Sucate, capitale del XXI secolo

21 / 6 / 2011

Nessuno ha preso sul serio il circo di Pontida o quello, meno pittoresco, allestito il 18 a piazza del Popolo da Cisl e Uil, la grande coalizioni di quelli che vogliono salvare Berlusconi minacciandolo con richieste che lui stesso vorrebbe avanzare per trattenere il consenso: disimpegnarsi dalla Libia, abbassare le tasse, rilanciare i consumi, moltiplicare i centri di spesa. Che altro infatti sarebbero i ministeri o loro uffici di rappresentanza a Monza, Pizzighettone, magari nella nuova città invisibile calviniana, la Sucate da cui la Moratti avrebbe dovuto espellere zingari e moschea abusiva? Appunto, Sucate, inventata sul web, è la degna capitale non solo dell’inventata Padania ma di tutto lo scenario politico costruito in modo bi-partisan dai mass media per occultare il vero scontro, tutto interno al centro-destra, fra i topi impazziti dopo il naufragio elettorale e referendario e la strategia di tagli feroci imposta, tramite Tremonti e Confindustria, da Europa, agenzie di rating, Bce e Fmi. Strategia complessiva, beninteso, ma che risulta particolarmente pesante per Grecia e Italia, strategia che si basa su rigide compatibilità di bilancio e di contenimento del debito sovrano per evitare il dilagare del double dip, la doppia recessione in cui il collasso di intere nazioni succederebbe a quello delle banche infarcite di titoli tossici che abbiamo or non è molto conosciuto. Naturalmente, anche stavolta a pagare sarebbero le masse, con ulteriore impoverimento, “contenimento” dei costi salariali (cioè delle retribuzioni medio-basse) e dei consumi, indebitamento diffuso. Che poi gli effetti di queste compatibilità, riducendo solvibilità e consumi, aggravino la crisi è un dato in apparenza destinale, davanti al quale si allargano le braccia sperando nei consumi dei paesi emergenti, alcuni dei quali (vedi la Cina) cominciano ad avere gli stessi problemi di rallentamento e rivolte.

Torniamo però al caso italiano, dove Tremonti (contro cui ormai si schiera non solo Berlusconi ma anche Bossi) intende anticipare la famosa manovra da 40 miliardi a prima dell’estate, con il pieno sostegno della Marcegaglia, accoppiando i soliti tagli lineari alla spesa e l’innalzamento dell’età pensionistica per le donne a una riforma fiscale dai tempi lunghi e con gettito invariato, quindi spostando il carico fra imposte dirette e indirette (queste ultime, per definizione, non progressive rispetto al reddito e destinate ad alimentare la già galoppante inflazione) e riassorbendo tutti i bonus, esoneri, detrazioni ecc. –in palese contrasto con la fantasie dei sindacati gialli di finanziare i nuovi nati e accrescere le detrazioni sul lavoro garantito. Su questa linea, potentemente supportata dai poteri forti nazionali e sovranazionali in nome del “rigore” e della “compatibilità” e che certo non consente rilevanti prelievi sulla rendita, rischiano di attestarsi, con la solita retorica “lacrime e sangue” e le sviolinate meritocratiche alla Tito Boeri, anche le forze di centro-sinistra, prontissime a farsi carico del lavoro sporco in nome di un ricambio governativo. Papandreou insegna.

In pratica, mentre a Sucate si azzannano gli sconfitti del vecchio centro-destra (Alemanno contro Calderoli, tutte le aspiranti trote di Berlusconi e Bossi fra di loro, ecc.), nel mondo reale muovono all’assalto dei governi i poteri finanziari, qui impersonati da Tremonti –stavamo scrivendo “indegnamente”, ricordando la finanza creativa e i condoni tombali mai riscossi del commercialista di Sondrio, ma non è che le strategie della finanza mondiale siano molto più serie, per non parlare dei vertici alla Wolfowitz e DSK o degli aruspici del rating. Quindi, sarà a luglio o sarà a ottobre, Berlusconi andrà a sbattere contro Tremonti e Bossi vedrà se riesce a saltar giù dal treno prima della collisione. Per quanto rintronato, il caro leader di Arcore non è remissivo e venderà cara la pelle, ciò che promette un bello sconquasso nel centro-destra, altro che il marasma post-comunali! Ma, visto che siamo ritornati dalla second life sucatiana al mondo reale, in quel mondo reale non ci sono soltanto i poteri finanziari, il ceto politico di centro-destra allo sbando e quello di centro-sinistra che si illude di giocare il ruolo di stampella essenziale, ma ci sono anche le vittime designate e sempre meno rassegnate, le moltitudini che dovrebbero dare il sangue per far uscire i padroni dalla crisi, le moltitudini sfruttate in via ordinaria con raffinate operazioni di crowdsourcing, ma adesso chiamate direttamente a un massacro pauperistico di tipo ottocentesco –sottosalario, trionfo del modello migrante e precario, soppressione del welfare e della contrattazione collettiva. E qui si giocherà la partita vera, anzi già la si gioca in Grecia (per non parlare del sud del Mediterraneo), il resto a breve termine in tutta Europa.

La partita vera è quella delle compatibilità, dei vincoli imposti al debito sovrano e che poi si traducono in distruzione dello Stato sociale e impoverimento sistematico di massa, quindi in rallentamento dello sviluppo e ridefinizione globale degli indici di produttività e ricchezza. Senza rompere quei vincoli, sul piano teorico e pratico, non si va da nessuna parte, al massimo di ridistribuiscono le sofferenze e gli svantaggi territoriali, alimentando una guerra fra poveri: garantiti contro non-garantiti, contrattualizzati a tempo indeterminato contro atipici, nazionali contro immigrati, migranti regolari contro clandestini, nord contro sud, ecc. Non è un problema solo italiano o europeo, riguarda la Cina con il suo unbundling delle zone speciali quanto la guerra fra stati Usa per accaparrarsi investimenti abbassando il livello delle tutele sindacali. Una corsa alla povertà che ovviamente aggrava la crisi dei paesi di vecchia industrializzazione. Un cattivo affare cui non si vede perché dovrebbero partecipare entusiaste le vittime.

Nel caso italiano ci sembrano quattro i punti immediati di intervento, per parare e prevenire i tagli incombenti e per far saltare dal basso le contraddizioni interne alla destra. Reddito di cittadinanza, assetto della contrattazione e della rappresentanza sindacale, rilancio della lotta per il finanziamento di università, scuola e ricerca, rifiuto della velleitaria persecuzione dei migranti su cui le frazioni impazzite della maggioranza stanno cercando di costruire un patto scellerato.

Reddito di cittadinanza vuol dire sfondare l’argine protettivo dei garantiti (si fa per dire), mettere in gioco, oltre il livello di tassazione dei regolari anche la tutela effettiva degli irregolari, intermittenti, interinali, partite Iva fasulle, assicurare ai precari le garanzie che lo Statuto dei diritti dei lavoratori riserva a chi è coperto da un contratto a tempo indeterminato e alle aziende oltre i 15 addetti.

Per quanto riguarda contrattazione e rappresentanza sindacale occorre respingere l’offensiva di Marchionne, della Confindustria e dei sindacati gialli per la distruzione del modello nazionale, senza dimenticare le complicità pregresse della Cgil quando voleva estromettere dalla rappresentanza i sindacati autonomi di base.

Dobbiamo riprendere su base più ampia quell’insieme di lotte nell’area educativa e formativa che si riassumevano nello slogan La vostra crisi noi non la paghiamo, avvertendo che adesso lo sfacelo del sistema indotto dalle leggi e decreti Tremonti, Gelmini e Aprea è pervenuto a un livello insostenibile perfino per lo sviluppo economico capitalistico, con la minaccia ulteriore di creare anche in Italia una bolla speculativa sull’indebitamento studentesco come già è successo negli Usa.

Infine, all’impraticabile, infame e illegale, in termini di legislazione europea, estensione a 18 mesi della detenzione dei clandestini nei Cie, si aggiunge l’accordo con il governo-fantoccio di Benghazi per il respingimento dei migranti provenienti dalla Libia –un respingimento in zona di guerra senza verifica del diritto d’asilo, già oggi severamente condannato dall’Onu. Battersi contro queste misure –una concessione alla Lega e in particolare a Maroni per tenerseli buoni–, chiedere che il Presidente Napolitano non firmi quel decreto legge e quell’accordo, che vanno in direzione opposta a tutti gli ammonimenti europei, praticare e incoraggiare la disobbedienza civile è un momento importante non solo di contrasto tattico ai rattoppi della maggioranza ma di ricomposizione della moltitudine precaria, che viene plasmata dal potere intorno al modello del clandestino perseguitato.

Mentre nel gran circo di Sucate vanno in scena gli intrighi della P4 di Bisignani, le agopunture di Scilipoti e le astuzie maceratesi di D’Alema, mentre il martire Santoro veste la giubba blu e la faccia infarina, operai, studenti e precari cominciano a incazzarsi sul serio e perfino a ottenere successi istituzionali che allarmano le agenzie di rating (vedi il referendum sull’acqua). Gli indignati tracimano dai recinti di Repubblica e Anno zero e si prendono strade e teatri. La Grecia insegna e stavolta non stiamo parlando di Papandreou.

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