Tunisia - Scioperi della fame per i diritti sociali

7 / 7 / 2014

In Tunisia nelle ultime settimane sono cominciati due scioperi della fame aventi lo scopo di difendere i diritti sociali – non molti – conquistati con la rivoluzione. Ayoub Amara e Walid Azouzi sono in sciopero della fame dal 16 giugno. Sono ex prigionieri politici, incarcerati durante il regime di Ben Ali a causa della loro militanza nell'Union Général des Étudiants Tunisiens, il sindacato studentesco tunisino, schierato nettamente a sinistra. Secondo le leggi della giustizia transizionale, i perseguitati politici, al pari dei feriti della rivoluzione e dei membri delle famiglie dei martiri, hanno diritto a un pubblico impiego a titolo di risarcimento da parte dello stato. La legge è stata applicata sotto il governo islamista di Ennahda ed è anche per questo che migliaia di prigionieri politici islamisti sono stati facilmente integrati nell'amministrazione pubblica. I militanti di sinistra si sono invece trovati di fronte a trattamenti evidentemente discriminatori. In molti casi la polizia, utilizzando pretestuose lungaggini burocratiche, si è rifiutata di consegnare i dossier ufficiali necessari per provare l'avvenuta persecuzione. In questo modo circa 150 membri dell'Uget e della sinistra sono rimasti esclusi dai provvedimenti della giustizia transizionale. Nella settimana scorsa altri quattro attivisti che si trovano nella stessa condizione si sono uniti al digiuno.

Il secondo sciopero è cominciato il 19 giugno e vede le operaie e sindacaliste Monia Dridi e Sonia Jebali contro la direzione di Sea-Latelec, fabbrica francese di attrezzatura aeronautica. Prima della rivoluzione, le operaie di Sea-Latelec percepivano uno stipendio di 150 euro al mese, i diritti sindacali erano inesistenti e i maltrattamenti non rari. Le operaie hanno utilizzato l'apertura rivoluzionaria per creare una sezione sindacale in fabbrica, ottenendo così un raddoppiamento dei livelli salariali commisurato alle loro effettive competenze. La direzione ha reagito riportando parte della produzione in Francia e non rinnovando i contratti agli interinali. Dopodiché ha licenziato dieci dipendenti per “Attentato alla buona immagine dell'impresa”. Le operaie erano infatti colpevoli di aver manifestato contro la ristrutturazione della produzione davanti all'ambasciata francese, nel corso del Forum Sociale Mondiale tenutosi a Tunisi. Non a caso tre delle licenziate, tra cui le due scioperanti, erano le delegate sindacali dell'azienda. In seguito sei dipendenti sono state reintegrate, ma quattro restano escluse. La confederazione sindacale nazionale, l'Union Générale Tunisienne du Travail, ha inizialmente accettato l'accordo. Le sindacaliste però non si rassegnano e sottolineano come si tratti in primo luogo di una battaglia per il riconoscimento delle libertà sindacali nella Tunisia post-rivoluzionaria.

Le due mobilitazioni mettono in evidenza due tra i più grandi problemi della nuova Tunisia. Da un lato un sistema poliziesco contro-rivoluzionario che resiste facilmente a ogni tentativo di riforma e che usa il proprio potere burocratico oltre che militare per tarpare le ali ai movimenti progressisti. Dall'altro lato un sistema economico che negli ultimi tre anni è andato deteriorandosi ulteriormente, frustrando quella richiesta di reddito che è stata così centrale per la rivoluzione. Le élite politiche dei due principali schieramenti sembrano determinate a perseverare nell'applicazione di ricette neoliberiste, come dimostrano i nuovi prestiti con Fmi e istituzioni affini. Alla luce della crescente disillusione popolare verso lo status quo dell'economia, la vera sfida per la sinistra sta probabilmente nel formulare alternative che sappiano andare oltre uno statalismo di vecchio stampo.

Petizione online per Ayoub e Walid:

https://www.change.org/fr/p%C3%A9titions/mahdi-jomaa-r%C3%A9soudre-ce-drame-des-deux-gr%C3%A9vistes-de-la-faim-ayoub-amara-walid-azzouzi-par-la-satisfaction-de-leurs-revendications-l%C3%A9gitimes