Fonte: Il Manifesto 09.01.09

Il Portello non si sgombera

9 / 1 / 2009

Padova. Riparte dal quartiere Portello il movimento di lotta per il diritto alla casa. Da questa mattina infatti e per una intera settimana, molte case del quartiere padovano saranno esposte all’ordine di sgombero. Per contrastare eventuali tentativi di sfratto, la neonata Asc padovana, agenzia sociale per la casa, ha dato appuntamento a tutti i cittadini alle sette in zona. Quelle sotto sgombero in questa settimana sono case abitate da precari, disoccupati, singles, giovani coppie e famiglie con bambini anche piccoli.
Le occupazioni del Portello risalgono ai primi anni ’90. “E non dimentichiamoci – dice Francesca Zanotto, dell’Asc – che queste case erano abbandonate, alcune erano fatiscenti e addirittura, dopo l’occupazione, nessuno, né Ater né comune se ne assumeva la ‘proprietà’”. Ora però il quadrilatero del Portello, come viene definito il complesso di case dove ci sono anche quelle occupate, è al centro di interessi non indifferenti.
L’Ater infatti ha, per la zona, un progetto di ‘riqualificazione’ che prevede la costruzione di un contestatissimo autosilos interrato. Una speculazione enorme, per gli abitanti della zona. Le case occupate sono undici, abitate da nuclei variegati. Comun denominatore, sono tutti precari. Ci sono infatti, tra gli altri, un metalmeccanico cassaintegrato con moglie e due figli, una famiglia con un figlio di tre anni e una figlioletta di pochi mesi, tre giovani coppie, un disoccupato. Le altre case sono abitate ‘senza titolo’, nel senso che magari non viene
riconosciuto il diritto al subentro dopo la morte dei genitori.
Sui giornali locali in questi giorni la polemica sulle politiche abitative della giunta Zanonato (centro sinistra) tiene banco, anche per la minaccia di sgombero al Portello. L’assessore alla casa, Daniela Ruffini (rifondazione comunista) ha respinto le critiche che le sono state mosse dagli abitanti del Portello.
Al Mattino di Padova ha infatti dichiarato che “la volontà dell’amministrazione di risolvere la situazione c’è sempre stata e sempre ci sarà. Visto che sento parlare di sgomberi imminenti vorrei precisare che il comune, in questo, non c’entra niente. Stiamo parlando di case di proprietà dell’Ater, occupate dal 1996, in cui noi siamo intervenuti solo per cercare una soluzione”. Per Ruffini dunque la colpa della situazione attuale non è del comune, ma degli occupanti che, a suo dire, dopo aver iniziato una trattativa, non hanno accettato l’offerta di palazzo Moroni. Il Mattino riporta una lettera dell’assessore datata 30 dicembre, inviata a Matteo Giacometti, consigliere del quartiere 3 e occupante di un alloggio.
“Questa lettera è stata inviata, per conoscenza, a tutte le dieci famiglie in questione, alle quali si offre una sistemazione, grazie al progetto Casa Buona, in appartamenti di proprietà comunale, come ci era stato richiesto, con l’affitto previsto da quel tipo di contratto. Una soluzione già accettata, qualche mese fa, da un nucleo di occupanti, la famiglia Rolle, a cui abbiamo trovato un’altra dimora”.
Ma il progetto Casa Buona è per Asc un pagliativo, un modo come un altro per tamponare, non per risolvere la questione. Lo spiega bene Francesca Zanotto dell’Asc. “Il progetto Casa Buona, - dice – avviato dalla gGiunta Destro e gestito dall’attuale assessora senza discostarsi dal carattere caritatevole che lo contraddistingue, è stata l’unica soluzione prospettata nell’ambito del tavolo di confronto. Ma si tratta di una soluzione transitoria al problema della casa perché prevede contratti di locazione di massimo due anni.
Il problema viene quindi solamente spostato nel tempo e non risolto”. Non solo: Casa Buona è un progetto che, sostiene l’Asc, impegna risorse che non vanno ad accrescere l’offerta strutturale del comune, ma finiscono direttamente nelle tasche di privati che mettono a disposizione dell’assessorato case spesso non ristrutturate e fatiscenti, dagli straordinari oneri condominiali. “Questo progetto, - insiste Zanotto – e questa è la cosa più grave, è l’unica iniziativa messa in campo dall’attuale amministrazione e da quelle precedenti, per far fronte alle situazioni di precarietà abitativa nell’ambito delle politiche abitative cittadine”. Per questo il movimento di lotta per il diritto alla casa ha scelto di rifiutare questo modo di gestire le politiche dell’abitare. “Abbiamo rifiutato – insiste Zanotto – le briciole che ci sono state proposte e che vengono quotidianamente proposte come unica soluzione in tutta la città, perché non è di pietà che abbiamo bisogno, non siamo alla ricerca dello spirito caritatevole di qualche amministratore compassionevole”.
L’Asc dunque chiede politiche abitative innovative, coraggiose e adeguate alla realtà dei giorni nostri. “Metterle in campo – sostiene Zanotto – è possibile, come dimostra l’esperienza della città di Venezia, dove l’amministrazione e l’Ater, insieme all’Agenzia Sociale per la Casa (Asc) si sono accordati per iniziative che guardano ad una realtà sociale cittadina profondamente modificata ed a una composizione sociale nuova: si parla di accesso al credito agevolato con garanzia del comune stesso, di possibilità di acquisto di case da parte di cooperative sociali, di progetti di auto-recupero degli alloggi che permettono tra le altre cose di preservare il patrimonio pubblico lì dove l’Ater o gli enti gestori, non fossero in grado di intervenire”. Perché quello che viene contestato alle politiche abitative della giunta padovana è che non “ci troviamo di fronte semplicemente situazioni marginali o ‘casi sociali’, disperati senza tetto. Oggi – sottolinea ancora Zanotto – chi ha occupato una casa sfitta e abbandonata, chi è escluso dalla possibilità di accedere ad un alloggio, è nella maggior parte dei casi un semplice precario, uno studente-lavoratore, sono coppie di intermittenti del lavoro a progetto o di famiglie con più redditi ma comunque insufficienti a far breccia nel mercato privato, per non parlare dell’accesso al credito. E’ con questa realtà che le politiche abitative di una città devono fare i conti”. Casa Buona parla invece “lo stesso linguaggio retorico di chi distribuisce un pezzo di pane il sabato, o di chi propone la social card come misura anti-crisi: il linguaggio della povertà, della carità e della compassione, mai quello dei diritti”.
Il movimento di lotta per il diritto alla casa rivendica di aver risposto in questi anni con la pratica delle occupazioni, dell’auto-assegnazione degli alloggi abbandonati, ricostruendo per moltissimi singoli e nuclei familiari la possibilità di un alloggio dignitoso, preservando al contempo il patrimonio pubblico e denunciando le enormi contraddizioni nella gestione delle politiche abitative. Così oggi, ricorda Zanotto, “a Padova, le case vengono assegnate ancor prima di essere ristrutturate e moltissime operazioni di sottrazione del patrimonio pubblico sono state smascherate”. Quanto alla lettera di cui parla l’assessore Ruffini, inviata a tutti gli occupanti, Francesca Zanotto ribadisce che “nessuno degli occupanti delle case del Portello ha mai ricevuto alcuna lettera o comunicazione da parte dell’assessorato. Le parole dell’assessore o l’ipotetica lettera, sembrano quindi un tentativo di riparare frettolosamente ed in maniera maldestra ad una rottura della trattativa che con lo sgombero di Pontevigodarzere è stato lo stesso assessorato, non noi, ad imporre”.
Zanotto fa riferimento allo sgombero, lo scorso 20 novembre, di undici famiglie di cittadini migranti “L’assessore Ruffini, - sottolinea Zanotto – che si dice estranea alle ipotesi di sgombero, salvo poi precisare che non fermerà certo gli ufficiali giudiziari nello svolgimento degli sfratti, forse ha dimenticato la vergognosa operazione condotta anche dal suo assessorato a Pontevigodarzere. Nonostante le promesse e l’impegno di trovare nuove sistemazioni per gli sgomberati entro il 15 dicembre, ad oggi, solo due singles hanno avuto un alloggio”.
Per ribadire tutto questo, partendo dalla difesa degli sfratti del Portello, riparte la mobilitazione del movimento per il diritto alla casa e dell’Asc, “perché vengano pensate, immaginate e realizzate politiche abitative concrete”. E anche per ribadire, come dice lo slogan delle ‘giornate di resistenza’ organizzate a partire da oggi, ‘noi la vostra crisi non la paghiamo’.