FONTE: Liberarchia
Pochi giorni fa si discuteva tra amici sull’ insondabile tema della distribuzione di ricchezza sul pianeta.
Dopo esserci ricordati delle cifre che esprimono come l’ 1% della popolazione mondiale possieda il 40% della ricchezza mentre metà globo deve accontentarsi dell’ 1%,
la questione ha portato a chiederci in che misura uno stile di vita da
occidentale comune (quale il nostro) si possa considerare oppresso o
oppressore, facendo così ricadere la questione ad una piatta gara al più
povero.
La maggior parte di noi non ha ville lussuose in Sardegna nè
controlla pozzi petroliferi in Oriente, ma d’ altro canto noi stessi
abbiamo a disposizione mezzi tecnologici e cellulari di ultima
generazione mentre esiste tutt’ ora chi non dispone del pane quotidiano.
Tuttavia, ipotizzando anche di assumere in massa un atteggiamento
critico solo e soltanto verso le scelte di supermercato osserveremmo
probabilmente al fallimento della Sony e al costante peggioramento delle
condizioni dei lavoratori nei campi di banane dell’ America Latina.
L’ apparente mancanza di soluzione, a mio avviso, sta proprio nel fallimentare tentativo di spiegare ogni dinamica economica riducendo l’ analisi al consumatore,
che è certo l’ ultimo anello ma di una catena composta da meccanismi
talmente complessi da non poter essere influenzati dalla sola scelta di
acquisto individuale.
Facciamo un esempio.
Quale scelta può essere più eticamente giustificabile e incontestabile se non l’ acquisto di un innocuo pomodoro?
Per soddisfare le richieste di pomodori da parte dell’ Europa
occidentale da ottobre e per tutto l’ inverno è stato trovato terreno
fertile nelle lande dell’ Andalusia, dove l’ intero ciclo produttivo
consente di portare i frutti sui banchi a meno di 2 euro al chilo,
grazie alla più alta presenza di sole in Europa e alla mano d’ opera
meno pagata.
Dentro serre fatiscenti e mastodontiche decine di migliaia di immigrati
lavorano 8 ore al giorno per 30-35 euro, vivendo in condizioni tali da
considerare il loro padrone un benefattore quando questo è disposto a
cedergli il riscaldamento in inverno. L’ ambiente di vita ha inoltre
scatenato più di una volta atti di violenza tra i lavoratori e gli
abitanti della zona, sfociati poi in una costante tensione a sfondo
razzista.
Poi arriva la seconda fase, quella più sottovalutata ed incisiva.
Per trasportare i pomodori in tutta Europa ogni inverno sono quasi
cinquecento i camion che partono quotidianamente dalle terre spagnole.
Millenovecento chilometri per giungere a Parigi, duemilasettecento per
Berlino, duemilatrecento per Londra, con annessi consumi energetici e
danni ambientali che non occorre stare a calcolare per capire il loro
rapporto nocività/utilità.
Se le condizioni lavorative a mille chilometri di distanza sono così
drastiche non dobbiamo comunque sorvolare su quale sia la situazione di
commessi e commesse, sempre più giovani e dai sogni infranti dal
progresso, che spendono le loro giornate a lavorare in
supermercati-gabbie nel nostro Paese, talvolta senza avere la certezza
del lavoro fisso.
In tutto questo percorso abbiamo inoltre sorvolato tante questioni:
danni dovuti ai pesticidi, problematiche causate dagli eterni rifiuti,
sfruttamento del territorio a discapito di popolazioni indigene; è
praticamente impossibile fare un quadro generale di ogni grana dovuta ad
un sistema così globale.
Perchè questo è il punto, il sistema globale.
Ritornando alla domanda iniziale il problema non è quanto un uomo
occidentale di ricchezza media compra e spende in una giornata o che
stile di vita utilizza, perchè anche per un prodotto indispensabile e
semplice a causa del meccanismo globale siamo costretti a mettere in atto dinamiche nocive per interi Paesi e popolazioni.
Per questo motivo l’ atto di boicottaggio dell’ acquisto deve avere tanta importanza quanta la rivendicazione di processi economici equi, a partire dall’ autoproduzione;
certamente rinunciare all’ acquisto di prodotti superflui è certamente
una scelta individuale rispettabile, ma ciò che deve essere chiaro è che
questa scelta è praticamente priva di efficacia se non inserita in una
discussione che coinvolga tematiche sociali e culturali tanto distanti
quanto vicine.
Non solo.
L’ atteggiamento fondamentale che è fonte di equivoci è l’ intenzione di estrarci dal sistema delle cose,
credere che il modo per combattere il meccanismo dannoso globale è non
considerarci all’ interno di esso, finendo per partecipare ad una strana corsa verso l’ autismo sociale.
Torniamo all’ esempio alimentare. A causa dell’ indignazione per i
metodi illeciti utilizzati nella pesca industriale tanti possono
certamente scegliere di rinunciare al tonno nel loro piatto, venendo
così considerati da un vegetariano dei criminali per mangiare la carne
di poveri maiali innocenti; il vegetariano a sua volta sarà
colpevolizzato da chi non accetta che un futuro pulcino venga ridotto a
frittata, e così via, fino a giungere al povero amante delle piante, che purtroppo non avrà altra scelta se non quella di mangiarsi un vegano.
Per dirla con le parole di Wu-Ming 1 in questa discussione siamo davanti alla questione della “spazializzazione” del problema, il pensarla in termini di “dentro” e “fuori”.
Tirarsi fuori dal sistema è come tirarsi fuori da tutto, e la campagna di boicottaggio altro non finirà che con il voler boicottare tutto.
Su questo stesso blog è stato scritto un articolo su Coca-Cola
che è girato anche parecchio, diffondendo le accuse rivolte contro la
multinazionale per le violenze attuate in Colombia, ma folle è colui che
dopo aver appreso ciò ha deciso che acquistare vagonate di Pepsi fosse
il modo per sentirsi in pace con il Mondo!
Allora quale la soluzione?
Più che nella pratica il primo passaggio fondamentale da compiere in massa è proprio quello della consapevolezza globale del sistema economico e politico nel quale siamo stati immersi.
Le lotte per la salvaguardia dell’ ambiente, le rivendicazioni del
diritto alla casa per i barboni del centro, queste sono di poco conto se
non attuate con l’ idea che questi problemi sono conseguenza diretta di
un funzionamento ormai radicato in tutti i campi e settori della
società moderna, e dunque sarà sempre poco produttiva una lotta attuata
su un solo fronte e senza l’ obiettivo della ricostruzione della società
a partire dalle stesse fondamenta.
Lotte sindacali, mezzi di informazione indipendenti, riappropriazione
degli spazi sfitti, movimenti per i beni comuni e per l’ ambiente,
comsumo critico, denuncie contro gli atti illeciti ai danni dei
cittadini tutti, queste sono solo alcuni degli ingranaggi che possono
mettere in moto la macchina del cambiamento, per la rivendicazione dei
diritti e dell’ Uomo.
E sono alquanto dispiaciuto se qualche lettore credeva che cambiare il Mondo potesse essere cosa più semplice.
Infine, tanto per essere propositivi, concludiamo con un simpatico video, nel quale Arthur Dawson
ci illustra come una semplice attività produttiva quale un ristorante
possa essere trasformata in ogni dettaglio grazie ad accorgimenti di
varia natura, dalla scelta dei materiali delle sedie fino al riutilizzo
dell’ acqua scartata per la produzione energetica.
Un esempio reale di come la creatività e la volontà di agire siano i mezzi più efficaci per giungere al miglioramento della società tutta.
FONTE: Liberarchia