Giornalismo o reputation cleaning? Di Genovese, de Il Sole 24 Ore e altre storie

18 / 11 / 2020

É ormai conosciuta l’orribile vicenda che coinvolge Alberto Genovese, attualmente sottoposto alla custodia cautelare in carcere con le accuse di violenza sessuale, lesioni, spaccio e sequestro di persona, in seguito ai fatti della notte del 10 Ottobre. Abbiamo appreso cosa abbia dovuto subire una ragazza di 18 anni, un racconto che, circa un mese dopo l’avvenimento, è stato riportato su tutta la stampa nazionale con dovizia di particolari.

Quello su cui mi vorrei concentrare, però, è l’articolo apparso su Il Sole 24 Ore, sul quale si è aperta una grande polemica, visto il modo in cui si racconta la vicenda di Genovese. 

Ma andiamo con ordine. 

La prima questione che dobbiamo cercare di affrontare, che è quella che mi ha fatto venire diversi dubbi è: perché proprio Il Sole 24 Ore affronta questa storia? 

Sappiamo che Il Sole 24 Ore affronta principalmente argomenti legati al mondo dell’economia, della finanza e del diritto, e che sicuramente non si occupa di episodi cronaca nera. Fatta questa premessa, torniamo alla domanda e cerchiamo di capire perché la redazione abbia deciso di dare spazio ad un articolo che si occupi della vicenda. Vediamo che in realtà si racconta la figura di Genovese in quanto imprenditore. Come abbiamo letto su tutti i giornali è il fondatore di facile.it - è però puntualmente ribadito che non abbia più legami con questa impresa che ha venduto nel 2014 - ha investito nel mondo assicurativo, dell’hi-tech e quant’altro. Ho trovato conferma dell’idea che mi ero fatta nel virgolettato che ha destato così tante polemiche, che vi riporto integralmente:

“Un vulcano di idee e progetti che, per il momento, è stato spento. Alberto Maria Genovese, 43 anni, imprenditore napoletano lombardo di adozione, dopo la laurea in Economia all’Università Bocconi di Milano, non si è fermato un attimo. Sarà ora costretto a fermarsi in prima persona - almeno per un po’ e in attesa degli sviluppi giudiziari, dopo il fermo per accusa di violenza sessuale il 7 Novembre 2020”. 

A questo punto sorge un altro dubbio: cosa c’entrano la posizione sociale, il suo status di imprenditore geniale, con quanto è accaduto quella notte? 

Attenzione, non voglio assolutamente sminuire o rimuovere il fatto che la posizione sociale di Genovese, le sue grandi disponibilità economiche, la sua influenza sulle persone, non siano stati elementi determinanti nella commissione del fatto; ma anzi voglio confermare che lo stupro è una questione di potere, di esercizio e di abuso dello stesso. 

Nonostante questo, non capisco il bisogno di valorizzare l’ingegno di una persona domina la cronaca poiché capace di seviziare per 24 ore consecutive una ragazza di 18 anni, che per la maggior parte del tempo è rimasta incosciente, al punto che il Gip nella sua ricostruzione l’ha descritta come “un corpo privo di vita, una bambola di pezza”. Oltretutto sembrerebbe che non sia la sua unica vittima. 

A partire da questi due dubbi e dalla difficoltà di trovare una risposta complessivamente sensata, si è aperta un’altra ipotesi nella mia mente, cioè che fosse un’operazione di reputation cleaning. 

Per capire di cosa stiamo parlando dobbiamo muovere dal concetto di “web reputation” o “reputazione online”, con il quale facciamo riferimento ad una attività di raccolta e di monitoraggio di tutti i contenuti online riguardo ad una azienda, una persona, un prodotto, un servizio o altro. Un’operazione che in questo momento storico è assolutamente necessaria ed importante, proprio per questo sono nate figure professionali adibite a questo scopo, che possono diventare eraser o cleaner nel momento in cui debbano occuparsi di “ripulire” l’immagine di chi è finito in qualche gogna dell’internet. Pensiamo, banalmente, a come si possa rimanere indicizzati su google in seguito ad episodi controversi o deplorevoli, ed è proprio qui che intervengono i professionisti, come a voler riabilitare la memoria di chi ha compiuto “un grosso sbaglio”. Per semplificare, parliamo dei Ray Donovan dell’internet.

Battute a parte, tengo a specificare che non per forza questa sia un’attività professionale connotata negativamente, è ben possibile che questa prestazione abbia scopi nobili, pensiamo a tutte le persone vittime di NCII (divulgazione di immagini intime non consensuale) o di cyberbullismo, che si affidano a dei professionisti in questo campo per tutelare la propria privacy, la propria immagine e la propria reputazione. 

Tornando alla nostra vicenda vediamo come sia Il Sole 24 Ore ad iniziare, secondo me, questa operazione di riabilitazione di Alberto Genovese, tramite il virgolettato che ho riportato prima, estrapolato dall’articolo uscito nella sezione abbonati il 9 Novembre.

Mi è sembrata particolare anche la data di uscita dell’articolo, un giorno prima rispetto ad altre testate giornalistiche come TPI, che portano alla luce la vicenda il 10 Novembre, dopo l’adozione dell’ordinanza del GIP di Milano, Tommaso Perna, con la quale si convalidava il fermo, si riconosceva l’esistenza di tutte e tre le esigenze cautelari (pericolo di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato) e sulla base di queste si disponeva la custodia cautelare in carcere, la misura più afflittiva tra quelle disponibili. 

Alla tempistica dell’articolo si aggiungono altre questioni, che sono quelle che più hanno destato disapprovazione da parte dei lettori. Oltre all’elogio dell’imprenditore ci si è stupiti del fatto che non fossero interamente riportate le accuse formulate a suo carico - si cita solo la violenza sessuale, omettendo i reati di spaccio, lesioni e sequestro di persona - e le parole usate per definire l’episodio, come un piccolo imprevisto che costringeva Genovese ad una battuta d’arresto nella sua brillante carriera. 

Lo screenshot dell’articolo incriminato inizia a circolare sui social il 12 Novembre, quindi circa tre giorni dopo la messa in rete dell’articolo. Il virgolettato diventa virale come immagine poiché estrapolato da un articolo inserito nella sezione abbonati, pertanto non fruibile a tutti.

La pagina facebook “Narrazioni Differenti” dichiara infatti di aver ricevuto la notizia grazie alla segnalazione di un loro lettore. A quel punto scatta la polemica che travolge il quotidiano, costretto prima a rispondere alle accuse nei commenti e poi a “rettificare” l’articolo. 

Nei commenti Il Sole 24 Ore si giustifica come segue “L’articolo - scritto nell’immediatezza dell’arresto (il fermo è però del 7 Novembre nda) - ha l’unico scopo di raccontare la storia imprenditoriale di Genovese, come sempre avviene con la vita di ogni protagonista della cronaca. Il testo è stato poi aggiornato anche alla luce delle notizie sempre più terribili sulla vicenda”. Sembrerebbero delle scuse, seppur non piene, ma vediamo cosa succede dopo. 

L’articolo viene modificato il 13 Novembre alle 10.20, la data della modifica è pubblica, così come l’articolo che è diventato fruibile per tutti. La cosa strana è che la notizia della rettifica sui social arriva solo sabato sera, ossia il 14 Novembre alle 20.32, e sul post possiamo leggere quanto segue: “Continua a circolare sui social l’immagine dell’inizio dell’articolo su Alberto Genovese pubblicato all’alba di lunedì 9 novembre. L’articolo racconta la dimensione economica del protagonista, imprenditore di startup. Dopo le primissime segnalazioni, rispetto ad alcune frasi presenti nell’incipit dell’articolo - riservato agli abbonati - siamo intervenuti a cambiarlo perché né per l’autore né per la redazione è accettabile l’equivoco che Il Sole 24 Ore possa difendere persone accusate di fatti così terribili. Tutto questo lo abbiamo ribadito in risposta ai commenti di molti lettori. Ci scusiamo per non aver valutato nella catena di controllo degli articoli come certe frasi trasmettano una visione che Il Sole 24 Ore rifiuta”.

Ecco l'articolo leggibile da tutti: http://s24ore.it/fwX2Qo”. 

Alcune considerazioni sulla rettifica finale.  

Il Sole 24 Ore prima di tutto tiene a specificare che sia circolata un’immagine dell’articolo, che non era pensato per un grande pubblico essendo vincolato alla sezione abbonati, lasciando forse intendere, che questo possa sminuire la gravità di quanto scritto nell’articolo stesso.

In secondo luogo si riferisce all’episodio come ad un equivoco, ossia ad una espressione verbale che si presta ad essere interpretata in più modi, rimettendo la responsabilità anche ai lettori. Infine arrivano delle scuse, ammettendo che ci siano state delle mancate valutazioni nella catena di controllo degli articoli. Con questo post l’articolo, come modificato, diventa leggibile per tutti e arriva l’amara sorpresa. Aprendo l’articolo si legge: “il mondo “facile.it” di Alberto Genovese tra assicurazioni, hi-tech e servizi sul web. Il fondatore di facile.it, arrestato il 7 Novembre 2020, ha ceduto la società nel 2014 ma ha continuato ad investire nel ramo assicurativo creando Prima assicurazioni. I suoi interessi sono concentrati anche sul mondo di internet”.

Il post è cambiato, ma il titolo no, il che fa pensare che, nonostante la dichiarazione di rettifica e l’ammissione dell’errore, l’obiettivo “pulizia” sia stato raggiunto: l’articolo rimarrà indicizzato su google tramite il titolo e già da oggi, 16 Novembre, è il primo risultato nelle ricerche. 

Andando avanti nell’articolo si continuano a narrare le gesta imprenditoriali di Genovese, si continuano ad omettere alcuni capi d’accusa a suo carico e si segnala, riporto testualmente, che “I media lo ricordano, giustamente, come il fondatore di facile.it, un colosso nel campo delle assicurazioni, che però ha venduto nel 2014 per oltre 100 milioni al fondo Oakley al quale nel 2018 si è affiancato il fondo svedese Eqt. Non ha più nulla a che fare con facile.it da ben sei anni”. L’articolo ricostruisce la vita imprenditoriale ma non una parola viene dedicata alla vicenda raccapricciante che lo ha trascinato su tutti i media d’Italia. 

In conclusione, con questo articolo, spero di avervi dato degli elementi nuovi con cui analizzare questa vicenda. I “se” da parte mia sono doverosi, ma credo che questa vicenda possa e debba aprire un dibattito su come i media affrontano questi episodi, e su come si possa essere più consapevoli dei meccanismi che governano il mondo della comunicazione online. Dibattiti fondamentali per formare degli anticorpi che ci consentano di capire cosa succede, al di là della superficie di ciò che vediamo.

Speriamo che, nonostante questi goffi tentativi di pulizia, il web non dimentichi la vicenda, e questa ragazza ottenga la giustizia e la solidarietà che merita.