MOBILITAZIONE.
Ieri a Parma la prima manifestazione nazionale contro
gli impianti di incenerimento dei rifiuti. Alla giornata di protesta
hanno aderito centinaia di comitati provenienti daogni parte d’Italia.
La loro è una lotta impopolare. Non incontra il favore della
politica e le istituzioni preferiscono non sentirne parlare. Portarla
avanti è difficile e richiede un grande impegno. Una presenza costante,
caparbietà, competenza e coraggio. Eppure, il numero di cittadini
disposti a mobilitarsi contro gli inceneritori cresce di giorno in
giorno. Ieri, a Parma c’è stata la prima manifestazione nazionale, un
appuntamento convocato dal coordinamento locale a cui hanno risposto le
tante realtà attive sul territorio. Da Aosta a Palermo i comitati
cittadini contro gli impianti di incenerimento rifiuti si contano a
centinaia.
E la dinamica con cui entrano in scena è sempre la stessa: in difesa
del territorio dove abitano, minacciato dalla mire affaristiche
dell’imprenditore di turno, interessato a realizzare l’ennesimo forno
in cui bruciare i rifiuti. Del resto in Italia questo tipo di impianti
assorbe la maggior parte dei fondi destinati alle energie rinnovabili
(Cip 6). Chi investe nella costruzione di un inceneritore è destinato a
guadagnare: basti pensare che il proprietario di un impianto può
rivendere al Gestore dei servizi elettrici l’energia prodotta a un
costo maggiore rispetto a quello di mercato. Usufruendo di tutte le
agevolazioni previste per le fonti rinnovabili, anche se di alternativo
ha ben poco.
Anzi disincentivano la prevenzione nella produzione dei rifiuti e la
raccolta differenziata: per funzionare hanno bisogno, infatti, di un
apporto di immondizia costante e, insieme al resto, per facilitare la
combustione, bruciano anche carta, legno e plastica, proprio quella
parte di rifiuti che i cittadini selezionano a monte pensando di
contribuire alla catena del riciclaggio. E se nell’ottica della
riduzione e del risparmio questo tipo di impianti, il cui costo rimane
estremamente alto, risulta a dir poco sconveniente, se si considerano
anche i danni alla salute e all’ambiente, appare difficile capire
perché ci si ostini a percorrere questa strada. Gli impianti di
incenerimento rifiuti emettono, infatti, sostanze altamente
contaminanti, mettendo in serio pericolo la salute dei cittadini.
Diossine, furani, piombo, cadmio, mercurio e una miriade di altri
inquinanti che i dispositivi preposti al controllo neanche riescono a
monitorare. La maggior parte dei composti disperai nell’aria sono
persistenti, rimangono nei tessuti degli animali e si trasferiscono da
un organismo all’altro accumulandosi nella catena alimentare. Sono
causa di numerose patologie, dai disturbi respiratori ai tumori più
comuni, nel nostro Paese in aumento. In Italia di impianti del genere
ce ne sono oltre 50.
La Regione con il numero più alto è la Lombardia, poi vengono l’Emilia
Romagna e la Toscana. Nel Lazio è prevista la costruzione
dell’inceneritore più grande. Ma il fronte del dissenso continua a
crescere, le realtà locali non smettono di incontrarsi e ieri, da Parma
è arrivato unitario un nuovo “basta”.