Lettera aperta ai compagni e alle compagne della Fiom

10 / 2 / 2012

Quando ci rivolgiamo ai compagni della Fiom lo facciamo con un profondo rispetto, quello che si deve a chi da un anno e mezzo sta cercando di contribuire ad aprire una fase nuova per questo paese, e questo ci basta.

A maggior ragione perché conosciamo le difficoltà che comporta l’esercizio più difficile della rivoluzione, quello di tentare di uscire da sé stessi per provare a mettersi in cammino alla ricerca di tanti altri, sfruttati come te, desiderosi di cambiare, ma dispersi in mille anfratti, fino a comporre quel panorama di tanti uomini e donne soli di fronte alla crisi. Ma proprio perché ci teniamo a mantenere un rapporto vero con voi, onesto e leale, vogliamo dire le cose per come le pensiamo.

La decisione di mantenere la manifestazione prevista per l’11 di febbraio, spostandola di una sola settimana, non ci convince. Vediamo tutti i limiti, politici non tecnici, di una scelta che tiene forse troppo in conto le date del proprio calendario, il dibattito interno alla Cgil, i tavoli di finta trattativa tra sindacati e governo sul mercato del lavoro e cosidetta riforma degli ammortizzatori sociali.

Il nodo vero è che né l’11, né una settimana dopo, si riuscirà a dare vita a ciò che servirebbe veramente, anche per rovesciare questi tavoli, e cioè una grande mobilitazione sociale che attorno agli obiettivi di una piattaforma condivisa, metta in campo un’altra idea di democrazia, di welfare, di lavoro e che faccia fare a tutti e tutte un doppio passo in avanti nella costruzione dell'alternativa comune. 

La piattaforma sociale non può nascere solo dallo slogan  "reddito di cittadinanza" da affiancare alle rivendicazioni operaie: abbiamo l’obbligo, se vogliamo fare sul serio, di declinare delle proposte concrete, che ci convincano e convincano tutti, attorno al nodo della precarietà diffusa. Ad esempio battersi per il mantenimento e il rafforzamento della Cassa integrazione, estendendola a tutti i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato, per noi vuol dire allo stesso tempo mettere a punto una proposta che riunifichi tutti gli altri ammortizzatori in un’unica voce: il reddito minimo di cittadinanza, destinato a tutti coloro che un contratto a tempo indeterminato non ce l’avranno, ed entrano ed escono in maniera intermittente dal mercato del lavoro.

E’ una prima questione sulla quale dobbiamo avere la forza di imporre attenzione, con la quale dobbiamo confrontarci nelle università e nelle fabbriche, vecchie e nuove, ed imporre al Governo di prenderla in considerazione. Il rischio altrimenti è quello che ci appariva chiaro fin dall’inizio: il governo che “assume” le parti dei giovani, precari e flessibili, e la Fiom che conduce una propria battaglia di principio per un segmento, storico e glorioso certamente ma sempre segmento, della composizione del lavoro contemporaneo.

Come facciamo a discutere realmente tra noi e noi con un’intero paese, se questi argomenti vengono relegati a studi, o parole d’ordine utopistiche e “disarmate”? Se non diventano il motivo di incontro in fabbrica, università, quartieri, di tanti e diversi?

Ci sembra d’altro canto che sia chiarissimo, dopo quest’anno e mezzo di battaglie insieme, che la Fiom per vincere deve essere motore di qualcosa di più grande, che riguarda l’intera società e interpreta in maniera innovativa, forte, con nuova passione per il cambiamento, il mondo di oggi, quello che ci consegna la crisi e che ci pone dinnanzi a nuove sfide nella quali siano contenuti i principi, i valori, i diritti conquistati nelle sfide antiche dell’altro secolo.

Il secondo motivo per il quale riteniamo che il 18 non sia la data giusta, riguarda invece ciò che sta accadendo in Val di Susa: il 25, la settimana dopo, il movimento No Tav ha chiamato tutti e tutte alla mobilitazione contro gli arresti. E’ evidente che due scadenze così ravvicinate creano difficoltà per chi non ha tutta questa disponibilità economica e di tempo per sostarsi da un capo all’altro dell’Italia. Riteniamo, per quello che è accaduto con l’operazione politica e giudiziaria contro il movimento, assolutamente fondamentale andare in massa in Val di Susa, da ogni città. Chiaro che questo significherà, per moltissimi, dover scegliere a quale manifestazione partecipare, e certamente per tutta una parte che vede nella lotta per i beni comuni della valle, non solo una cosa giusta, ma anche un paradigma di ciò che sarebbe auspicabile accadesse in ogni lotta, la scelta sarà quella di lavorare per portare più gente possibile a Bussoleno il 25 febbraio. Aver tenuto conto di questo, anzi valorizzando che anche per la Fiom, che non vuole essere semplicemente il sindacato che organizza i metalmeccanici, ma anche una parte fondamentale di quel popolo dell’alternativa che è l’unico che può vincere contro Monti, le banche, la crisi, Marchionne, il fatto che mettano in galera persone per una lotta sacrosanta, è più importante di una scadenza ormai programmata. Non stiamo parlando di delegazioni che raggiungeranno certamente l’una e l’altra manifestazione, stiamo ragionando su un dato materiale che è anche immediatamente politico: quando giustamente si dice che fare sciopero, in tempi di crisi, è difficile, perché la gente non ha soldi ( e ogni sciopero in busta paga pesa), la stessa cosa bisogna valutarla anche per coloro che non hanno il lavoro fisso e quindi lo sciopero lo fanno scegliendo di partecipare ad alcune mobilitazioni sociali. Questo è un dato materiale, che rende oggettivamente impossibile fare tutto, ma dobbiamo trasformare i nostri limiti collettivi in capacità politica di indicare delle scelte, che valgono più di mille discorsi. Se la Fiom annunciava che proprio per rafforzare la presenza in Val Susa il 25 febbraio, la scelta era quella di avviare un percorso che ci avrebbe portato a Marzo tutti insieme a Roma, così avevamo anche il tempo di provare a costruirla veramente la piattaforma sociale, sarebbe stato enormemente più forte, anche e soprattutto per i metalmeccanici.

Naturalmente noi saremo al vostro fianco il 18, e sosterremo come possiamo l’iniziativa. Ma volevamo dirvi che ci dispiace non riuscire a invertire la tendenza, che a volte sembra abbia trasformato l’indignazione in rassegnazione. Prendete queste poche righe per quello che sono: questioni politiche, differenze di valutazione, contributo al dibattito tra noi. Siamo convinti che la migliore maniera di rafforzare le relazioni, sia dirci le cose come le vediamo. E questo perché per noi la vostra battaglia è la nostra.

Con grande stima