Siamo arrivati a Suruç da
meno di due ore, accolti da un calore immenso. Nel quartier generale
del partito DBP c'è fermento. Le porte delle stanze si aprono in
continuazione, la fila per arruolarsi per combattere i tafkiri
(termine dispregiativo che indica gli estremisti dell'Isis, il cui
significato letterale riguarda chi accusa gli altri di infedeltà,
apostasia) cresce esponenzialmente durante il corso della giornata.
Abbiamo la fortuna di incontrare Khaled Barkal, vice governatore del
cantone di Kobane, che ci rilascia questa breve intervista. A margine
cita un detto curdo: un leone è sempre un leone. Non importa se sia
uomo o donna.
Siamo a SURUC e vorremmo
sapere prima di tutto di Kobane . Qual è la politica del governo di
Kobane ?
Vuoi sapere della politica riguardante il
conflitto o più in generale la politica di governo?
Qual è la carta costituente del cantone di Kobane?
Come saprai a Kobane noi siamo un'autonomia democratica. Noi
siamo parte della Siria, ma proponiamo una Siria democratica, una
Siria progressista, una Siria rappresentativa, una Siria equa che
appartenga a tutti i siriani. Vorremmo questo mondo in tutte le zone.
La nostra regione è il cantone di Kobane. Noi vorremmo lasciare
libertà alla popolazione di scegliere la propria religione, la
possibilità di autogovernarsi senza limitazioni, così che la gente
possa decidere per se stessa. Ognuno è responsabile delle proprie
azioni e ognuno viene giudicato solo per questo, senza guardare
partiti o appartenenze religiose. Nel nostro cantone si combatte chi
perseguita e giudica a partire dal proprio credo, che è quello che
accade nel Daesh ( stato islamico, dispregiativo). Quella del Daesh è
una guerra settaria e di discriminazioni. La nostra è una guerra
ideologica. Chi ci fa la guerra ce la dichiara perché contrari alle
nostre idee progressiste e contrari alla nostra idea di democrazia,
ma soprattutto perché siamo riusciti a creare un'autonomia
democratica e genuina. La nostra idea grida che la Siria è di tutti
i siriani e siamo riusciti a rendere questo reale in tutto il Rojava
ed anche nel cantone di Kobane. Questa è la più grande minaccia per
i takfiri del Daesh.
Nella tua risposta
ci sono molte domande che volevo porti. Qual è il ruolo delle donne
a Kobane?
Dal punto di vista della rappresentanza
fino ad arrivare al punto di vista del avoro della terra, la donna ha
un ruolo centrale. Lo si vede come esempio nel ruolo che le donne
ricoprono all'interno dell'Ypg. A differenza degli altri eserciti
dove le donne hanno dei ruoli secondari e dove ci sono pregiudizi nei
riguardi delle loro capacità, tra noi curdi e all'interno dell'Ypg
non esiste assolutamente questa distinzione. Da noi nel Rojava non
esiste nessuna separazione fra uomo e donna. Noi abbiamo delle
donne che combattono mentre i mariti si occupano della casa e della
terra.
Quando è nato l'Ypg? Cosa è? Da chi è
formato? Curdi? Arabi? Stranieri che arrivano da fuori come
volontari?
L'Ypg è nato come un contenitore che
potesse essere riempito da chiunque lo desideri. Innanzitutto è
composto da tutti coloro che hanno voluto difendere se stessi dagli
assassini che si sono trovati di fronte nel proprio territorio. L'Ypg
è stato riempito da tutti gli uomini e le donne dei villaggi che
hanno subito scorribande a cui poi si sono uniti rivoluzionati da
tutti i paesi del mondo: curdi, arabi, tedeschi...che però si
uniscono per condividere l'idea di una Siria progressista,
democratica che guarda ad una redistribuzione equa delle ricchezze,
con nessuna separazione fra lo straniero che sceglie di vivere quelle
terre, e l'arabo o il curdo che ci sono nati.
Come fa
chi è in Europa, chi condivide questo pensiero a dare un aiuto
concreto a Kobane?
Noi prendiamo tutti gli aiuti senza
distinzione, anche volontari che vengono dalla Germania e dagli
Stati Uniti; hanno scelto di arruolarsi come combattenti nelle nostre
fila. L'unica discriminante per chi viene da fuori è che sia mosso
d'amore, e con ciò non si crea nessun problema in assoluto.
Come sta andando la guerra?
Innanzitutto
siamo tutti resistenti, tutta la nostra popolazione è la resistenza.
Da oltre un mese e mezzo stiamo vivendo un conflitto devastante, una
battaglia ad alta intensità. C'erano forze militari in Iraq, in
Siria, che si sono opposte e che sono state spazzate via in poco
tempo. Tutte le armi che i takfiri hanno preso, le hanno prese dagli
eserciti in fuga, e hanno preso armi leggere e pesanti, corazzati,
mezzi d'artiglieria e blindati anti proiettili e con questi hanno
scorrazzato in lungo e in largo senza incontrare resistenze efficaci.
Fino a quando non hanno trovato Kobane, fino a quando non hanno
trovato noi.
Daesh è riuscito a spazzare via l'intero esercito
iracheno con tutti i suoi carri armati e armi avanzate in 24 ore.
Eppure da un mese e mezzo hanno concentrato gran parte delle loro
forze su una piccola città come quella del nostro cantone che non
conta niente a livello geografico e militare. La resistenza ha
difeso e continua a difendere questo piccolo pezzo di terra con sole
poche armi leggere, rischiando di ritrovarsi le case bruciate, i
parenti uccisi, ritorsioni di ogni genere. Perché queste persone
sentono di difendere la comunità, il comune, Kobane e tutto
quello che rappresenta. Sentono che questa è la loro guerra, una
guerra per la terra, una guerra per il futuro. Tutti i resistenti
dicono che difenderanno Kobane fino all'ultima goccia di sangue e
tutta la sua popolazione. E se i takfiri gridano "Kobane cadrà
", noi gridiamo "Kobane vivrà!" Inch'
Allah.
Intervista a cura di Karim Franceschi dei Centri Sociali delle Marche, Sara Montinaro e Roberto Cipriano Ya Basta! Bologna per www.globalproject.info