Storie di donne

intervista alla filmmaker Rakhshan Bani-Etemad

8 / 4 / 2010

  Racconto storie di donne ma non amo le etichette 

Parla la cineasta  Rakhshan Bani-Etemad Rakhshan Bani-Etemad è una filmmaker provocatoria, parla di politica e di amore, da voce a chi vive ai margini, tocca tabù per la società iraniana intoccabili, predilige come protagoniste le donne anche se rifiuta l'erichetta di «regista femminista»  Lei, dice, racconta le difficoltà e i problemi di tutti. I suoi film, Nargess, storia di un triangolo amoroso, The Blue Valley, Our times, con protagonisti dei giovani attivisti nella campagna presidenziale del 2001, Main line fino a We're Half of Iran's Population, sulle istanze del movimento femminista prima delle elezioni presidenziali, predilige la macchina da presa a mano, vicina ai personaggi. L'abbiamo incontrata al festival di Friburgo dove era in giuria. «L'arresto di cineasti come Jafar Panahi ma anche di tanti semplici cittadini è terribile - ci ha detto Bani-Etemad - Nell'ultimo periodo la repressione contro chi si oppone al governo si è intensificata. Possiamo solo sperare che questo periodo duro finisca presto».

È in pericolo anche la sua libertà di cineasta?

In questo momento la libertà dei cineasti è secondaria. Il problema è piuttosto lo spazio sociale in cui viviamo che si è ristretto e ci opprime. Solo quando si riaprirà questo spazio si potrà tornare a pensare alla libertà degli artisti.

Per il suo film ha chiesto ai candidati delle ultime presidenziali di commentare gli appelli delle donne. Hanno accettato tutti meno Ahmadinejad. Con quali motivazioni?

Ci ha detto che era troppo occupato con la campagna elettorale. Abbiamo tenuto la troupe pronta fino all'ultimo sperando che potesse intervenire.

Come ha lavorato sulle interviste?

Ogni candidato è venuto da solo con i suoi consiglieri. Ha visto sullo schermo le dichiarazioni delle donne e dopo ha fatto l'intervista. Il trattamento è stato uguale per tutti e tre i candidati, sarebbe stato lo stesso anche per Ahmadinejad.

Moussawi e Kharroubi sembrano pensarla allo stesso modo sui diritti delle donne.

In effetti le loro opinioni sono molto vicine anche se si esprimono in modo diverso. Moussawi nel film dice una cosa che ritengo giusta: le dichiarazioni che facciamo sono solo buone intenzioni, la questione è come potremo metterle in pratica nella realtà.

Secondo lei Moussawi avrà ancora una possibilità di cambiare?

Non si possono fare pronostici in politica. È evidente che oggi il popolo iraniano vuole cambiare, e chiunque potrà farlo, che sia Moussavi o un altro, avrà il sostegno della popolazione.

Si parla di inasprire le sanzioni economiche contro l'Iran. Che effetto avrebbe un gesto del genere?

Le sanzioni pesano sempre sul popolo che subisce già troppo ed è provato. Aumentarle sarebbe ingiusto. E sarebbe anche difficile giustificarle proprio perché peggiorerebbero le condizioni di vita.

Il suo film ci mostra un paese dove le donne ricoprono ruoli importanti. L'occidente continua invece a pensare un Iran in bianco e nero.

Anch'io sono afflitta dall'immagine che l'Iran ha in occidente. Mi atterrisce che gli occidentali non capiscano che le nostre donne sono molto istruite e attive nella società. Sono figure forti e importanti nella vita civile, artistica e culturale, a volte persino più degli uomini. Forse è paradossale ma è la realtà della società iraniana.

Questo non nasconde pesanti discriminazioni.

Nel mio film faccio riferimento alla legge che discrimina le ragazze nell'accesso all'università dando la priorità ai maschi pure se ottengono risultati peggiori nei test d'ammissione. Vale anche per molti settori lavorativi. Eppure le ragazze sono in maggioranza nelle università, rappresentano un grande potenziale.

Perché ha intervistato donne adulte e poche studentesse?

Mi interessava sentire chi aveva vissuto esperienze di lotte per i diritti delle donne. Volevo una visione d'insieme dei percorsi femministi. . Anche «Our Times» parlava delle elezioni. Cos'è cambiato da allora nella partecipazione delle donne?

Si è ampliata in modo esponenziale. Le donne hanno sfruttato la possibilità di essere presenti nella vita politica per difendere i loro diritti.

C'è collaborazione tra i registi iraniani, donne e uomini?  Ci conosciamom ... Mi sono sempre opposta però a fare distinzioni di sessi nel cinema. Quando si è parlato di creare un'associazione delle registe donne mi sono schierata contro. Non vedo la differenza tra un regista uomo e una regista donna.

tratto da "Il Manifesto" 17 aprile 2010

Rakhshan Bani-Etemad