Lo vedi che succede a vota’ Silvio!

27 / 12 / 2010

Cambiata l’agenda politica, si diceva, e cambiata la colonna sonora nei cortei. Non viene dal passato, l’hanno inventata lì per lì i manifestanti. Non per fare retorica nuovista, ma la differenza si vede dalle piccole cose e il buon dio, si sa, abita nei dettagli.

Che fine ha fatto il ddl 2314? Boh! Eppure del movimento del ’68 che contro quel progetto si era levato si continua a parlare e la Gelmini se lo sogna la notte, millantando al risveglio di averlo seppellito. 42 anni dopo, mica poco. Lo vedi che succede a vota’ Silvio!

Prosegue nel mondo dell’informazione il pensoso dibattito sulle due facce della medaglia protestataria: 14 e 22 dicembre, violenza in zona rossa o gioia sulla tangenziale est? piazza del Popolo o Quirinale? E se andassero bene entrambe le opzioni? I quotidiani specializzati in bunga bunga e birdwatching di falchi e colombe futuriste non si ritrovano bene con vicende che qualsiasi storico della Rivoluzione francese afferrerebbe al volo. Ma già Machiavelli non se la cavava affatto male. Lo vedi che succede a vota’ Silvio!

E allora, Emma Marcegaglia, che ci sta a fare la Confindustria senza la Fiat? Rappresenta mobilifici e fabbriche di chiodi? Stampati plastici e guarnizioni idrauliche? E con la Cgil fuori delle rappresentanze di fabbrica con chi tratta e concerta? Farà la conta delle uova? Lo vedi che succede a vota’ Silvio!

E allora, Susanna Camusso: lo vedi che succede a vota’ Silvio! –comincia con l’attacco alla Fiom e tutta la logica rivendicativa del sindacato va fuori squadra. Altra che tavolo sulla produttività, quando è stato assegnato il Daspo per gli stadi di Pomigliano e Mirafiori. Non è che sullo sciopero generale ci ripensi? Con l’ordinaria vertenzialità di categoria non si fa molta strada.

E allora, Barroso, Trichet, Strauss-Kahn, che ne è dei rapporti Usa-Europa quando il ciclone Marchionne stravolge il modello renano e pretende di livellare le conquiste del riformismo continentale allo sottosviluppo giuridico americano e al sottosalario cinese? Quando Obama in prima persona fa peggio di Bush per scardinare le pretese di indipendenza di Cee ed euro? Per il manifatturiero statunitense l’alternativa alla delocalizzazione e ai licenziamenti era la compressione salariale e previdenziale nonché la colonizzazione dell’industria europea. L’assalto Chrysler, respinto per Opel dalla cancelliera Merkel, è passato per il varco Fiat, sponsorizzato da Sacconi in odio alla Cgil e da Berlusconi per farsi perdonare South Stream. Lo vedi che succede a vota’ Silvio!

E allora Bersani, Veltroni, D’Alema, tutti i piani escogitati per centellinare le alleanze di centro e centro-sinistra, fregando Vendola, fregando Veltroni, fregando D’Alema, fregando Bersani, che fine fanno tutte quelle alchimie se lo psiconano resta in sella, minaccia sfracelli, compera consensi, ricatta Casini con le elezioni e Bossi con la prosecuzione della legislatura? Lo vedi che succede a vota’ Silvio!

Povero Fini, rimasto incastrato fra il contrattacco di Berlusconi, la diffidenza della Chiesa, l’impossibilità di aprire troppo a sinistra e la seduzione casiniana sull’area di centro, lui sì prima di tutti sconta il passato appoggio al partito del predellino: lo vedi che succede a vota’ Silvio!

Noi, che Silvio non l’abbiamo votato né sostenuto per atonia, chiudiamo l’anno con un bilancio promettente. Per la visibilità conseguita, per le prove di autentica resistenza, per un inizio di programma alternativo dal basso: università, scuola, beni comuni, rifiuto di sostenere la guerra afghana. Per la fuoriuscita dalla logica della rappresentanza e della pacificazione sociale, senza cadere nel ribellismo autoreferenziale e nella disattenzione per le istituzioni e le organizzazioni esistenti. Per la sottrazione a schemi con cui pretendevano di inchiodarci a una comoda definizione preliminare allo sterminio.

Mettiamo al positivo anche l’enorme cumulo di problemi e di responsabilità che ci siamo caricati sulle spalle. In un editoriale natalizio di Libero Giampaolo Pansa, a sprazzi memore di vicende trascorse, paventa che stavolta nel vuoto della sinistra possa formarsi un raggruppamento generalista d’opposizione, incomparabilmente più efficiente e incisivo; che poi se lo raffiguri quale Nuovo Partito o vaneggi di un presunto suo bisogno di leadership carismatica appartiene a datate ossessioni reazionarie. Un’incomprensione strutturale che va ben al di là dei fogliacci di destra. Con il che non stiamo ancora in una dimensione propositiva, avvertiamo appena ciò che non siamo o comunque non vogliamo essere mai e poi mai. Vivere il presente, scossi i pesi del passato, sgombri di anticipazione apocalittica, non significa schiacciarsi piatti sul presente, collapse into now.

La pur breve vicenda che va dal dopo-Genova al 2005, dalla prima Onda a oggi ci ha invece mostrato scansioni, cicli, sequestri falliti, rigetti e riprese ben calibrate, un embrione di permanenza dialettica di strutture, accumuli di esperienze e capacità di invenzione tattica, perfino di cortocircuito istituzionale. Una piccola storia dentro la crisi e dopo la fine dei partiti di massa, da cui trarre insegnamenti in uno scenario dove (almeno in Italia) non possiamo aspettarci nulla dagli schieramenti esistenti e la via di una riscossa passa tuttavia attraverso la scomposizione e ricomposizione di una moltitudine delusa ma non più rassegnata.

Il probabile avvicinarsi di un turno elettorale rende più complicato il consolidamento del movimento appena avviato, trattandosi per tradizione di un contesto che distrae dalle scadenze reali e favorisce le convergenze verso il centro –per non parlare del futile dibattito su chi votare o, peggio, della tentazione di formare “liste di lotta”. Si spera, anche in questo caso, di non ripercorre dinamiche fallimentari degli anni ’70 e seguenti. Superare senza danni tale sfida potrebbe essere un buon viatico per una generazione che finora si è orientata con grande equilibrio fra mezzo alle trappole della politica da due soldi che ammorba il nostro Paese.