Padova. A proposito dell'inceneritore di San Lazzaro.

15 / 11 / 2011

L’inceneritore di San Lazzaro (Padova) è di proprietà del  Gruppo ApsAcegas, una Spa quotata in borsa, che ha tra i suoi  soci  anche il Comune di Padova. L'impianto fu realizzato  nel 1962  nella zona di Camin (quartiere San Lazzaro a 150 metri dalle abitazioni e a 2 chilometri dal centro storico) e doveva trattare i rifiuti del Consorzio Bacino Padova 2, che si occupa della gestione amministrativa dei rifiuti di 20 comuni dell’area urbana di Padova per un totale di 423.974 abitanti (al 31/12/10). 

Fu il primo impianto italiano a provvedere anche al recupero energetico. La potenzialità nominale del forno era di 140 t/giorno ( portata reale 105 t/die). Sul finire degli anni '60 fu costruita la seconda linea di combustione da 150 t/giorno (portata reale 115 t/die). Nel gennaio 2000 è stato approvato dalla Giunta della Regione Veneto il progetto per la costruzione della terza linea entrata in funzione in giugno 2010 (entro tre anni dall'avvio è prevista anche la realizzazione di un sistema di teleriscaldamento). Con le tre linee in esercizio ora si raggiunge una capacità di combustione di 520 tonnellate di rifiuti al giorno che all’anno significa 170.000 tonnellate, tale da soddisfare le esigenze di smaltimento di tutta la provincia di Padova e non solo dei 20 Comuni del bacino Padova 2.

Al di là dei traguardi sbandierati da amministratori pubblici, politici e gestori dell’inceneritore, ci troviamo oggi con una percentuale media di raccolta differenziata di bacino del 42%, mentre la finanziaria del 2007 aveva stabilito entro il 2011 una percentuale di differenziata destinata al riciclo pari al 60%. Se confrontiamo i comuni che non hanno inceneritori con quelli che li hanno, vediamo che questi ultimi non vanno mai oltre il 50% di differenziata e Brescia ne è un esempio. E del resto  se si riuscisse ad organizzare una raccolta “porta a porta” per tutta la città (oggi solo a Camin, 6.500 persone), o per il Bacino Padova 2 o addirittura per tutta la Provincia di Padova e si arrivasse a percentuali dell’86%, come il comune di Ponte nelle Alpi provincia di Belluno, pensate forse che l’inceneritore diminuirebbe la quantità di rifiuti trattati? Certamente no!

Come per tutti gli inceneritori gestiti da società per azioni lo scopo non è creare un circolo virtuoso del rifiuto, ma produrre profitti da distribuire ai soci attraverso l’incenerimento dei rifiuti. Per le elezioni amministrative di Giugno 2009 Legambiente aveva sottoposto ai candidati un “Patto per l’ambiente” che prevedeva di portare al 65% la raccolta differenziata entro tre anni e di dismettere la prima linea dell’inceneritore all’apertura della terza. Cosa pensano ora di quel patto sottoscritto? E cosa rispondono gli amministratori locali alla denuncia di maggio dei Comitati riguardo alle   tonnellate di rifiuti speciali provenienti da Salerno, bruciati in barba alla dichiarazione  sbandierata in tutte le occasioni pubbliche che l’inceneritore è stato programmato e realizzato esclusivamente per il fabbisogno locale. Rifiuti accolti non  certo per solidarizzare con il Comune di Napoli, ma per il  fatto che l’inceneritore ha bisogno di bruciare rifiuti per essere remunerativo. Spostamento di rifiuti che continueranno tra l'altro ad essere ad alto rischio  di traffici illeciti se la manovra in discussione al parlamento non confermerà il sistema di controllo della tracciabilità (Sistri) che doveva andare in funzione da quest’anno dopo innumerevoli spostamenti dal 2009.

L’amministratore delegato nonché vice presidente di AcegasAps, Cesare Pillon in luglio ha preso posizione contro le  discariche che a suo dire sottraggono  rifiuti da bruciare, togliendo redditività ai 100 milioni di euro investiti nella costruzione della terza linea dell’inceneritore. Figuriamoci se l’autorizzazione per una quarta linea chiesta ancora 5 anni fa non fosse stata bocciata dalla Regione Veneto, regione che peraltro non ha ancora un piano rifiuti. Le divisioni fra l’AcegasAps, provincia, regione e le società che gestiscono le discariche, sono del resto solo sulla monetizzazione del costo dello smaltimento dei rifiuti e non sulla costruzione di un circolo virtuoso del rifiuto che porti  al suo riciclo totale. La scelta di spendere un milione e trecento mila euro per realizzare due passerelle ciclopedonali nel quartiere di Padova dove è sito l’inceneritore facendola passare come opera destinata “alla mitigazione dell’impatto ambientale dell’inceneritore” è assurda. Le passerelle riguardano la mobilità, altra cosa è diminuire la nocività dei fumi, polveri e delle ceneri provocate dall’inceneritore.

In molti studi epidemiologici sono emersi dati significativi di effetti avversi sulla salute, sia neoplastici che non, tanto nelle popolazioni residenti nei dintorni degli impianti, che nei lavoratori addetti. Particolarmente solide sono le evidenze concernenti le patologie neoplastiche, in particolare l’associazione con linfomi non Hodgkin, cancro al polmone, neoplasie infantili e sarcomi. In molti studi proprio i sarcomi vengono ritenuti patologie “sentinella” del multiforme inquinamento prodotto da impianti di incenerimento. Di grandissimo interesse risulta lo studio sui sarcomi in provincia di Venezia, che ha dimostrato un rischio di sviluppare la malattia 3.3 volte più alto fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione ed ha evidenziato come il massimo rischio sia correlato, in ordine decrescente, alle emissioni provenienti da rifiuti urbani, ospedalieri ed industriali. E per Padova e provincia quali sono i dati? Perché non vengono resi noti i dati di epidemiologia dei tumori? E i dati sulla qualità dell’aria nelle zone interessate quando verranno resi pubblici? E chi li verifica? Ci sono ricerche e campionamenti sul terreno per monitorare la ricaduta delle sostanze nocive emesse?

Per ridurre sia i rifiuti non riciclabili che la presenza di sostanze nocive, la Direttiva Quadro 2008/98CE prevede la riprogettazione ecologica dei materiali. Ogni Ente, Amministrazione pubblica, ognuno per la propria competenza deve responsabilizzarsi per mettere in pratica le linee di questo cambiamento. Se si vuole risolvere il problema della produzione di rifiuti, occorre concentrare l'attenzione sulla fase della progettazione dei prodotti per facilitare l'utilizzo efficiente delle risorse durante l'intero ciclo di vita comprendendone la riparazione, il riutilizzo e il riciclaggio. Il sistema industriale, in definitiva, deve prendere a modello la natura, in cui il rifiuto non esiste, indirizzandosi verso la produzione di oggetti e beni che a fine vita possano essere riciclati e riutilizzati o assorbiti dall'ambiente. Pertanto i processi industriali devono trasformarsi da sistemi lineari aperti in sistemi chiusi in cui i sottoprodotti di un'azienda diventano input della fase produttiva successiva.A questo punto chi parlerebbe più di discariche e di inceneritori? Il trattamento meccanico-biologico (TMB) a freddo dei rifiuti indifferenziati (e/o avanzati dalla raccolta differenziata) che sfrutta l'abbinamento di processi meccanici a processi biologici quali la digestione anaerobica e il compostaggio sarebbe più che sufficiente.

Circolo de il manifesto di Padova

Comitato Lasciateci Respirare di Padova

Comitato Difesa Salute & Ambiente Padova Est

Dossier Comitato Lasciateci respirare su inceneritore a Padova. Giugno 2011