Lettera del comitato Acqua Bene Comune e di Marco Bersani del Forum

Trento - Il voto referendario va rispettato senza se senza ma

In risposta all'articolo del Consigliere provinciale di Trento Michele Nardelli del PD che sponsorizza la creazione di una Spa in house per gestire il servizio idrico subentrando a Dolomiti Reti

24 / 2 / 2012

Mi interessa intervenire in merito all’articolo pubblicato da l'Adige, nel quale il consigliere Michele Nardelli considera le iniziative attuate dalla provincia di Trento in merito alla riorganizzazione del servizio idrico integrato come attuazione compiuta del voto referendario.

Non è così. E’ vero che l’abrogazione dell’art. 23 bis (decreto Ronchi) ha comportato la fine dell’obbligo alla privatizzazione del servizio idrico e la possibilità di scelta da parte degli enti locali sulle modalità di affidamento; ma tra queste possibilità è stata reintrodotta, grazie al riferimento alla dottrina comunitaria richiamato dalla stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 24/2011), la possibilità degli enti di diritto pubblico, quali le aziende speciali e i consorzi.

Di più. Se anche l’esito del primo quesito consente una pluralità di scelte, l’esito del secondo quesito è inequivocabile : abrogando l’adeguata remunerazione del capitale investito (i profitti), i cittadini italiano hanno chiaramente voluto l’uscita del servizio idrico da qualsiasi gestione di mercato (sentenza Corte Costituzionale n. 26/2011), di cui è logica conseguenza il superamento della SpA come forma di gestione.

Se dunque la provincia di Trento intende essere conseguente al risultato referendario, deve certo scorporare da Dolomiti Energia SpA i servizi idrici delle realtà territoriali coinvolte, ma anche metterle in sicurezza da qualsivoglia possibilità di re immissione nelle logiche del mercato, dando loro la forma più adeguata di gestione : quella attraverso enti di diritto pubblico.

Unica forma che consente una reale partecipazione dei cittadini, dei lavoratori e delle comunità territoriali alla gestione dell’intero ciclo dell’acqua e alla sua conservazione per le generazioni future.

Un referendum vinto con il voto della maggioranza assoluta del popolo italiano, dopo dieci anni di lotte per l’acqua che hanno cambiato culturalmente il Paese, facendo irrompere il linguaggio dei beni comuni dentro l’agenda politica, non può essere certo interpretato come una semplice richiesta di aggiustamento dell’esistente.

I cittadini ne sono più che consapevoli : quanto dovremo aspettare perché se ne accorgano anche gli amministratori?

Marco Bersani

Forum Italiano Movimenti per l’Acqua

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Avendo letto la presa di posizione del Consigliere Nardelli ieri sulle Sue pagine, non possiamo non scrivere due righe di risposta se non altro per amor di completezza sulla questione acqua nella nostra Provincia. Questione che, come sappiamo, sta davvero a cuore ai trentini, che per primi in Italia hanno sostenuto e votato il referendum di giugno scorso, registrando quasi il 65 % di presenze alle urne, dato fra i migliori in Italia.

Innanzitutto siamo felici che qualcuno della Povincia parli di acqua. Noi cittadini trentini impegnati nella battaglia referendaria prima, e nella difesa di un servizio idrico pubblico e partecipato ora, è mesi che cerchiamo un confronto con le istituzioni, se non altro per capire quello che succederà dell’acqua di Trento, Rovereto e altri 15 comuni, e di quei 42 milioni di euro che il Comune di Trento dovrebbe pagare per riavere indietro da Dolomiti Energia l’acquedotto comunale (dato che negli esaustivi 5 punti citati da Nardelli non troviamo).

E’ in atto infatti un progetto di scorporo: la costituzione di una Spa In House che gestirà il servizio idrico attualmente affidato a Dolomiti Reti, una Spa mista per circa il 60% in mano ai privati fra cui A2a, multiutility del Nord Italia quotata in borsa e ora protagonista di una delle maggiori fusioni finanziarie del secolo, il matrimonio fra i colossi dei servizi idrici idrici ed energetici Iren ed Hera. L’operazione – scorporo presenta a nostro avviso molti punti oscuri ed altri di forte criticità, e rappresenta uno scenario molto lontano da quello disegnato dai quesiti referendari, il secondo dei quali ricordiamo abolire ogni profitto dall’acqua – la cosiddetta remunerazione del capitale investito – che ad oggi gode ancora di ottima salute dalle nostre parti. Altra grossa preoccupazione rappresenta la salvaguardia di quelle gestioni dirette o consortili che sono la maggioranza del nostro territorio e funzionano più che bene fornendo un servizio di qualità a costi – al contrario di quanto affermato da Nardelli - inferiori di quelli di DE.

Ma la domanda è un’altra: il Consigliere Borga al tempo – oltre due mesi fa - ci aveva invitati ad un confronto in Commissione ambiente sulla proposta di legge criticata dall’articolo in oggetto. Noi abbiamo inviato documentazione relativa esprimendo la nostra totale contrarietà – “Il reale senso della proposta in oggetto è la strumentalità contro l’attuale maggioranza di governo provinciale (che qui peraltro in nessun modo si vuole difendere o sostenere). Lo dimostra tra l’altro la lettura della Relazione al disegno di legge, nutrita di un evidente irrisorio disprezzo verso il risultato del referendum e verso chi l’ha promosso” – era una delle frasi conclusive. Perchè al Consigliere Nardelli o al Vicepresidente provinciale Pacher o a qualcuno di coloro che stanno appoggiando lo scorporo – acqua, non è venuto in mente coinvolgere la società civile , che pure si è dimostrata adulta e competente in materia, visto anche l’esito referendario.

Sarebbe stato utile, ad esempio, la presenza di qualcuno della Provincia il 30 gennaio scorso (seppur invitati): a Trento era venuto uno dei più insigni giuristi d’Italia, estensore dei quesiti referendari, docente universitario di diritto in due università, oggi assessore a Napoli, cioè Alberto Lucarelli, proprio per spiegare alle oltre 200 persone nella sala della Regione a che punto si era dopo il referendum: “Oggi vige il principio di neutralità del diritto europeo rispetto agli assetti proprietari –aveva detto Lucarelli -  il principio della libera definizione ovvero la possibilità per ogni comune di potersi scegliere il proprio modello. Il vuoto legislativo è riempito dal diritto europeo. Se c’è una volontà politica chiara che un servizio idrico sia gestito attraverso un ente di diritto pubblico, in questo momento è possibile, a livello nazionale e tanto più in una provincia autonoma”. E poi:  “La differenza fra una spa pubblica e un soggetto di diritto pubblico è che la proprietà è pubblica in entrambi i casi, ma la prima si muove secondo le regole del diritto societario e del profitto. Un Comune non ha gli strumenti per il cosiddetto controllo analogo, come per un proprio ramo dell’amministrazione. E’ una mistificazione. In questi primi mesi come assessore ne ho avuto la prova concreta”. Che vengano disertate certe occasioni pubbliche di sano confronto e reciproca crescita ci pare davvero poco comprensibile.

I Comitati trentini per l’acqua bene comune hanno sempre detto come ogni forma di Spa sia ben lontana dall’idea di acqua davvero pubblica e perfino di democrazia reale, che il referendum esprimeva. Hanno anche scritto in forma partecipata una proposta di Ordine del Giorno per il Consiglio Comunale per chiedere fra le altre cose la costituzione di una Azienda Speciale per la gestione del servizio idrico attualmente semiprivatizzato: come a Napoli, dove la locale Spa In House la Arin, è stata in effetti trasformata in una  azienda speciale, ente di diritto pubblico dove il cittadino può, attraverso i suoi rappresentanti, interagire nella gestione di un servizio essenziale per la vita.

L’Ordine del Giorno, secondo quanto riferito dai Consiglieri Porta e Coppola che se ne sono fatti portatori, potrebbe essere calanderizzato anche fra due anni. “Io ho alcuni provvedimenti fermi dal 2009”, spiega il consigliere Prc Franco Porta. Ecco perchè martedì prossimo ci sarà un’autoconvocazione cittadina alle ore 18.00 presso il Consiglio Comunale, per pretendere la discussione celere di un ordine del giorno, urgente quanto lo può essere la gestione dell’acqua per 200.000 trentini, e il prossibile pagamento di decine di miloni di euro pubblici in tempo di crisi. Il referendum era sull’acqua, sul nucleare, sul legittimo impedimento. Ma era anche per dire si alla partecipazione dei cittadini alla politica intorno alla difesa dei beni comuni.

Comitato Acqua Bene Comune Trento