Articolo tratto da "Città Flessibili", il nuovo libro di Corrado Poli, autore di "Rivoluzione Traffico"

Alta velocita': come cancellare le città e sentirsi innovatori

L'assurdità delle "ragioni" dell'ingengner Moretti, AD di FS

30 / 10 / 2009

Verso la fine del dicembre 2008, finalmente si inaugurò la linea ad alta velocità ferroviaria che collega Bologna a Milano in un’ora. Paolo Costa, Commissario straordinario, responsabile della gestione politica dell’opera trionfalisticamente dichiarò ai giornali: “Come non esprimere soddisfazione per l’apertura del tratto (Milano-Bologna) ad altra capacità della linea Milano-Roma?”. Costa è ormai un politico a tempo pieno, ma ha costruito la sua carriera presentandosi come un tecnocrate illuminato e professore di Economia. I suoi schemi interpretativi e le sue proposte operative sono però invecchiati da tempo. Avrebbe dovuto usare un linguaggio più prudente e articolato degno di un accademico. Invece, poiché la conoscenza tende sempre all’opportunismo – come sosteneva Gunnar Myrdal – Costa ha rifiutato ogni discorso critico sugli effetti dell’opera e sulla opportunità di essa. Allorquando era un giovane docente, Costa affascinava noi studenti con la modernità e l’entusiasmo delle sue idee. Ma da buon economista ha economizzato anche su quelle e non le ha più cambiate. Poiché nel frattempo ha conseguito posizioni di potere grazie a tali idee, non ha creduto opportuno sottoporle a critica contribuendo così alla conservazione, agli affari delle imprese obsolete e alla devastazione dell’ambiente.

Sulla realizzazione della linea ad alta velocità tra Milano e Bologna non solo è possibile non esprimere soddisfazione, ma è opportuno valutare i danni che essa comporta al sistema delle città medie italiane e all’organizzazione del territorio nazionale. Il meglio che si può dire è che si tratta di una politica di sottosviluppo.

Sarà anche vero che, sul tratto Milano-Bologna, un numero esiguo di utenti guadagna una mezz’oretta di viaggio durante la quale avrebbe letto il giornale, fatto qualche telefonata, risposto a una mail. Ma quanto costa alla collettività questa mezz’oretta non del tutto risparmiata da poche persone? Non ci si ferma più a Piacenza, Parma, Reggio e Modena, così come non ci si vorrebbe fermare più a Vicenza sulla tratta Milano-Venezia e già non ci si ferma più ad Arezzo o a Vercelli e Novara, sognando di evitare soste anche a Verona e Padova per arrivare, chissà dove, ma prima. Costa sogna un’Italia fatta di pochi centri: negli anni settanta teorizzava l’idea, poi rivelatasi fallimentare, di uno sviluppo polarizzato su poche metropoli. Era un’idea comprensibile e aggiornata allora. In seguito fu smentita dai successi della Terza Italia e dalla crisi delle metropoli che portarono alla conclusione, più volte sottolineata in questo saggio, che la qualità della vita più elevata e i maggiori successi economici si riscontrano nelle città medie. Tra queste città medie quelle emiliane si distinguevano collocandosi regolarmente ai primi posti nelle graduatorie italiane sulla vivibilità e la ricchezza. Numerose critiche all’Alta velocità sono state sollevate in altri paesi europei – soprattutto in Germania – che hanno realizzato tra mille contrasti infrastrutture simili inadatte alla struttura urbana di essi. Così l’Alta Velocità pensa bene di penalizzare proprio le città medie e quelle emiliane in particolare.

Costa pensa agli interessi di una classe dirigente che si muove rapidamente su tutto il territorio nazionale. Agli altri cittadini viene imposto uno stile di vita funzionale alle esigenze di costoro. Li si costringe a viaggiare per potere giustificare le opere che servono solo all’esigua classe dirigente … per viaggiare (anche), ma soprattutto per gestire ingenti capitali nella costruzione di queste infrastrutture applicano tecnologie da terzo mondo. Non può che tornare alla mente la ferrovia super veloce che collega l’aeroporto di Shangai alla città. Un giocattolo costoso e inutile. Questa ferrovia non porta in città, ma in un luogo lontano da tutto da cui si accede in città con normali taxi o autobus. Però in questo luogo decentrato quasi quanto l’aeroporto ci si va a trecento all’ora! Il caso italiano non è concettualmente dissimile: si applica una tecnologia sono perché esiste e chi la vende riesce a imporla grazie al sistema della finanza statale e regionale centralizzate. I cittadini di Parma e Modena, Reggio e Piacenza pagano con le loro tasse l’Alta Velocità solo per vedersela passare sotto casa!

I costi sostenuti per risparmiare una mezz’ora su tre ore e mezzo (circa) tra Milano e Bologna vanno dagli impatti ambientali ai consumi energetici che andrebbero rapportati ai benefici prodotti da spese più utili e davvero adatte ai tempi correnti.

A Costa, che si presenta come un accademico economista il quale dovrebbe tenere fede al ruolo di persona capace di pensiero critico, non si può perdonare la semplificazione opportunistica dei problemi. La si può perdonare più facilmente all’anima candida dell’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, un semplice ingegnere il quale ha comicamente affermato: “oggi si mette meno tempo ad andare da Milano a Bologna che ad attraversare Milano o Roma”. Esattamente! Ha mai pensato che sarebbe meglio realizzare infrastrutture che consentano di muoversi meglio nelle città e nelle regioni piuttosto che costruire costosi e inutili giocattoli? L’Italia e gran parte dell’Europa da questo punto di vista sono quanto di meno adatto ai treni da 300 all’ora per la presenza di città e cittadine che sarebbero molto più beneficiate da un sistema di mobilità metropolitano efficace o di un trasporto merci ferroviario che sottragga camion e polveri sottili dalle autostrade. Per non parlare di migliori servizi e organizzazione che avrebbero anche maggiori ricadute economiche di una tecnologia del XIX secolo, la ferrovia, appena un poco aggiornata solo dal punto di vista dell’aumento della velocità e della potenza. Una soluzione esclusivamente muscolare: la stessa differenza che c’è tra un atleta e un palestrato. Il primo capace di abbinare agilità, intelligenza tattica, controllo delle emozioni, relazioni con i compagni di squadra e gli avversari; l’altro dotato di una forza inutile e fine a se stessa.

Rapito nell’adorazione di questa opera che nasce vecchia, Costa si lascia andare all’immaginifica (e drammatica nella sua inconsistenza) visione di un’Italia a forma di immensa T, dove i bracci della croce sono le linee ad alta velocità che vanno da Torino a Venezia e da Milano a Napoli. Come se l’Italia non fosse anche e soprattutto quello che sta attorno alla grande croce. Moretti alla radio si vantava che da oggi si può lavorare a Milano e risiedere a Bologna! A parte i costi economici privati e collettivi di un tale stile vita, questo significa negare la peculiarità italiana (ed europea, tedesca e olandese in particolare) delle città medie e piccole che hanno fatto la fortuna del paese e lo stanno salvando dalla crisi. Quanto costerebbe investire per ridurre l’esigenza di muovere persone inutilmente? Il treno-missile Milano-Bologna o Milano-Venezia sottrae risorse ad altri investimenti a favore delle città e dei centri minori di cui è costellata l’Italia settentrionale. Quanto costa ai cittadini di Parma e Modena la possibilità data ai soli bolognesi di correre a Milano? L’Alta Velocità è come una gomma che cancella tutto quanto sta in mezzo! E chi sta in mezzo è costretto a pagare per farsi cancellare! Per fare queste opere è necessario che i Sindaci e gli amministratori locali siano esponenti del potere centrale che garantiscano il consenso locale contro l’interesse dei propri cittadini.

Con una visione più aggiornata dello sviluppo, le risorse potrebbero andare alle telecomunicazioni e alla formazione di lavoratori qualificati italiani anziché di operai stranieri che ormai sono i soli a lavorare nei cantieri che devastano il territorio. Dati recenti dicono che in Italia l’uso di Internet è bassissimo e in riduzione! I siti web italiani sono quanto di peggio esista al mondo. I servizi italiani sono in generale da terzo mondo e, quindi, come nel terzo mondo si realizzano grandi opere all’antica, qual è Alta Velocità, sulla base di interessi e intrecci economico finanziari di cui la politica è succube.

Con l’alta velocità si sceglie la via della capitale nel deserto. L’alta velocità ridurrà la scelta di insediare attività tra Bologna e Milano e concederà un ulteriore vantaggio al capoluogo lombardo a danno di tutti. Queste operazioni sono condotte da una classe dirigente nazionale che può meglio esercitare il proprio potere controllando i pochi gangli del sistema urbano. La possibilità di muoversi agevolmente da un luogo all’altro peraltro è proprio un’esigenza di pochi dirigenti di livello nazionale. Per soddisfare le esigenze di costoro, si impongono stili di vita e di consumo anche a una schiera molto più folta di cittadini. I bolognesi potranno pendolare su Milano dove è più facile trovare un posto di lavoro. Ma sarà ancora più facile trovarlo poiché molti bolognesi vi passeranno parte del loro tempo. Questi posti di lavoro andranno perduti invece a Bologna e in tutte le città medie by-passate e cancellate.

L’unica buona notizia è che le città medie hanno una grande vitalità e qualità della vita. Potranno in qualche modo difendersi dall’attacco loro portato dallo stato centrale. Ma rimane la grande ingiustizia della loro penalizzazione in termini di spesa pubblica e di politiche idonee allo loro valorizzazione. Questa ingiustizia è possibile poiché i gruppi dirigenti delle città medie sono stati cooptati dai gruppi dirigenti statali e operano come loro mandatari, terminali del potere centrale. L’affermarsi di gruppi dirigenti locali autonomi sarebbe un passo decisivo verso la secessione politica. In effetti gli Stati, e quello italiano in particolare, a partire dal dopoguerra, sono riusciti ad avere ragione delle autonomie locali grazie alla struttura verticistica e romana dei partiti. La DC del dopoguerra, per la paura di perdere i territori dominati dal PCI, teneva sotto controllo le spinte autonomiste. Per tenere tranquillo il PCI consentiva ad esso autonomia nelle regioni da esso governate sicura che la struttura verticistica e romana del PCI permetteva il controllo delle classi dirigenti locali. Il modello italiano di rapporti tra centro e periferia, come in altri Stati, ha riguardato la progressiva imposizione del primo sulla seconda. La globalizzazione rimescola le carte e apre a nuove possibilità. www.corradopoli.net