«Il tempo è scaduto» Grecia appesa a un filo

7 / 2 / 2012

La Grecia è in bilico tra la povertà, a cui la condannerebbero i nuovi tagli della troika, e la paura di quella che sarebbe la prima bancarotta di un paese sviluppato dopo quella della Germania del 1948. Il dramma che si consuma ad Atene potrebbe subire una svolta già oggi, con i sindacati che hanno chiamato in piazza i lavoratori per bloccare il secondo Memorandum mentre il governo Papademos preme sulla sua maggioranza per avere subito l'ok agli ultimi provvedimenti di macelleria sociale messi a punto da Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Commissione Ue.
Come nella primavera del 2010, quando in cambio di un prestito da 110 miliardi di euro l'esecutivo del socialista Pasok aveva sottoscritto un Memorandum a base di sforbiciate alla spesa pubblica, tasse e riduzioni salariali, nelle ultime ore la troika ha reso note le misure che vuole vedere messe nero su bianco prima di concedere un altro prestito, di almeno 130 miliardi: tagli alle retribuzioni minime (750 euro lordi) e alle pensioni. I tre organismi che da un paio d'anni hanno commissariato le finanze greche esigono inoltre la cancellazione di tredicesime e quattordicesime e il licenziamento, entro il 2015, di decine di migliaia di dipendenti statali.
Con un altro nodo ancora da sciogliere - la ristrutturazione del debito coi creditori privati - si avvicina la scadenza del 20 marzo quando, senza aver ottenuto il nuovo prestito, lo Stato non potrebbe che dichiarare fallimento, non avendo come restituire 14,5 miliardi di buoni del tesoro in scadenza. 
Ieri Angela Merkel ha ipotizzato l'uscita di Atene dall'area euro: «Vogliamo che la Grecia rimanga nell'euro, ma dico anche che non potrà esserci nessun nuovo programma (prestito, ndr) per la Grecia se non si raggiunge un accordo con la troika» ha detto la cancelliera tedesca in conferenza stampa assieme al presidente francese Nicolas Sarkozy.
Una «medicina letale» capace di scatenare una «esplosione sociale». Così il capo della chiesa ortodossa ha definito le riforme strutturali della troika. In una lettera spedita la settimana scorsa al premier Lucas Papademos, l'arcivescovo Ieronymos ha dato voce a un sentimento diffuso nelle strade di Atene: «I senzatetto (aumentati del 25% negli ultimi due anni, ndr) e perfino la fame - che avevamo sperimentato durante la Seconda guerra mondiale - hanno raggiunto livelli da incubo: la pazienza dei greci sta finendo, lasciando spazio a un senso di rabbia: il pericolo di un'esplosione sociale non può essere più ignorato» ha avvertito il leader religioso.
Intanto le privatizzazioni (beni pubblici del valore di 50 miliardi da svendere ai privati entro il 2017, secondo quanto previsto dal Memorandum) procedono a rilento: gli investitori temono la svalutazione di questi asset in caso di uscita di Atene dall'euro. Dopo Debtocracy, Aris Chatzistefanou e Katerina Kitidi stanno girando un nuovo film, proprio sulle privatizzazioni: Catastroika. «Seguendo l'esempio di altri paesi come Russia e Cile, vogliamo spiegare che le privatizzazioni di massa sono incompatibili con la democrazia - racconta Chatzistefanou -. Nello stesso tempo intendiamo mostrare il loro fallimento in paesi sviluppati come Gran bretagna, Stati uniti, Germania». Il documentario dei due reporter sarà finanziato con donazioni via internet e prodotto (in licenza creative commons) col contributo di intellettuali come Ken Loach o Naomi Klein.
Il rappresentante del Fmi Thomsen, in una recente intervista al quotidiano Kathimerini, ha ribadito bellamente il ricatto della troika: in cambio del prestito «ci deve essere garantito che chiunque sia al potere dopo le elezioni si atterrà agli obiettivi e ai principi di base dell'accordo» (il nuovo Memorandum, ndr).
Gli ultimi sondaggi - l'esecutivo Pasok-Nuova democrazia-Laos è «a termine», e dovrebbe dimettersi dopo aver ottenuto il secondo prestito - prevedono un terremoto politico: 12,5% per i comunisti del Kke, 12% per la coalizione di sinistra Syriza e 12% per la nuova formazione di Sinistra democratica. Crollo dei socialisti (15%) e vittoria dei conservatori di Nuova democrazia (30,5%). «Il Pasok aveva promesso che dopo il primo Memorandum le misure di austerità sarebbero finite, per questo ora l'elettorato gli volta le spalle - spiega Pavlos Klavdianos, direttore del settimanale Epohi -. I movimenti degli ultimi anni, in particolare quello unitario degli indignati di piazza Syntagma hanno avuto una certa continuità che si riflette in queste previsioni di voto». 
Malgrado le differenze di strategia (il Kke è contro l'euro e l'Unione europea, Sinistra democratica è contro il Memorandum ma si lascia aperto lo spazio per una futura collaborazione col Pasok, in Syriza la tradizionale area pro Europa si scontra con un nuovo sentimento anti-Ue) Klavdianos è convinto che l'unità della sinistra attorno alla parola d'ordine «non pagare il debito» sia una necessità, «nel momento in cui la società subisce un attacco che rischia di metterla in ginocchio per i prossimi decenni».
Tratto da Il Manifesto 7 febbraio 2012