L’inferno climatico e la via d’uscita dal basso

Verso il Congresso Mondiale per la Giustizia Climatica di Milano

28 / 6 / 2023

“Siamo su un'autostrada verso l'inferno climatico con il piede premuto sull'acceleratore”, afferma il Segretario Generale dell’ONU António Guterres. Il responsabile di questo viaggio verso la distruzione è fondamentalmente il blocco fossile[1], il complesso industriale-politico-sociale-economico formato dall’industria dei combustibili fossili e dagli attori che sostengono i suoi interessi (autorità politiche, altre industrie, finanza, mass media, think tank e così via).

Un blocco che ha nascosto per decenni l’effetto climalterante dei combustibili fossili e che continua imperterrito il suo devastante business as usual, difendendo lo status quo attraverso campagne aggressive di greenwashing o di giustificazione dell’inazione (il cosiddetto climate delay[2]).

L’uscita di emergenza dall’autostrada dell’inferno climatico ci è stata indicata da decenni dalla comunità scientifica: una rapida decarbonizzazione delle nostre società, uno scenario da cui siamo ancora paurosamente lontani. Guardiamo ai dati globali sul settore energetico, il principale responsabile delle emissioni di gas serra. Per il 2023 si stimano investimenti per 1,7 miliardi di dollari in energia pulita (principalmente rinnovabili), un netto aumento rispetto agli 1,3 miliardi del 2020 ed un record storico. Il problema è che anche gli investimenti in energia fossile continuano ad aumentare: se nel 2020 erano 839 milioni, nel 2023 supereranno il miliardo[3]. Un parte fondamentale dei nuovi progetti fossili, nominati “bombe di carbonio” dal Guardian, ha dimensioni talmente grandi tali da vanificare ogni tentativo di contenere l’aumento delle temperature globali. In sintesi, non stiamo sostituendo energia fossile con rinnovabile ma stiamo continuando ad aggiungere energia.

Se alla crescita degli investimenti fossili aggiungiamo l’espansione dell’agroindustria a scapito delle foreste tropicali non stupisce che le emissioni globali di gas serra siano in continuo aumento. A maggio di quest’anno la concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha raggiunto un record storico di 424 parti per milione (ppm), contribuendo sempre di più alla devastante alterazione del clima terrestre assieme agli altri gas serra.

Risulta chiara la necessità di disarticolare il blocco fossile, disposto a continuare a fare profitti in un mondo in fiamme, nonché di costruire un progetto politico post-capitalista globale a partire dal basso. In questo contesto le lotte dei movimenti ambientalisti stanno attraversando un momento di forte difficoltà dovuto ai limitati risultati politici e alla repressione governativa e corporativa che sta colpendo Ultima Generazione in Italia, Les Soulèvements de la Terre in Francia, Defend Atlanta Forest negli Stati Uniti, Letzte Generation ed Ende Gelände in Germania, senza dimenticare le 1733 ambientalistə assassinatə a livello globale tra 2012 e 2021 e in larga parte concentratə nel Sud Globale[4].

A partire da questo scenario di difficoltà è nata la sfida del Congresso Mondiale per la Giustizia Climatica (World Congress for Climate Justice): riunire movimenti, attivistə e intellettuali di tutto il pianeta per “elaborare strategie intersezionali contro il capitalismo fossile” e “reinstillare un senso di speranza e un orizzonte di liberazione”[5]. Il congresso si terrà il 12-15 ottobre a Milano, da anni una delle capitali mondiali dell’attivismo climatico.

I movimenti rappresentati al congresso presentano una grande varietà di strategie, tattiche e prospettive ideologiche ma la volontà è quella di trovare un terreno comune. Dal punto di vista tattico-strategico è necessario scambiare buone pratiche e capire come riuscire ad imporre un cambio di rotta. Nonostante gli enormi sforzi, infatti, l’impatto politico dei movimenti climatici è stato fino ad ora insufficiente (il caso italiano è forse quello più emblematico). Inoltre, è fondamentale capire come difendersi dalla repressione governativa e corporativa portata avanti a suon di arresti, perquisizioni e omicidi. Infine, dal punto di vista discorsivo ed ideologico la priorità è quella di smontare il vecchio e nuovo negazionismo climatico e di identificare i punti comuni all’interno delle proposte di uscita dal capitalismo fossile, mantenendo la pluriversità di prospettive che provengono dal basso.

Ovviamente non tutto può essere risolto all’interno del Congresso Mondiale per la Giustizia Climatica. Tuttavia, faremo di tutto per far sì che il Congresso possa essere un componente fondamentale dell’uscita dall’autostrada dell’inferno climatico.

Per maggiori informazioni sul Congresso Mondiale per la Giustizia Climatica: http://www.wccj.online/en/chiamata/.

** Matteo Spini: dottorando in Analysis of Social and Economic Processes presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Si occupa di movimenti sociali e di capitalismo digitale.


[1] Termine usato da Marco Grasso nell’articolo “Gli agenti di destabilizzazione e la transizione energetica”.

[2] Termine usato da Lamb e collaboratori nell’articolo “Discourses of climate delay”.

[3] Dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia.

[4] Dati della ONG Global Witness.

[5] http://www.wccj.online/en/chiamata/.