesi, ha nettamente superato le aspettative di partenza, o, in mancanza, ha generato quel misto di stupore e ammirazione che, chiunque, avrebbe potuto leggere negli occhi del pubblico come pure degli ospiti presenti.
E' capitato a molti di noi di darsi appuntamento al Suq senza definire orario o luogo preciso, un po' come accadeva alcuni anni fa, quando ci si trovava in piazza, in parrocchia o al circolo operaio. Ad alcuni di noi è capitato di andarci da soli, dopo il lavoro o dopo cena, senza alcun timore di trovarsi fuori posto: sì, perchè la sensazione che si ha, girando per le sue stradine strette costeggiate da bancarelle ordinate ricche di ogni mercanzia, o entrando nella piazza principale del mercato, è che non si è mai soli. E' questa specie di magia che rende il Suq un "luogo", in contrasto con i numerosi "nonluoghi" che siamo abituati ad "abitare" nella nostra quotidianità. Il Suq è un luogo in quanto è carico di significato identitatiario, crea relazioni e non teme le contaminazioni, anzi, le favorisce e si rappresenta attraverso di esse. Paradossalmente, benchè si svolga solo in un breve periodo dell'anno, si ha un po' l'idea che il Suq continui anche dopo, al di là del fatto che non abiterà più sotto il tendone di Renzo Piano.
E si ha anche la netta percezione che in quegli undici giorni non si siano solo rappresentati mondi e culture "altre", ma che sia accaduto qualcosa in più, che si sia prodotta nelle persone, come anche nella città, una piccola ma significativa "trasformazione". Perchè è lo stesso bambino nordafricano, la stessa mamma indonesiana, lo stesso ragazzo senegalese o indiano che ti ha preparato cibi squisiti che hai consumato sorseggiando un tè arabo, che poi incontrerai nei vicoli, sull'autobus, nel cortile della scuola che frequenta tuo figlio... e non sarà più percepito come distante, pericoloso, ma come un volto noto, che hai incontrato in quel "luogo" carico di comunicazione e affettività che è il Festival del Suq.
La parcellizzazione della società prodotta da vent'anni di cattiva politica e pessima televisione, ci hanno fatto comprendere quanto il "contesto" in cui si svolge la nostra vita sociale sia importante per scrivere una buona "narrazione" del nostro stare insieme, che non significa solo condividere spazi o attività, ma mettere in comune pensieri ed emozioni, che necessariamente si contamineranno tra loro e con altri pensieri ed emozioni.
Forse è per tutte queste ragioni che alcuni di noi vorrebbero che il Suq fosse "stabile", che avesse, cioè, una casa definitiva dove poter
continuare ciò che si è iniziato in questi giorni. Insomma, sarebbe bello rendere "stabile" in questa città il desiderio, o forse il sogno, di "contaminarci", cosa che abbiamo così amato fare in questi giorni.

Daniela Malini
Ideatrice progetto interculturale Caffè Shakerato