Rassegna stampa dal Mattino di Padova/ Il corteo anti - Gelmini si conclude con un’assemblea aperta sul listòn

Prima la carica in piazza delle Erbe poi la contestazione davanti al Bo

1 / 10 / 2010

Padova. Irriducibili, indisponibili, “indiani”. Sono gli anti-Gelmini senza se e senza ma; “pecore nere” dell’Università; quelli ancora di sinistra-sinistra che sfidano il riformismo unilaterale.iri hanno rovinato il cerimoniale: la piazza se non ha trionfato, almeno non si è fatto incantare.

Alle 10, gli anti-Gelmini in piazza dei Signori si notano soprattutto per il sound system “a palla”. Dal Liviano, invece, scatta insieme alla delegazione guidata dal presidente Michele Cortelazzo il bookcrossing di protesta. Il coordinamento dei ricercatori non strutturati dell’Ateneo distribuisce un documento sintomatico: “ proprio per riconoscere e migliorare la formazione universitaria crediamo sia indispensabile il ritiro del ddl”. Al Bo si chiede di non bandire contratti  a titolo gratuito, ma concorsi per inserire borsisti, assegnisti e dottorandi.

Sotto lo striscione “Adesso scuola nelle piazze, in futuro sotto i ponti” sui gradini della Gran Guardia un drappello di studenti medi, qualche faccia nota dei centri sociali, i collettivi universitari e altri giovani. Tutto sotto controllo, finché si contrattano le modalità del corteo. Passa in bicicletta la delegazione di Agripolis fra gli applausi. Alle 11.30 debuttano i cori rimati come allo stadio: “ Noi la crisi non la paghiamo”, “ Respingiamo questa riforma”. Si parte con calma lungo via Manin: pochi passi e si apre la piazza. Polizia e carabinieri presidiano ogni angolo. Il questore scruta dalla balaustra del Salone. Tutti riprendono tutti con le videocamere. Passa anche fausto Schiavetto con signora, giusto quando la minaccia sta per accendere la tensione.

Poco prima di mezzogiorno, davanti alla fontana di Piazza delle Erbe si fronteggiano manifestanti con le mani alzate e celerini con casco e manganello. Nell’angolo, un furgone fa da “tappo”. Intorno all’edicola si assiepano i curiosi. “ chiediamo cultura, ci danno polizia” urlano i manifestanti. Il cordone della polizia viene raddoppiato. Sembra che il Bo debba restare un miraggio.

D’improvviso, la carica (tecnicamente “di alleggerimento”). Una scena che fa esplodere la rabbia di una signora trattenuta a stento da un agente in borghese: “ Noooo, non si può fare così”. Nemmeno il tempo di ricomporre gli schieramenti che il corteo anti- Gelmini può ripartire verso il Canton del Gallo e approdare sul listòn pieno di gazebo da marketing e di universitari che protestano. La polizia ( con Marco Calì in prima linea) si precipita a “ blindare “ l’ingresso del cortile antico del Bo. Campeggia lo striscione “Zaccaria pinocchio”, si rialza l’urlo dei contestatori il professore Pasqualotto mantiene la serenità Zen. Sebastian Kohlscheen al megafono ricanta vittoria: “ escono i ricercatori, facciamo insieme un’assemblea qui tutti insieme”.

Si alternano gli interventi ( fra cui Paolo Guiotto, che è anche consigliere comunale pd). Fra Bo e Palazzo Moroni si ascoltano più critiche che apprezzamenti alla “mediazione istituzionale”. La vera anima della mobilitazione è di teste pensanti e libere, gente che ci mette davvero la faccia.

 Finisce che all’assemblea sul listòn arrivano anche i big, a cominciare dal sindaco Flavio Zanonato. E’ il risultato delle “sollecitazioni telefoniche ( e non solo) di Andrea Castagna, segretario della Cgil. Non basta la faccia con i dottorandi all’interno del palazzo. C’è da dialogare, eccome, con la “piazza” che ha a cuore il futuro dell’ateneo.

“Pensa un po’. Abbiamo garantito l’agibilità politica…” ammicca Luciano Gallo, uomo simbolo della Fiom. Irriducibili, indisponibili, “ indiani” sempre in gioco. Liberi di non fidarsi, attenti a non delegare, conflittuali con l’emendabilità della schifezza.