In Venezuela vince la "contro - rivoluzione"

7 / 12 / 2015

Il governo chavista, che per 17 anni ha governato il Venezuela, è stato sconfitto alle elezioni legislative svoltesi ieri. Ha così inizio una nuova fase per il Paese.

Nelle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale il partito di Nicolas Maduro, successore di Chavez dopo la sua morte, ha subito una pesante sconfitta da parte del Mud (Mesa de la Unidad Democratica), che riunisce i circa trenta partiti che costituiscono l'opposizione.

La straordinaria affluenza alle urne del 74,25% ha consegnato a questa la maggioranza dei seggi (99 su 167, il cui obiettivo però è di raggiungerne almeno 101), mentre al PSVUP (Partito Socialista Unificato del Venezuela) di Maduro solo 46. Mancano 22 seggi da assegnare e che definiranno l'ulteriore peso politico del partito che se li aggiudicherà.

La nuova fase del Venezuela vede quindi una presidenza chavista in concomitanza ad un parlamento di opposizione.

Erede di Chavez, Maduro ha vinto le elezioni presidenziali nel 2013 e dovrebbe governare il Venezuela fino al 2019. La mancata maggioranza in Parlamento, però, fa si che il suo mandato non sia più valido per decreto. Negli anni precedenti Maduro aveva promulgato una serie di “leggi abilitanti” che gli davano agibilità politica anche senza l'approvazione del parlamento, ma che ora verranno con ogni probabilità ridimensionate.

Alla vigilia delle elezioni però non si scommetteva tanto su chi avrebbe vinto, ma di quanto. Gli ultimi sondaggi, infatti, mostravano un calo di consensi nei confronti del partito al potere e un malcontento diffuso tra la popolazione. Il governo di Maduro è stato più volte accusato di non essere stato in grado di far fronte alla grave crisi economica che il Venezuela sta attraversando, ulteriormente aggravata dal calo dei prezzi del petrolio (che rappresenta il 95% delle esportazioni del Paese) e dalla ciclica mancanza di prodotti di prima necessità.

L'impopolarità, la corruzione, la campagna di diffamazione operata dall'opposizione e la sua conseguenze repressione, hanno interrotto il processo di “rivoluzione bolivariana” iniziato nel 1999 da Chavez.

Negli ultimi anni l'opposizione aveva puntato il dito contro il carattere coercitivo della dirigenza socialista, denunciandola di corruzione, crimini contro l'umanità e violenze contro gli oppositori politici. Queste sono state alcune delle argomentazioni sui cui il Mud ha basato la propria campagna elettorale. E' stato ricordato l'arresto di due famigliari di Maduro nel novembre scorso per traffico di cocaina negli Stati Uniti, così come la dura repressione delle proteste antichaviste del febbraio del 2014, in cui hanno perso la vita 43 persone. In risposta Maduro ha accusato l'opposizione di tentativi di destabilizzazione del Paese, in accordo con gli Usa, arrivando ad arrestarne i leader. Tra questi Leopoldo Lopez, leader dell'ala più radicale del Mud, arrestato nel settembre del 2015 e condannato a 14 anni di carcere per aver fomentato alcune proteste antigovernative del febbraio del 2014. 

Subito dopo la pubblicazione dei risultati Nicolas Maduro ha riconosciuto la vittoria della “contro-rivoluzione” definendola come il “governo dei traditori, degli yankee e della destra corrotta”. E proprio con gli Stati Uniti è prevista una nuova apertura al dialogo. Dopo che le loro ingerenze erano state frenate da Chavez, e successivamente da Maduro, ora ritrovano quello spazio necessario per reinserirsi nelle politiche decisionali del Venezuela, soprattutto per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse del Paese. Per questo il successo ottenuto del Mud desta non poche provocazioni, considerando il potere dell'Assemblea Nazionale di ratificare trattati internazionali per i  prossimi cinque anni e le amnistie previste per gli oppositori politici in carcere.

Un cambio di prospettiva, oltre che di posizione politica, che rimanda subito alla vittoria di Macrì in Argentina. Nuovo spazio viene dato alle politiche neoliberali e al potere delle multinazionali straniere nei due Paesi. Ma si tratta di un cambio di prospettiva che rischia di avere conseguenze molto più profonde e che vanno al di là di Argentina e Venezuela.  Tutti gli equilibri dell'America Latina sono infatti minacciati da una rinnovata fiducia nei confronti degli interventi esterni (tra tutti quelli degli Stati Uniti), come possibili soluzioni per un'uscita dalla crisi economica.

Dopo quindici anni dalla crisi argentina e dopo i recenti successi delle destre, il Sud America si ritrova a dover affrontare nuovi scenari politici, che rimettono in gioco i successi, con tutte le contraddizioni del caso, ottenuti dai governi socialisti degli ultimi anni.