Stato palestina:scontri con feriti in cisgiordania

21 / 9 / 2011

Beit Sahour (Cisgiordania), 21 settembre 2011, Nena News – Non ha torto il presidente francese Sarkozy quando afferma che il veto statunitense alla richiesta palestinese di piena adesione alle Nazioni Unite provocherebbe una “nuova spirale di violenza in Medio Oriente”. Ma quello che lui, come molti altri statisti mondiali sembra ignorare, è che una “spirale di violenza” di prevalente segno anti-palestinese è gia’ in atto dalle prime ore del 20 settembre. Erano settimane che circolavano voci su possibili scontri tra manifestanti palestinesi, coloni ed esercito israeliano all’indomani della richiesta ufficiale palestinese di entrare a far parte delle Nazioni Unite a pieno titolo. E gli scontri ci sono stati. Nella sola giornata di oggi i feriti palestinesi sono stati cinque, ai quali si aggiungono un adolescente e un giornalista, entrambi colpiti ieri dalle forze di difesa israeliane nel villaggio di Asira al-Qibliya, vicino Nablus. Aref Aref, 14 anni, è stato raggiunto alla schiena da un lacrimogeno lanciato dall’esercito intervenuto a seguito di uno scontro tra abitanti del luogo e circa 40 coloni armati che, secondo un comitato di controllo istituito da cittadini palestinesi e attivisti internazionali, hanno assaltato il villaggio. Assieme a lui è stato trasportato in ospedale anche Ayman al-Noubany dell’agenzia stampa palestinese WAFA, colpito alla testa da una pietra “probabilmente lanciata da un civile israeliano”, come riferito da una portavoce dell’esercito israeliano.

Agli incidenti di ieri si aggiungono quelli in cui oggi cinque palestinesi sono stati feriti dall’esercito israeliano vicino al check-point di Qalandiya, tra Ramallah e Gerusalemme. I militari hanno cercato di disperdere dozzine di giovani, che manifestavano a favore della richiesta palestinese di adesione all’Onu, con lacrimogeni e proiettili di gomma. I ragazzi hanno lanciato sassi ai soldati e cinque di loro sono rimasti feriti. Nello stesso momento, circa 20 coloni dell’insediamento di Mevo Dotan hanno cercato di assaltare il villaggio di Arraba, a ovest di Jenin, ma sono stati fermati dall’esercito israeliano.

Assieme agli assalti veri e propri, ieri sono iniziate anche le marce simboliche dei coloni ebrei nella Cisgiordania. Come promesso, decine di persone hanno sfilato dall’insediamento di Beit El fino alla città di Ramallah, mentre circa 150 coloni hanno marciato da Itamar ai confini della città di Nablus per “esprimere la nostra sovranità su questa terra”, ha affermato David Haivri, il portavoce dei coloni della Cisgiordania del nord.

Alcune fonti israeliane parlano invece di “un’escalation di violenza provocata da rivoltosi arabi in Giudea e Samaria” (Cisgiordania, ndr). Secondo l’agenzia Arutz Sheva, un “terrorista arabo” avrebbe lanciato un blocco di cemento su una macchina con targa israeliana che transitava vicino al check-point di Huwwara, alle porte della città di Shechem (Nablus, ndr), danneggiando il veicolo. Sempre secondo la stessa agenzia, centinaia di “arabi dell’Autorità palestinese” hanno portato avanti una violenta manifestazione sulla Zif Junction, alle porte di Hebron: hanno lanciato “pietre affilate” ai soldati israeliani, che hanno risposto con misure anti-assemblamento per disperdere la manifestazione. Ma  a Hebron, come nelle altre maggiori città palestinesi, si sono radunati oggi anche migliaia di dimostranti che hanno manifestato pacificamente la loro solidarietà all’iniziativa palestinese alle Nazioni Unite. Ramallah, ma anche Nablus, Hebron, Betlemme e Gerico erano un fiume in piena di persone che chiedevano uno Stato vero, ma alcuni media israeliani hanno preferito focalizzarsi su un ragazzo a Ramallah che ha dato fuoco a una bandiera americana (e che è stato portato via dagli agenti di sicurezza). Gli 8.000 poliziotti palestinesi stanziati per controllare eventuali violenze non hanno dovuto usare il manganello. Difficile credere che, soprattutto dopo l’opposizione ufficiale del presidente Obama alla richiesta palestinese espressa oggi pomeriggio davanti a 193 Nazioni libere, la situazione non degeneri. Che la si chiami Giudea-Samaria, Palestina occupata o Cisgiordania, poco importa: sarà ancora una volta un campo di battaglia.

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