"Mi chiedi della qualità del cemento? Ci sarebbero invece tante cose da dire su come l'ONU sta organizzando i soccorsi. "A parlare è Oscar Guevara, ingegnere della protezione civile Colombiana, uno dei paesi che per primo ha inviato aiuti nella devastata Port Au Prince. Lui e il suo team sono gli eroi del giorno per aver salvato una donna nell'hotel Montana a cinque giorni dal sisma. Era il miglior hotel della città, piscine, centri SPA, archittura ardita, nonchè sede del Rotary Club. Si è trasformato in una trappola mortale per i suoi ospiti."E' caduto per il suo stesso peso - continua Oscar indicando delle enormi lastre di cemento -. Per sostenere una struttura del genere servivano pilastri ben più grandi e tondini di cemento più spessi e numerosi. Le colonne di cemento armato devono rimanere sempre in piedi, al massimo presentano crepe, qui si sono staccate da soffitto e pavimento e sono schizzate via. La gente non ha nemmeno avuto il tempo di uscire fuori, gli è caduto tutto in testa."Quanto detto per il miglior hotel della città vale per quasi tutti gli edifici caduti: "Questo cemento è quasi solo sabbia, è friabile ed è molto pesante - aggiunge un altro soccorritore - è così in tutta Port Au Prince. Le fondamenta poi sono sottodimensionate, hanno aggiunto piani su piani senza rinforzare le basi."Tre gruppi di soccorritori sono chiusi nell'hotel, le forze dell'ONU lasciano entrare solo i funzionari e la stampa, il resto delle persone attende fuori dal cancello. Oscar vuole sfogarsi: "sono stato in vari disastri. Di norma ti assegnano una zona e con il tuo gruppo cerchi persone in vita. Si fa un censimento degli edifici franati, si usano le unità cinofile, si coordina la rimozione delle macerie e si estraggono i sopravviventi. Invece ci tengo bloccati qui dentro senza fare nulla. La priorità dei soccorsi non è la gente, è il personale internazionale o gli abitanti dei quartieri più ricchi. Attraversando la città, dalla base logistica fino a qui, vediamo gente disperata, case distrutte, ma non possiamo aiutarli, non ce lo permettono."
Effettivamente il
Centre Ville, il centro città, è completamente distrutto e nessuno sta
aiutanto i sopravviventi a scavare tra le macerie che ormai emananno
una puzza di morte insopportabile che invade intere zone della capitale.
L' impresa di nettezza urbana è stasta incaricata di portare via i cadaveri che vengono poi buttati in fosse comuni o bruciati.
Non si saprà mai il numero esatto delle vittime di questo disastro e tantomeno i loro nomi.
Anche
gli aiuti scarseggiano, se ne incarica il WFP (World food program) che
effettua tre distribuzioni giornaliere in tre tendopoli della città,
scelte in base alle rilevazioni da foto satellitare Le locazioni sono
mantenute segrete per evitare tumulti e file, dove la disperazione
potrebbe mettere a rischio la sicurezza di tutti. "Cerchiamo comunque
di scegliere le zone dove si addensano più persone" garastisce un
responsabile del WFP. Percorrendo le strade della capitale devastata
dal sisma si ha però la sensazione che gli aiuti non siano ancora
sufficienti, si moltiplicano i cartelli di richiesta d'aiuto appesi
fuori dalle case o dai giardini arrangiati a tendopoli: "abbiamo
bisogno di acqua e cibo", "abbiamo cadaveri" o semplicemente "vi prego
aiutateci".
La gente non ha nulla, i negozi sono tutti chiusi da
cinque giorni, nessuno lavora, il commercio informale è l'unico che
esiste. Si vendono beni di prima necessità trasportati da Santo
Domingo, ma pochi hanno soldi per comprarli. La gente ravana nella
macerie cercando pezzi di mobili o cavi da rame da poter barattare in
cambio di cibo. Sciacalli?
La situazione è tutto sommato ancora
calma, ma crescono i gruppi di haitiani che si radunano intorno alle
varie entrate della enorme base dalla Minustah per chiedere che si
faccia di più.
Vista da dentro la base è un brulichio di macchinoni bianchi senza sosta, vista da fuori un pachiderma lentissimo.