Verona — Celle come formicai, con detenuti costretti a vivere ammassati in condizioni intollerabili. Il grido d'allarme è stato lanciato ieri nel corso dell'incontro promosso in tribunale dalla Camera penale veronese. Avvocati, sacerdoti e volontari, riuniti per denunciare una situazione che si è fatta insostenibile e pericolosa. Il carcere di Montorio è stato costruito per ospitare 442 detenuti. Mercoledì i carcerati erano 846, dei quali 51 donne. «Sono numeri che evidenziano quale sia la dimensione dell’emergenza carceri, non solo a Verona ma in quasi tutta Italia», spiega Stefano Zanini, presidente della Camera penale.
Gli italiani della prigione scaligera sono meno della metà degli stranieri: 289 a fronte dei 667 immigrati. Un crogiolo di religioni, lingue e nazionalità, con tutti i problemi che ne conseguono. I carcerati provengono da 50 nazioni diverse: israeliani e palestinesi, bosniaci e macedoni. Vivono gomito a gomito, stipati come sardine. Tra gli stranieri, il numero maggiore di presenze appartiene ai marocchini (163), seguiti dai detenuti originari della Tunisia (92), dai romeni (69) e dai 46 albanesi reclusi. «All’interno del carcere di Verona - spiega frà Beppe Prioli, fondatore dell’associazione La Fraternità, attiva a Montorio - la religione ha un ruolo importante. Ci sono musulmani, protestanti, cattolici, ma anche induisti e testimoni di Geova. Il rispetto è reciproco, ma la situazione di questo sovraffollamento ci mette in difficoltà per arrivare a ogni singolo detenuto, per parlarci e offrirgli un sostegno». Luca Geroin, l’antagonista in cella con l’accusa di aver picchiato un militante di Forza Nuova, in una lettera descrive Montorio come una «discarica umana, si sta peggio delle bestie. L’igiene è inesistente c’è puzza e sporcizia ovunque, i materassi sono gialli e fatiscenti. I muri della cella sono costantemente bagnati, gocciolano e sono pieni di muffa».
Per i rappresentanti della Camera penale veronese il sovraffollamento comporta anche altri problemi. «Nel giorno di ricevimento - assicura Zanini - si formano lunghissime code composte da mogli, bambini, parenti e amici dei detenuti. Vengono a far visita al loro congiunto, ma sono costretti ad aspettare anche un’ora e mezza, con il rischio che il colloquio si riduca a pochi minuti. È come se anche i famigliari fossero costretti a scontare una pena». A tutto questo si aggiunge la questione della droga. A Montorio un detenuto su tre è tossicodipendente. Questi problemi - spiega il presidente della Camera penale - mettono a rischio la sicurezza all’interno del carcere veronese. Se la situazione non cambia la tensione crescerà e gli scontri tra detenuti diventeranno sempre più frequenti, con il rischio che vengano coinvolte anche le guardie». Il governo si prepara a costruire nuove carceri. «Ma non è questa la soluzione - ribatte Zanini - mancherebbero i soldi per assumere le guardie e in breve tempo ci troveremmo nella stessa situazione attuale. Occorre invece assicurare ai detenuti meno pericolosi la possibilità di accedere più facilmente a pene alternative, scontando la condanna in comunità o in affidamento». Investire sui muri non paga, concordano avvocati e volontari attivi all’interno delle prigioni. Frà Beppe è ancora più categorico: «Costruire nuove prigioni è pura follia».