L'Aquila e Chiaiano simboli della rivolta. Insieme senza divisioni

15 / 12 / 2010

La notizia della fiducia deflagra come una bomba. La città si incendia ma nessuno riesce a separarli in buoni e cattivi

Quando alle tre e mezza del pomeriggio Piazza del Popolo viene sgomberata dai blindati della finanza, dei carabinieri e della polizia lanciati a folle velocità verso i manifestanti che la riempivano, seminando il panico tra i giovanissimi studenti increduli davanti a una scena dal sapore sudamericano, è già successo tutto o quasi. All'imbocco di via del Corso, trasformata dalle forze dell'ordine in una trappola per topi, brucia una camionetta della Gdf. Da lontano arriva l'eco di forti scoppi, fumi neri e densi si alzano all'orizzonte. La giornata cominciata con tre cortei che con pacifico brio hanno attraversato la città per ritrovarsi in piazza Venezia - con migliaia e migliaia di facce poco più che adolescenti tra le quali spiccano come eccezioni alla regola gli adulti dell'università, i ricercatori, i comitati campani e aquilani, i sindacalisti e gli operai Fiom - si era già trasformata in un dilagante riot. L'ora X era scattata alle 13e45: quando la notizia dei tre voti che hanno graziato il governo Berlusconi e riaperto la strada al ddl Gelmini piomba nel corteo che scorre lungo Corso Vittorio Emanuele. Fa l'effetto di una bomba. Nel giro di mezz'ora al grido di «vergogna», «venduti» e «mafiosi», vanno in frantumi le vetrine di cinque banche e quelle stesse facce da bambino diventano cattivissime.

Prima c'era stato giusto un lancio di sacchetti di monnezza napoletani doc tirati verso la testuggine dei finanzieri a protezione di via degli Astalli, un vicolo che porta dritto dritto a Palazzo Grazioli. «Silvio, se ti si alza ancora lo devi alla ricerca», gli manda a dire un cartello. Che il fortino sia inespugnabile lo si capiva già a Piazza Venezia e non a caso i tre cortei - gli studenti medi partiti da Ostiense, gli universitari riunitisi alla Sapienza e tutti gli altri di «Uniti contro la crisi» al Colosseo - snobbano il triplo muro di blindati che sbarra via del Corso, e tirano dritto verso il Lungotevere con l'obiettivo di un'assemblea finale in piazza del Popolo. All'altezza del Senato la tentazione si fa alta ma la carica e i lacrimogeni della polizia scoraggiano. «Calma, non è successo niente», il corteo prosegue con i book block in testa, i comitati per la difesa dell'acqua pubblica e i beni comuni, gli immigrati, i terremotati, gli appestati dai rifiuti. E poi chimici, ingegneri, storici, ciascuno col proprio striscione e slogan contro la riforma di Mariastella. «Storicamente consapevoli del passato e responsabili del futuro». C'è chi si arma e rompe quel che trova, e chi ritira su i cassonetti ribaltati nella foga. Sono gli stessi, si confondono, non c'è differenza: la rabbia è di tutti. «Siete voi, la monnezza dell'Italia siete voi». Il corteo è ovunque, dilaga in piazza Augusto Imperatore e in via del Babbuino, si incunea in via del Corso e infiamma tutta la zona che va dall'Ara Pacis al Muro torto. Il baratro che li divide dal Palazzo si riempie anche così.Solo un'azione era nell'aria fin dal mattino: il blitz contro la sede della Protezione civile di via Ulpiano, a due passi dall'itinerario obbligato del Lungotevere Marzio. Una fetta di corteo si stacca, dentro c'è un po' di tutto, anche lo striscione aquilano «Macerie di democrazia» e quello dei comitati anti discarica di Chiaiano. Attraversano ponte Umberto I e in pochi minuti l'ufficio del Dipartimento viene bersagliato con sassi, uova, vernice, spazzatura fumante e un paio di bomboni da stadio venuti fuori chissà dove. Tornano indietro, non si sa se più stupiti o soddisfatti. Ma la sorpresa più grande è l'intero corteo che si è fermato sul ponte ad aspettarli, li applaude e li accoglie come eroi. Con buona pace di tutti gli altri soggetti, L'Aquila e Chiaiano diventano i simboli della rivolta. Dura poco: la fiducia al governo ha dato un vigore nero anche alla mano armata della polizia. Ma una cosa ormai è chiara: nessuno è riuscito a dividere i manifestanti in buoni e cattivi.

Tratto da: Il Manifesto del 15.12.10