Viareggio: la strage che diventa barzelletta

Colpo di spugna della Cassazione che prescrive il reato di omicidio colposo e salva Moretti & Co.

11 / 1 / 2021

La Corte di Cassazione ha salvato i vertici di Fs, Rfi e Trenitalia per la strage ferroviaria di Viareggio, che il 29 giugno 2009 costò la vita a 32 persone. Venerdì 8 gennaio, la Quarta sezione penale della Cassazione ha infatti escluso l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro e dichiarato prescritti i reati di omicidio colposo, incendio colposo e lesioni gravi plurime. Rimane in piedi solo il reato di disastro ferroviario colposo, per il quale si dovrà pronunciare nuovamente la Corte d’Appello di Firenze.

Un vero e proprio colpo di spugna rispetto agli undici anni di lavoro minuzioso fatto da associazioni e comitati che hanno incessantemente lavorato per ricostruire la verità dei fatti, ma soprattutto le responsabilità di quanto accaduto. Le stesse dinamiche che hanno portato alla strage del 29 giugno 2009 sembravano parlare chiaro da sole: un treno carico di gpl deraglia all’altezza della stazione di Viareggio, una delle cisterne si squarcia e il combustibile fuoriuscito provoca un incendio esplosivo che investe strade e abitazioni. Non un semplice incidente, ma qualcosa che indicava chiaramente delle responsabilità.

Su questo il Tribunale di Lucca e la Corte di Appello di Firenze già si erano abbondantemente pronunciati: nessuna valutazione del rischio nel trasporto di merci pericolose e mancanza di una tracciabilità dei carri. In poche parole, incuria e carenza di manutenzione hanno provocato delle falle al sistema ferroviario costate la vita a 32 persone, a cui si aggiunge il dolore fisico e morale dei feriti e dei parenti e amici delle vittime.

Un dolore che è stato riaperto dalla sentenza del Palazzaccio: rabbia e sgomento per chi attende da anni che sia fatta giustizia su quella tragica notte. Le motivazioni della sentenza arriveranno tra alcune settimane, ma è già chiaro che il perno attorno a cui si è mossa la Cassazione sia stato quello di non riconoscere l’aggravante dell’incidente sul lavoro, che teneva ancora in piedi il reato di omicidio colposo plurimo. Per Marco Piagentini - sopravvissuto alla strage, in cui ha perso la moglie e due figli, e portavoce dei parenti delle vittime – «l’incidente sul lavoro era il cuore di questo processo. Anche perché nell’incidente di Viareggio ci sono stati gli stessi macchinisti coinvolti, che hanno smesso il loro lavoro. Quindi è chiaramente un incidente sul lavoro. E’ stato dimostrato anche in primo grado e in appello con prove schiaccianti e determinate. Che questa Corte di Cassazione abbia tolto quello che è il cuore di questo processo, vuol dire appunto mandare in prescrizione l’omicidio colposo plurimo e, attraverso quello, poi, derubricare il processo a una barzelletta».

Piagentini, nella conferenza stampa dell’indomani, è andato oltre: «La prescrizione nei disastri colposi come il nostro e nei disastri ambientali non deve essere neanche pensata. Perché il nostro Paese, quando succede un disastro colposo o ambientale, ha bisogno di sapere la verità, dopo un anno, dopo cinque, anche 30 anni dopo, come è successo con il Moby Prince. Io voglio sapere cosa è successo al Moby Prince. Voglio cosa è successo al Vajont. E chiediamoci perché non è stata fatta luce su queste stragi. Così come magari non sarebbe stata fatta luce sulla strage di Viareggio, su cui abbiamo l’attenzione grazie ai familiari. Perché non si raccontano queste verità? Perché sono le cose sporche di questo Paese. Dobbiamo avere il coraggio di raccontarle. Perché raccontandole, forse, diventeremo noi un pochino migliori».