Ciao Toni, il buon “cattivo maestro” di una rivoluzione che stiamo già vivendo

18 / 12 / 2023

Toni Negri è stato protagonista di un lungo ciclo di lotte: dai Quaderni Rossi alla rottura con Panzieri nel 1964, dalla fondazione di “Classe operaia” con Mario Tronti alla rottura tra i due, consumatasi nel 1967. Le strade si divaricano: Tronti prende la via dell’autonomia del politico e l’entrismo nel PCI: la classe operaia deve farsi stato. Toni, in modo diametralmente opposto, resta “fedele alla linea” a al metodo operaista dell’autonomia di classe sociale e del contropotere come processo rivoluzionario di lunga durata.

La rottura porta alla nascita di Potere Operaio, un potere autonomo e indipendente, completamente estraneo a partiti e istituzioni, fedele nei suoi presupposti pratico-teorici al metodo operaista della con-ricerca e dell’inchiesta militante sulla composizione di classe, le sue trasformazioni in base alle lotte contro il capitale. Si sentono qui gli echi dei Grundrisse, testo base degli operaisti, dove Marx sostiene che lo stesso sviluppo delle forze produttive, della cooperazione sociale, della scienza e della tecnica rendono possibile una sempre maggiore liberazione del “lavoro necessario”, sfruttato e comandato, per la riproduzione della vita. Una possibilità, una tendenza, non meccanicistica e deterministica, ma dovuta all’intensità e diffusione delle soggettività in lotta, la soggettività di classe.

L’esperienza di Potere Operaio dura fino al 1973: la controrivoluzione neoliberista destruttura l’organizzazione autonoma dell’operaio della fabbrica fordista, l’operaio massa e i meccanismi dello sfruttamento si estendono ovunque nel sociale, oltre le mura della fabbrica, sul terreno della riproduzione. Ma si assiste anche alla rottura di legami di solidarietà, individualismo o come diceva la Thatcher “non esiste la società, ma solo gli individui, ognuno imprenditore di sé stesso”. Eppure, con la fine della centralità politica dell’operaio massa non finisce la storia, come sostengono i tristi profeti neoliberisti come i Chicago boys: la lotta di classe tra capitale e lavoro, dominio e sfruttamento, è un dato strutturale, che si riproduce in forme sempre nuove.

Toni elabora la figura dell’operaio sociale: in questa moltitudine di sfruttati diffusa in tutte le dimensioni della vita va ricercata una nuova composizione di classe, di “soggettivazione”. L’ influenza di Georgy Lukacs, studiato da tutti gli operaisti e considerato punto di riferimento fondamentale del cosiddetto “marxismo occidentale”, è fondamentale: la classe in sé, il suo ruolo tecnico, oggettivo nella produzione e riproduzione, e la classe per sé, la presa di coscienza della propria soggettività, forza e potenza contro il capitale e i suoi meccanismi di dominio.

Due opuscoletti di Toni pubblicati nel1973, Proletari e Stato, Dominio e sabotaggio, intrecciano due tematiche centrali ancora oggi: i processi di “autovalorizzazione”, di indipendenza e di autonomia, con quello di destrutturazione dello Stato del capitale, riappropriazione dei valori d’uso contro il valore di scambio, il mercato, il denaro, il profitto, la proprietà privata dei mezzi di produzione. Una potente allusione alla riappropriazione del comune, al comunismo. Qui trova piena legittimazione l’illegalità di massa e l’uso ragionato della forza da parte dei movimenti contro la violenza del potere e dello Stato. Altro che terrorismo!

Il contropotere dunque non è inteso solo in senso destituente, ma anche, nel contempo, costituente di un “ordine nuovo”, in senso gramsciano. Le intuizioni e prospettive aperte da Toni Negri negli anni ’70 gli hanno dato ragione: l’esplosione nel ’77 delle lotte dell’operaio sociale, l’autorganizzazione, i comitati autonomi, le lotte territoriali, contro il lavoro nero, l’occupazione delle case e punti di aggregazione e socialità, la conquista di diritti sono il segnale inequivocabile dell’emergere di una nuova composizione sociale e di classe.

Il “processo 7 aprile” fu una delle modalità per interrompere questo processo: rappresentò uno spartiacque, in particolare una provocazione del PCI e del magistrato Pietro Calogero, la repressione di classe del partito del compromesso storico, che significò lunghi anni di carcere per compagni e compagne, esilio, sofferenza. Tutto in base a un teorema: autonomia = brigate rosse, Toni Negri capo delle B.R!

L’esilio di Toni a Parigi fu ricco di grandi intuizioni teoriche, la scoperta e relazioni con il post-strutturalismo francese, Faucault, Deleuze, Guattari e l’approfondimento del pensiero, a suo tempo grande eretico. Il potere non è trascendente, non è una “cosa” che si prende per piegarla ai propri fini, bensì una relazione, un rapporto antagonistico, coniugando in questo pensiero Marx, per il quale esiste un rapporto irriducibilmente antagonistico, con Spinoza, fautore di una democrazia assoluta, non rappresentativa e continuamente perfettibile, contro ogni assolutismo e trascendenza del potere. e.

Gli ultimi lavori di Toni scritti con Hardt, Impero, Moltitudine, Comune, Assembly ci danno proprio questo: l’attualità della rivoluzione, la necessità di una faticosa ricomposizione della moltitudine, sulle tematiche di genere, di razza, di classe. Questo il “cuore rosso” della rivoluzione sociale e culturale, che in parte, nonostante tutte le contraddizioni, stiamo già vivendo.

Grazie Toni.