Il crollo di Cosentino e le sue amicizie particolari

Il Salvo Lima di Casal di Principe. Atto finale.

di Emiliano Di Marco

16 / 7 / 2010

Il 24 settembre 1997 assume l'incarico di Coordinatore di Forza Italia per la Provincia di Caserta. Da questo momento, Nicola Cosentino sceglie di mettere la sua esperienza e la sua energia (Sic!) al servizio della crescita del partito.
(dalla biografia di Nicola cosentino pubblicata sul sito del governo http://www.governo.it/Governo/Biografie/sottosegretari/cosentino_nicola.html
)

Ormai i fili sono scoperti. Lo schermo televisivo si è rotto e l'immagine che si intravede (per ora ancora solo frame intermittenti) ci mostra quello che è stato ed è tuttora il potere in Italia dalla seconda metà degli anni '70 ad oggi. Un connubio affaristico-mafioso, un'economia fondata in larga parte sul riciclaggio dei proventi del mercato della droga nel circuito bancario e della finanza off shore, sull'infiltrazione mafiosa nelle imprese, sulla gestione pilotata dei finanziamenti pubblici, sul disprezzo delle regole e sull'impunità, sul controllo biopolitico delle vite di milioni di persone condannate a vivere gli scarti della rappresentazione di una democrazia formale, di facciata, impenetrabile allo sguardo, senza vertici visibili. Un potere basato sul ricatto: l'equilibrio di un sistema di alleanze interdipendenti in cui, come in una guerra per bande, un pezzo di potere ricattava e ricatta un altro pezzo di potere...
Interi territori del paese a sovranità limitata, dove non è stato tralasciato niente al caso: hanno usato tutto ciò di cui potevano disporre per fare cassa e potere, inquinando e cementificando, distruggendo l'ambiente, opprimendo, terrorizzando ed uccidendo, divorando montagne e riempendole di merda...ed infine militarizzando ed imbavagliando la società e l'informazione...uno dei peggiori incubi mai visti in Europa occidentale negli ultimi sessant'anni.

L'ultima squallidissima vicenda del dossier confezionato per screditate la candidatura di Stefano Caldoro è solo l'inizio dell'atto finale, che per il momento vede per protagonista il sottosegretario all'economia, con delega al CIPE, Nicola Cosentino, nato il 2 gennaio del 1959 a Casal di Principe, figlio di Olga Schiavone (parente di Francesco Schiavone detto “Sandokan” secondo il pentito Carmine Schiavone) e Silvio Cosentino, detto “o'mericano” dal soprannome di famiglia (che deriva dal fatto che la madre del papà di Nicola emigrò negli USA quando ancora era adolescente, agli inizi del '900).
Come abbia fatto Silvio Cosentino, un uomo che ha avuto diversi problemi con la giustizia, ad erigere dal nulla un impero che fattura oggi quasi 200 milioni di euro è un'altra storia che ha dell'incredibile, buona per gli illusi che credono alle barzellette di Berlusconi sul sogno americano (in provincia di Caserta?). Basta vedere il rispettabile curriculum del godfather dei Cosentino, degno quasi di un militante anarco-insurrezionalista (se non fosse che siamo nella Terra dei Mazzoni...): danneggiamento di edifici militari, lesioni personali, tentata truffa, sequestro di persona (risalente ad appena due anni prima della nascita di Nicola).

Un potere che emana l'odore della violenza mafiosa e che prosegue nella dinasty dei fratelli Cosentino: il più grande dei fratelli di Nicola, Giovanni, nato nel 1954, è sposato con Maria Diana, figlia di Costantino Diana detto “o'repezzato”, arrestato nell'ambito dell'operazione Spartacus I (deceduto però prima della sentenza); Mario, nato nel 1965, residente a Formia (LT) invece è sposato con Mirella Russo, sorella di Giuseppe Russo, detto “Peppe ’u padrino”, boss di rilievo del “clan dei casalesi”, arrestato da latitante in Germania, all'ergastolo con il 41 bis; Aurelio, nato nel 1966, sposato con Giuseppina Diana, figlia di Emilio Diana, arrestato nell'ambito nell’ambito dell’operazione Spartacus II con una imputazione per associazione a delinquere di stampo mafioso; un cugino di primo grado, Palmiro Giovanni, nato nel 1974, figlio del fratello di Silvio Cosentino, Aldo, è sposato con Alfonsina Schiavone, figlia di Francesco Schiavone di Luigi, detto “cicciariello”, uno dei boss “casalesi” (attualmente all'ergastolo con il 41 bis), cugino di primo grado di Francesco Schiavone detto “Sandokan”.

E' nel 1975 che Silvio Cosentino, da vero self-made man crea la ditta di famiglia, oggi la Aversana Petroli S.p.A., che nel corso degli anni diventerà l'impero della famiglia, composto: da Aversana gas, Aversana Petroli, Immobiliare 6C e Agripont.
Tra il 2002 ed il 2003, grazie ad una serie di accordi con Eni ed Agip, i Cosentino mettono le mani su 150 distributori sparsi per l'Italia, acquisendo la società Ip Service, ma il vero e proprio salto di qualità avviene con la realizzazione di una centrale termoelettrica a Sparanise (CE) da 800 MW, realizzata su decisione del ministro Marzano (governo Berlusconi) sui suoli di due società, nei fatti di proprietà di Giovanni Cosentino, che hanno comprato e poi rivenduto a Calenia Energia per 9.3 milioni di euro. L'assetto della società che gestisce l'impianto, la Calenia energia, merita di essere descritto per comprendere la complessa struttura a scatole cinesi che caratterizza il modello d'impresa all'italiana: l'85% di Calenia energia appartiene alla multinazionale svizzera Egl, il 15% ad Hera Spa, con sede legale in una delle strutture della Aversana Petroli S.p.A. la quale controlla, per il 50,01%, una società chiamata Hera Comm Mediterranea, il cui restante 49,99%, è della Scr (Società commercio e rappresentanza srl), a sua volta controllata da una fiduciaria, la Montepaschi Fiduciara spa, che detiene il 100% di Scr. Nel consiglio di amministrazione di Scr troviamo Giovanni Cosentino, oltre a qualche allevatore di bufale e qualche amico di vecchia data.

Un vero Tycoon dell'imprenditoria casertana non si ferma mai e gli shumpeteriani Cosentino & bros, spalleggiati da Nick, mentre realizzavano l'affare della centrale di Sparanise, programmavano anche la realizzazione di un termovalorizzatore a Santa Maria la Fossa, tra Casale e l'aeroporto di Grazzanise, nella zona di Francesco Schiavone detto “cicciariello”, proprio di fianco al terreno di Ferrandelle confiscato a Sandokan, dove sono stati sistemati un milione di metri cubi di “ecoballe”, un'area grande quanto una città.
Le mire di famiglia intanto ambivano alla presidenza della Regione Campania, destinataria dei fondi “Obiettivo 1” ancora per qualche anno. Peccato però che qualche collaboratore di giustizia si sia deciso a parlare...

Gaetano Vassallo, l'imprenditore dei rifiuti referente di Francesco Bidognetti nel consorzio Eco4, ed altri collaboratori di giustizia, come Luigi Diana, Michele Orsi, Carlo Savoia (presidente Eco4) e Giuseppe Valente (presidente di CE4), già a partire dal 2005 avevano chiarito ai magistrati le parentele criminali tra i fratelli Orsi e Mario Iovine, (uno dei fondatori del clan dei Casalesi) e con Francesco Bidognetti, nonché degli affari relativi alla costituzione del superconsorzio Impregeco, costituito da CE4 e NA1 e NA2 (questi ultimi due gestiti in quota DS), le aggiudicazioni delle gare d'appalto truccate del consorzio Eco4, e la costituzione della società mista CE4 : una delle camere di compensazione degli interessi tra i casalesi ed i “politici”.
Altre dichiarazioni importanti sono state fatte da Dario De Simone, Domenico Frascogna e Raffaele Ferrara (tutti uomini degli Schiavone) e dal super-pentito Carmine Schiavone, i quali chiamano in causa Cosentino identificandolo nel garante del patto tra i due clan dei Bidognetti e degli Schiavone. Ma l'estromissione dei Bidognetti dal territorio di competenza di “cicciariello” avrebbe portato all'esclusione delle imprese a loro collegate, come ha rivelato Vassallo:

«Cosentino mi spiegò, vista la mia palese delusione, quali erano le vere ragioni della mia esclusione dal consorzio (…). Mi spiegò che ormai gli interessi economici del clan dei Casalesi si erano focalizzati, per l´attività in questione, nell´area controllata dagli Schiavone (in particolare, Cicciariello aveva potere su tutto il territorio di S. Maria La Fossa) e che, pertanto, il gruppo Bidognetti era stato «fatto fuori» in tale area; ne derivava la mia estromissione. In poche parole, Cosentino mi disse che si era adeguato alle scelte fatte «a monte» dal clan dei Casalesi che aveva deciso che il termovalorizzatore si sarebbe dovuto realizzare in quel comune, e che anche l´affare del Consorzio Ce4/ECo era uno degli affari degli Schiavone. Egli, pertanto, aveva dovuto seguire tale linea ed avvantaggiare solo il gruppo Schiavone nella gestione dell´affare».

Ma rimandiamo indietro la pellicola di un paio di decenni e torniamo agli anni '70, segnati, in provincia di Caserta e nel basso Lazio, dall'ascesa del boss sanciprianese Antonio Bardellino.
La trasformazione della “camorra rurale” dei Mazzoni in vera e propria “mafia imprenditrice”, avvenuta negli ultimi trent'anni, si può comprendere solo prendendo in considerazione la presenza “casuale”, nella prima metà di quella decade, di boss mafiosi destinatari di misure di soggiorno obbligato in Campania come: Stefano Bontate e Mario Alonzo a Qualiano; Totò Riina a Frattaminore; Gaetano Riina, fratello di Totò Riina, a Caivano; Salvatore Bagarella (fratello di Leoluca Bagarella) a Frattamaggiore; Giacomo Di Salvo a Marano; etc.
I mafiosi siciliani erano alla ricerca di alleanze per l'egemonia delle rotte del contrabbando e della doga nel mediterraneo, all'epoca contese con i marsigliesi ed i napoletani “autonomi”. All'inizio degli anni '70 entrano così in rapporto con camorristi napoletani, la città partenopea essendo un nodo strategico di “traffici”: il procidano Michele Zaza per primo, e sopratutto i Nuvoletta di Marano, la cui masseria di Poggio Vallesana diventerà una vera e propria base logistica e crocevia di Cosa Nostra in Campania.

Bardellino, all'epoca carrozziere ed a capo di una banda di ladruncoli di tir, venne affiliato prima come braccio armato dei Nuvoletta, legati ai Corleonesi di Luciano Leggio, Totò Riina, Francesco Di Carlo, Bernardo Brusca e “Binnu” Provenzano, poi la sua carriera proseguirà come boss autonomo dei Mazzoni, legato ai palermitani Stefano Bontate e Tommaso Buscetta, l'ala moderata di Cosa Nostra che era entrata in rapporti con la massoneria deviata ed aveva stabilito rapporti con gli ambienti della finanza vaticana e lombarda, in particolare con Roberto Calvi e Michele Sindona. Il prestigio di Bardellino, il quale strutturerà il suo clan su un modello federativo, crescerà sempre di più negli anni '80, estendendosi fino al basso Lazio ed all'agro pontino. Con la fine della guerra contro i cutoliani, che volevano essere autonomi da Cosa Nostra (preferendo i rapporti con la n'drangheta, in particolare con i De Stefano-Piromalli), il potere di Bardellino si accresce rimanendo inalterato sia dopo la morte di Bontate, sia dopo il vittorioso scontro militare con i Nuvoletta, che lo porterà a diventare uno dei più potenti boss della Campania.

Insieme ad Umberto Ammaturo e Buscetta, Bardellino è stato tra i primi a costruire i canali per l'importazione della cocaina (il “petrolio bianco”) in Italia, tramite la rotta brasiliana, alleandosi con i cartelli dei narcos, stabilendo una sede logistica in Brasile ed una strategica a Santo Domingo (dove era entrato anche nelle grazie del presidente della Repubblica...), utilizzando il litorale domizio come luogo indisturbato di sbarco della droga e del contrabbando e riciclando i capitali nella produzione del calcestruzzo, nelle imprese edili e nella finanza, nei mercati ortofrutticoli dell'agro pontino, alleandosi con la banda della Magliana per i traffici di droga ed il riciclaggio nella capitale, infiltrando propri uomini nei partiti politici (il fratello Ernesto è stato sindaco di San Cipriano per il PSI).

E' questo lo scenario in cui comincia a muovere i primi passi in politica Nicola Cosentino quando giovanissimo, nel 1978, viene eletto consigliere comunale a Casal Di Principe con il PSDI, scelta obbligata perchè la DC casertana era all'epoca dilaniata tra le correnti di Manfredi Bosco, figlio del pluriministro, ras e massone casertano Giacinto Bosco, gli andreottiani, la corrente di base di De Mita ed i dorotei.

Il 1980 è un anno spartiacque per la Campania, con il terremoto e l'emergenza della ricostruzione si salda il patto tra politica e camorra, alla base anche della sanguinosissima guerra tra i cutoliani ed il cartello della Nuova Famiglia, mentre sulle provincie di Napoli, Caserta ed Avellino piovono migliaia di miliardi, capitali che porteranno a cambiare per sempre il disegno urbanistico di città e paesi, i profili delle coste e delle campagne, modificando il tessuto economico, produttivo e sociale, costruendo la base di quel terziario mafioso che è ancora oggi la struttura portante della “borghesia” casertana. Una devastazione che oggi si può vedere anche dal satellite, basti solo pensare alle montagne divorate abusivamente solo per per la produzione degli inerti da utilizzare per il calcestruzzo.

Nicola “o'mericano”, nel 1980, viene eletto alla provincia di Caserta, sempre con il PSDI, grazie anche ai buoni benzina da 50 lt che Silvio Cosentino elargiva agli elettori, continuando una diligente scalata che lo porterà nel giro di pochi anni a diventare prima assessore con delega ai Servizi Sociali (dal 1983 al 1985), poi assessore alla pubblica istruzione, dopo essere stato rieletto nel 1985, ed infine al prestigioso assessorato all'agricoltura, dopo il 1991.

Proprio in quegli anni, a partire dalla seconda metà degli anni '80, la moribonda agricoltura casertana ebbe nuova vita, con lo sfruttamento intensivo della forza lavoro immigrata, e le ben più redditizie truffe all'AIMA ed all'INPS, con la falsificazione della pesatura nei centri per lo “scamazzo” e la registrazione clientelare dei finti braccianti italiani per ottenere il contributo di disoccupazione.

La fine degli anni '80 porta il primo radicale ricambio generazionale nella camorra casertana. Bardellino, che avrebbe rifiutato di eseguire l'ordine di Totò Riina di uccidere Buscetta, con il quale aveva un'amicizia leale (condividevano la latitanza con Ammaturo nello stesso residence a Bujos in Brasile), dopo l'inizio della collaborazione con la giustizia di Don Masino viene progressivamente estromesso dal vertice militare. Secondo le diverse versioni raccontate dai collaboratori di giustizia sarebbe stato ucciso in Brasile da Mario Iovine e seppellito in una località sconosciuta, unico caso di boss mafioso ucciso, il cui cadavere non viene fatto ritrovare dai suoi assassini per rivendicarne il potere.

Con la notizia della sua morte nasce comunque uno scontro che insanguinerà tutta la provincia casertana per tre anni, obbligando i bardelliniani superstiti ad emigrare a Formia, ad appena una quarantina di chilometri da Casale e San Cipriano. Nel frattempo, in Italia, si salda un nuovo patto tra Cosa Nostra e pezzi deviati dello Stato, proprio durante lo “scandalo di tangentopoli” che modificherà tutta la geografia elettorale del paese.

In quegli anni tutto fila liscio per Nicola Cosentino che attraversa incolume la turbolenza, dovuta principalmente alla sparizione del suo partito dalle mappe terrestri, il PSDI, inghiottito dagli scandali. Nick quindi prova prima a buttarsi con il centrosinistra, fondando Alleanza Democratica in provincia di Caserta con l'ex magistrato Giuseppe Ayala, per ritrovarsi però con l'appena nato partito di Berlusconi. Con Forza Italia viene eletto alla Regione nel 1995 raccogliendo 12.851 preferenze.

Allo scranno della regione starà solo un anno, nel 1996 viene eletto alla Camera dei deputati, sempre con Forza Italia, costruendo un altro tassello di una carriera che salirà di grado ancora nel 2005, quando diventa lui il capo del partito di Berlusconi in Campania, riuscendo in pochi anni ad erodere il consenso del centrosinistra, roccaforte per roccaforte. Ma di questo successo gli verrà scippato dai “frocetti di Roma”, ed il resto è una storia contenuta, anche se solo in parte, nelle carte della magistratura...

Epilogo

La carriera di Nicola Cosentino sembrava inarrestabile, ma a sbarrargli la strada ci si sono messi i “pentiti” legati alla diarchia Schiavone-Bidognetti. Gaetano Vassallo già dal verbale del 1° aprile 2008, ha raccontato dello smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi a partire dal 1987-88 fino all’anno 2005, rivelando il ruolo dei fratelli Orsi, prima referenti di Bidognetti e poi passati alle dipendenze di Schiavone e Zagaria; i rapporti con Gaetano Cerci, parente di Bidognetti e uomo legato a Licio Gelli e con l’avvocato Cipriano Chianese, altro imprenditore dello smaltimento dei rifiuti; ma le rivelazioni bomba Vassallo le ha fatte sul ruolo dell'On. Nicola Cosentino e dell'On. Mario Landolfi, entrambi coordinatori del PdL in Campania.

Le dichiarazioni di Vassallo hanno portato in fibrillazione tutta la struttura della mafia casertana. La catena delle collaborazioni di giustizia ha richiesto lo stragismo del gruppo Setola, che non è riuscito a fermate gli arresti ed i sequestri giudiziari che si sono susseguiti a decine, giorno dopo giorno, imponendo un drastico ricambio di potere che i boss sanciprianesi Michele Zagaria ed Antonio Iovine stanno gestendo con l'inabbissamento degli affari principali, concentrati principalmente nell'edilizia e nel riciclaggio.

Cosa sta succedendo dietro le quinte di questo potere è ancora presto per saperlo, anche se sta emergendo nelle ultime inchieste che trascinano non solo Cosentino, ma anche lo stesso Berlusconi, al centro di una trama degna dei peggiori anni '70 italiani.
E chissà...questi ricatti e queste trame che stiamo vedendo, se non passano anche per una “serata” a Casoria per discutere di candidature ed affari con qualche prestanome, per qualche incidente ferroviario a Viareggio, per i trans ed i viados brasiliani, per qualche carabiniere infedele e chissà che altro...come forse poteva sapeva il pusher Gianguarino Cafasso, morto per “overdose” sulla Salaria, frequentatore assiduo dell'agro pontino e del basso Lazio...