Scene di politica europea

20 / 10 / 2012

Neanche il tempo per Francois Hollande di far uscire sui quotidiani di mezza Europa ( ma l’anteprima è per le Monde perché la Francia è la Francia ) una sua lunga intervista, che Angela Merkel gli risponde in tempo reale . Parla, la Cancelliera tedesca, non dalle pagine dei giornali ma nelle aule del Bundestag.  Sullo sfondo del duello tra i due principali partner europei la riunione del Consiglio Europeo che deve sancire le prossime tappe della fase costituente in cui è impegnata l’Unione. Ma cosa affida Hollande alla stampa?

 Il primo ministro francese in realtà è in difficoltà a casa sua. Nei sondaggi è in calo di diversi punti. La sua decisione di ratificare il Fiscal Compact, che pure aveva contestato in campagna elettorale, accontentandosi dei pochi spiccioli inseriti per la cosiddetta crescita, viene contestata da più parti. Sono più di cento gli economisti, molti dei quali famosi e importanti, che hanno sottoscritto un appello contro la ratifica. Sono diversi gli eletti della maggioranza parlamentare, tra verdi e socialisti, che hanno differenziato il loro voto. Sono decine di migliaia le persone scese in piazza a Parigi con il Front de Gauche di Melenchon.

 Ed oltre che sul Trattato fiscale la contestazione si allarga anche sulla legge di stabilità che va in approvazione e che risente degli obblighi di bilancio derivanti dal Trattato stesso oltre che da tutti i precedenti dispositivi adottati dall’Europa. Se la tassa sui super ricchi, 1500, attira l’attenzione dei giornali, non sfuggono però all’attenzione della opinione pubblica anche i tagli sociali e quella sterilizzazione dell’inflazione sui redditi esenti da tassazione, una sorta di fiscal drag, che estende il prelievo fiscale ad aree sociali a reddito medio e basso.

 Su giornali come Le Monde si apre infatti una riflessione su come il Fiscal Compact abbia la valenza di ridisegnare tutta la politica francese, riattraversando e rimodulando i clivage tra destra e sinistra e interni alle sinistre stesse.

A fronte di questo quadro Hollande decide di provare a cercare uno spazio di manovra e si affida alle interviste in contemporanea in mezza Europa. Cosa dice? Molta enfasi sulla crescita ma poi in realtà una sola vera mossa politica, per altro classica per il pensiero dei socialisti europei: il rilancio dell’Europa a più velocità con una maggiore integrazione dell’area euro che dovrebbe appunto dedicarsi alla crescita.

Gli risponde in tempo reale Schauble, il ministro delle finanze tedesco, che prende parola mentre in Germania è il Bundestag che discute di cosa si deve fare al prossimo Consiglio Europeo. E dice cose pesanti. Ci vuole si una maggiore integrazione e velocità dell’area Euro, ma questa deve essere vocata, come fin qui, al controllo ferreo dei bilanci, che è la condizione della crescita. E questo controllo ferreo deve essere affidato ad un super commissario che dovrà essere temuto come quello alla concorrenza e dovrà avere il diritto di ultima parola sulle economie nazionali.

Solo un poco di suspense per capire se il ministro esprime il pensiero della Merkel e la Cancelliera presto conferma e rafforza il tutto, anche i dettagli. L’area euro deve avere proprie strutture separate e flessibili, anche all’interno delle Istituzioni comuni come il Parlamento Europeo, che, proprio per questo, dovrebbe essere rafforzato. Commissioni, dunque, riservate all’area euro. Il super commissario è la figura chiave di una politica che rafforzi il potere centrale della UE e che va ratificata con una modifica del Trattato che si fa urgente e che può essere affidata ad una struttura costituente. E d’altronde già il precedente Consiglio ha affidato la facoltà di proposizione delle modifiche al Trattato a una Troika formata da Consiglio, Commissione e BCE! In aula a Berlino l’appena nominato sfidante socialdemocratico per le prossime elezioni, Peter Steinbruek, che fu ministro delle finanze nel governo di grande coalizione con la stessa Merkel, si limita a contestare la sua vecchia, e in prospettiva forse nuova, primo ministro per i ritardi.

Hollande invece accusa il colpo e prova a smarcarsi, ma finisce sulla difensiva. Diventa quello che frena e che deve chiedere di limitare il raggio di decisione del Consiglio. Consiglio che è stato preparato dal Presidente Van Rompuy con una seri di comunicazioni che in realtà guardano anche al dopo. Van Rumpuy si muove secondo la propria suddivisione degli impegni da prendere sulle questioni bancarie, fiscali, economiche e democratiche. Ha scritto nelle carte che si potrebbe provare ad assorbire centralmente quote limitate di asimmetrie finanziarie di singoli Paesi previo accordo tra essi e l’autorità centrale e che analogamente si potrebbe fare per investimenti anche essi limitati per la crescita. Insomma la strada dei memorandum aperta con l’approvazione del fondo salva stati ed antispread.

In realtà alla fine il Consiglio licenzia ciò che era già previsto. In un testo che vanta i progressi fatti ( sic! ),  dà il via libera alle norme di Unione Bancaria rimandando alla seconda metà del 2013 quelle sulla vigilanza. In soldoni si accelera sul varo del Two packs. Molti paragrafi sono per la crescita. In questi si fa riferimento anche alla recente comunicazione sullo sviluppo industriale europeo dove però i dati parlano di una perdita secca di pil industriale di diversi punti!

 E si perché i dati economici reali sono del tutto in stridore con le auto celebrazioni del Consiglio. Lo ha appena detto lo stesso FMI che ha ricalcolato l’effetto delle politiche dell’austerità sulla possibilità di rientro dal deficit rilanciando ancora più drammaticamente l’allarme. C’è in realtà qualcosa di assurdo in queste scene di politica europea. Se pensiamo che si parla addirittura di super commissario ai bilanci in una realtà il cui bilancio condiviso, cioè quello dell’Unione, non arriva ormai all’1% del Pil, ci rendiamo conto che sono saltate tutte le logiche della stessa democrazia liberale!

E infatti da Atene arrivano altre, drammatiche, scene di politica europea. Sono quelle delle lotte che continuano, anche con momenti tragici, per salvare donne e uomini che questa Europa vuole condannati. Ed è lì, ad Atene, ma anche nelle piazze di Madrid, di Parigi, di Lisbona e, speriamo, anche di Italia che dobbiamo fare di tutto perché si ponga fine ad una politica intollerabile e si cambi pagina per costruire quella che appare sempre piè non l’altra Europa ma la sola Europa possibile.

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