Soffiamo sul vento: contro le destre, oltre la sinistra.

di Zero81

26 / 5 / 2011

Tutto ci saremmo aspettati a pochi mesi dall’inizio della nostra esperienza da Zero, furchè di essere travolti da un processo di movimento che avesse quale suo nodo di espressione non le piazze, le scuole, le università o i bassifondi delle nostre città, bensì le elezioni amministrative.

Il risultato della prima tornata elettorale ha travolto un po’… tutti, cogliendoci impreparati e mettendo in seria difficoltà un’ esperienza giovane come la nostra sul come confrontarsi con un processo così complesso.

Il punto di partenza, quello determinante nel farci prendere parola (a dispetto del primo turno di votazioni sul quale abbiamo scelto un silenzio rispettoso di quella pluralità di posizioni che, dall’astensionsimo all’appoggio a de magistris, segnavano tutte una contrarietà alle destre ed una discontinuità con la sinistra!), è quello che ci sembra il senso complessivo di quello che sta avvenendo oggi in questo paese: il vento che tira, da Milano a Bologna per finire a Napoli, è un vento di cambiamento forte e assolutamente non unidirezionale.

E’ in tutto e per tutto un processo moltitudinario di dissenso e di indignazione che sottende un desiderio forte di cambiamento; è, per quanto ben lontano dalle forme che più ci sono care, in tutto e per tutto un processo di movimento.

E’ partendo da questo, andando oltre la “semplice consultazione elettorale”, che abbiamo capito che non è possibile restare in disparte a guardarlo, ma abbiamo deciso di attraversarlo, fosse anche dicendo solo quello che pensiamo.

 

Non ci sorprende più di tanto che a pochi mesi dal 14 dicembre questo paese sia scosso non da una piazza arrabbiata e determinata ma dal risultato delle urne. Siamo parte di una generazione che è cresciuta costruendo un rapporto assolutamente laico nei confronti della rappresentanza e delle istituzioni. Sono così sorde e distanti da noi, così incapaci di rappresentarci ma anche molto solide nel riprodursi che abbiamo da subito smesso di averne fiducia restando però coscienti del fatto che, fino a quando decideranno sulle nostre vite, sono un nodo con cui relazionarsi, nel bene o nel male, per agire materialmente sul nostro destino altrimenti misero.

I dati che escono delle urne sembrano dare ragione a questa idea. La distanza, l’assenza di fiducia e l’indignazione si sono tradotte in due dati fondamentali: il non voto (proprio a Napoli particolarmente significativo) ed un moto/voto di dissenso cosi forte da scuotere l’intero assetto di un sistema politico assolutamente marcio. Milano, Bologna e Napoli, in particolar modo, sono state lo spazio di espressione preferenziale di tre fenomeni molto importanti:

-In primo luogo sono segnate dal peso di un forte voto di sfiducia al governo Berlusconi, al Berlusconismo e all’idea di società che rappresenta e sulla quale si è strutturato questo paese negli ultimi 20 anni. Una sfiducia che dalle piazze arriva da anni e che anche in questo autunno è stata particolarmente forte.

-In secondo luogo, e non a caso visto il ruolo della sinistra in questi anni, sono voti post-ideologici, nel senso di slegati dall’appartenenza destra-sinistra che ha segnato una dialettica politica finta e fintamente identitaria, funzionale solo a mantenere lo stesso status quo delle élite politiche.

-Infine segnano un colpo molto forte al potere ed al sistema dei partiti e dei gruppi lobbistici ad essi associati.

Osservando con attenzione il comportamento degli elettori di Napoli e Milano, balza agli occhi la forte discontinuità che questi hanno voluto segnare con il recente passato.

Nel capoluogo lombardo il processo era cominciato con le primarie, ben prima del 15-16 maggio. Pisapia, che ha quasi rischiato di vincere al primo turno, rappresenta fondamentalmente due rotture: in primis l’opposizione al governo in carica e al premier, poi la discontinuità forte con il Pd e il centro-sinistra fin’ora conosciuto. Il dato ancor più interessante è che il candidato della sinistra milanese parla anche un linguaggio nuovo che sposando tematiche come l’accoglienza o la difesa dei beni comuni, patrimonio dei movimenti, ha saputo anche stimolare tanti e tante che affollavano le fila degli astensionisti, a sostenerlo alle urne.

A Milano sicuramente si gioca la partita più grossa: è in gioco la credibilità e le alleanze del governo Berlusconi; non a caso dopo cinque giorni di silenzio, il premier è sceso in campo praticamente a reti unificate per attaccare Pisapia con un linguaggio e una retorica marcate da una violenza senza più limiti.

Per Napoli il discorso è forse più complesso: De Magistris è sostenuto dalla Federazione della Sinistra, Idv e quei pezzi di movimento che dai comitati territoriali alle associazioni sono confluiti nella lista civica “ Napoli è tua”. Il risultato ottenuto dall’ ex magistrato è straordinario: al primo turno ha sconfitto il Pd 27 a 19, mettendo fine per sempre all’epoca bassoliniana a Napoli mentre contemporaneamente il 38 % registrato dal Pdl (quasi gli stessi voti di Bocchino alle ultime amministrative) suona già di per sé se non come una sconfitta, come un vorticoso calo di consenso.

Le criticità attorno a De Magistris, però, non sono poche e ci scuotono. In primo luogo il fatto che sia un ex magistrato, il suo legame con l’Idv (di fatto i candidati in questo partito sono tutto furchè belle speranze…), la forte personalizzazione che ha dato alla campagna elettorale, la sua appartenenza a quel “Partito di Anno Zero” che fa dell’Anti-Berlusconismo il suo cavallo di battaglia. D’altro canto attorno alla sua figura ha saputo mettere insieme una serie di esperienze reali che si muovono all’interno della città di Napoli, e soprattutto ha saputo accendere l’orgoglio e la speranza dei napoletani di vedere la loro città finalmente non più vittima di Camorra, Berlusconi o Bassolino.

Ma soprattutto il voto di Napoli, moto di dissenso diffuso e trasversale verso le destre e la sinistra, è carico di un dato straordinario: il superamento delle clientele, di destra e di sinistra, su cui si fonda il sistema politico campano. Un superamento che in caso di vittoria di De Magistris al ballottaggio si tradurrebbe in una marginalizzazione completa delle stesse, visto che in consiglio comunale si troverebbero in minoranza, probabilmente all’anno zero della storia della città. Altro dato importantissimo è che il malgoverno di Bassolino e dei bassoliniani non si sia tradotto in una definitiva fuga a destra dell’elettorato, come già prefigurato dalle elezioni regionali e provinciali.

La città si è rifiutata di mettersi nelle mani di Lettieri, uomo di Cosentino e Berlusconi, che non ha avuto remore a candidare nella lista civica “Liberi per Lettieri” esponenti di Casa Pound, quei personaggi che non hanno esitato a farsi conoscere pubblicamente rendendosi protagonisti dell’accoltellamento di 3 studenti davanti alla facoltà di lettere e filosofia.

In questa città abbiamo già assaggiato sufficientemente cos’ è l’arroganza del Pdl napoletano: le scorribande dei ragazzotti in motorino che terrorizzano il centro della città con tanto di bandiere di Lettieri e le ronde punitive per chi ha osato contestare il candidato “sindaco” fin dentro le piazze degli studenti.

Siamo abituati ad avere una visione massificata di Napoli e dei napoletani sempre piegati sotto l’egida della camorra, delle lobbies locali e di una classe politica consumata dal clientelismo; la vera novità è la volontà fortissima espressa nel voto a Napoli di dare un segnale di vitalità e voglia di un cambiamento radicale.

Nessuno oggi può avere la certezza che De Magistris possa garantire il cambiamento in questa città; soprattutto per noi rimane valido un punto fondamentale, che inevitabilmente appanna l’entusiasmo che in questo momento ci porta a tifare rigorosamente contro le Lettieri, per De Magistris: il cambiamento non viene da un uomo solo.

Non siamo infatti abituati a ragionare sulle qualità o sulle opportunità offerte da un singolo, non siamo abituati a ragionare nei termini della fiducia.

Crediamo ed abbiamo fiducia solo nella ricchezza infinita delle comunità, questo si, l’unico spazio reale e sano per l’auto-governo delle nostre vite. Tutto quello che esiste oltre, può essere affrontato strumentalmente solo nei termini del controllo democratico dal basso, un meccanismo che in parte è stato costruito da quella parte di cittadinanza e di movimento che si è investita in prima persona nelle liste civiche in sostegno a De Magistris, non per noi che abbiamo fatto una scelta diversa.

Ma il vento di cambiamento che soffia a Napoli, con tutti i suoi limiti, è oggi troppo importante per essere ignorato. Questo vento oggi porta il nome di De Magistris, delle sue liste civiche, del suo legame con le esperienze dal basso e di una idea di società molto più confortante di quella proposta dalle destre, dal berlusconismo e dal bassolinismo. E’ un vento a tratti entusiasmante che si oppone a quell’incubo che sono le destre e la camorra e in forte discontinuità con la sinistra del malgoverno e del clientelismo. E’ un vento che spira contro le destre, oltre la sinistra. Ma è un vento che segna anche un’ulteriore forte personalizzazione della politica, e questa cosa ci spaventa.

D’altro canto, il fatto che al ballottaggio vada un candidato che ha scelto nel suo programma il piano alternativo sui rifiuti dei comitati per la salute e per l’ambiente, è sicuramente una vittoria dei movimenti di questa regione. Cosi come i candidati nelle liste civiche, scelti tra i movimenti e tra i tanti cittadini e cittadine della città, possono essere uno strumento di partecipazione e controllo dal basso sul prosieguo del percorso. Ciò che succederà sicuramente non è prefigurabile adesso, quello che però è sicuro e che una svolta in questo paese sta avvenendo.

Per questo abbiamo scelto di soffiare su questo vento, perchè se crediamo che il cambiamento venga sempre dalle lotte sociali e dalla costruzione di processi costituenti dal basso, sappiamo anche che ad oggi questi sono su un equilibrio molto instabile che vede nel ballottaggio del prossimo 29 e 30 maggio una data cruciale. Il nostro sguardo va immediatamente ai 3 si del referendum del 12 e del 13 giugno, il cui esito, sia nella psicologia collettiva, sia nel cambiamento reale che si prefigura post elezioni, può esserne profondamente segnato.

Il vento soffia in tante direzioni e domanda una forte discontinuità.

Noi..soff(r)iamo verso la riconquista!