Gamal Eid, direttore della Rete araba sui diritti umani, denuncia: «In carcere ancora tra 400 e 500 egiziani, di loro non si sa più nulla. È stata la polizia militare ad arrestarli. I generali stilino una lista dei detenuti e rispettino i loro diritti».
«In carcere ci sono ancora tra 400 e 500 egiziani
arrestati dalla polizia e dall'esercito durante i 18 giorni della
rivoluzione contro Mubarak. Di loro si sa molto poco. Ma di altri 40-50
non sappiamo nulla, sono spariti, nessuno li ha più visti dai giorni
delle manifestazioni. È molto grave, vogliamo risposte immediate dalle
autorità militari».
Pronuncia frasi concitate Gamal Eid, direttore della
Rete araba di informazione dei diritti umani. I desaparecidos,
aggiunge, sono una questione nazionale. «La costruzione del nuovo Egitto
- dice l'attivista al manifesto - passa per la trasformazione radicale
della concezione di sicurezza del paese che in futuro dovrà essere
fondata sul rispetto della persona umana e della libertà di pensiero e
di espressione». Ma su questo non c'è alcuna garanzia, nonostante le
rassicurazioni date dal Consiglio militare supremo che ha preso il
controllo del paese dopo le dimissioni dell'ex raìs Hosni Mubarak. C'è
il rischio che il mukhabarat, il servizio segreto che per decenni ha
arrestato, interrogato e torturato per conto del presidente -faraone
continui ad operare impunemente in un Egitto più democratico e
pluralista.
Ma la denuncia di Gamal Eid chiama in causa anche
l'esercito, molto popolare tra gli egiziani per la posizione che ha
mantenuto durante i 18 giorni della rivolta. «Sappiamo che la polizia
militare ha arrestato una parte dei cittadini ora dispersi», spiega Eid
esortando i generali egiziani a far stilare subito una lista dei
detenuti e a rispettare i loro diritti. Martedì il quotidiano al-Masry
al-Youm, la «voce» della rivolta, aveva pubblicato un elenco di nomi di
uomini e donne, in gran parte tra i 15 e i 48 anni, che sono svaniti nel
nulla tra il 25 gennaio (primo giorno delle manifestazioni) e il 9
febbraio, due giorni prima delle dimissioni di Mubarak. Almeno 5mila
persone sono finite in manette (e spesso pestate in carcere) durante la
rivoluzione, di queste almeno 500 sono ancora in cella. La denuncia
lanciata dal direttore della Rete araba di informazione dei diritti
umani è stata raccolta da alcuni cyber-militanti protagonisti della
rivolta che hanno detto di aver ricevuto da «alti gradi» delle Forze
Armate l'assicurazione che «tutti i manifestanti svaniti nel nulla
saranno ritrovati». Ma i dubbi restano. Qualche giorno fa il quotidiano
britannico Guardian aveva riferito l'allarme partito da alcune
organizzazioni per la difesa dei diritti umani sulla detenzione in gran
segreto di centinaia, forse migliaia, di oppositori del regime da parte
della polizia militare. Alcuni manifestanti, scrisse il quotidiano,
vennero detenuti in segreto in alcune sale del Museo Egizio, che si
trova a ridosso di piazza Tahrir, epicentro delle proteste al Cairo.
Per
ora il Consiglio Supremo delle Forze Armate continua ad usare il guanto
di velluto. Entro dieci giorni l'Egitto avrà una nuova costituzione, o
meglio, la vecchia Carta verrà emendata, promettono i militari che hanno
affidato la direzione della commissione competente ad un giudice in
pensione, Tareq Beshry. A sorpresa hanno anche inserito nel gruppo un
Fratello Musulmano, l'avvocato ed ex deputato Sobhi Salah. Che la
confraternita, tuttora considerata fuorilegge, stia ricevendo la
legittimazione che cerca da sempre è segnalato anche da un'intervista ad
un noto portavocedel movimento, Essam El Arian, trasmessa dalla tv di
stato, in una prima volta assoluta per l'Egitto. Ma non manca chi sfida i
militari, come la «Coalizione dei giovani» anti-Mubarak. Se il
Consiglio Supremo delle Forze Armate - ha avvertito la Coalizione - non
comunicherà al più presto un calendario delle tappe del suo lavoro, non
sarà cambiato il governo e non sarà abolita la legge d'emergenza in
vigore dal 1981, domani, giornata della «Marcia della Vittoria»,
verranno riorganizzati raduni permanenti in piazza Tahrir.
Rimangono
nel frattempo un mistero le condizioni di salute di Mubarak da venerdì
scorso nella sua residenza a Sharm el Sheikh. L'ex raìs secondo alcuni
sarebbe gravissimo, sul punto di morire. Altri invece, come il
quotidiano Shurouq, lo danno in buona salute ma depresso. Il raìs si
sarebbe rifiutato di rispondere ad telefonata giunta da Barack Obama,
per sottolineare il suo forte disappunto per la posizione
dell'Amministrazione Usa nei confronti delle proteste popolari in
Egitto.
In Rivolta, sull'altra sponda
Egitto - Centinaia i desaparecidos
17 / 2 / 2011
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