Tra instabilità, tendenza a destra e ruolo dell'indipendentismo: cosa ci dicono le elezioni generali in Spagna

Intervista a Raul Sánchez Cedillo, ricercatore militante, saggista e membro della Fundación de los Comunes.

26 / 7 / 2023

Le elezioni generali che si sono tenute in Spagna lo scorso 23 luglio hanno tenuto con il fiato sospeso tutta l’Europa. Fortunatamente non è accaduto quello che si paventava alla vigilia, ossia la vittoria schiacciante del Partito Popolare e di Vox, che avrebbe aperto la strada a un’alleanza strutturata tra forze liberal-conservatrici ed estrema destra su un piano europeo. La remuntada di Pedro Sanchez, arrivato a una manciata di voti dai popolari, se da un lato rafforza la sua leadership politica, dall’altro mette il Paese in una condizione di instabilità nella quale, complice la deludente prestazione di Sumar, le forze indipendentiste rappresentano sempre più l’ago della bilancia.

Abbiamo discusso delle elezioni in Spagna con Raúl Sánchez Cedillo, ricercatore militante, saggista e membro della Fundación de los Comunes, che ha fornito un quadro a tutto tondo sulla situazione politica spagnola che si apre, e per certi versi si chiude. con queste elezioni.

Quali sono le valutazioni che dai sui risultati elettorali in Spagna e quale il quadro politico che si apre?

Innanzitutto direi che è un risultato sorprendente. Nessun sondaggio, tranne quello del Cis (Centro de Investigaciones Sociológicas), che alle ultime elezioni aveva miseramente fallito, aveva pronosticato che il Partito Popolare avesse non solo la maggioranza dei voti, ma anche quella assoluta dei seggi, assieme al suo alleato politico Vox.

Questa sorpresa ci rallegra e ci dà sollievo perché, nonostante tutto, ci sono enormi differenze tra un governo di destra-estrema destra e un governo plurinazionale come quello uscente. Questo lo dico soprattutto pensando ai soggetti non bianchi e non garantiti, ai migranti e rifugiati, alle persone trans, alle tante donne in situazione di irregolarità, eccetera.

È vero, e questo va ribadito, che il governo uscente non ha rotto con una dinamica di guerra ai migranti e ha gestito in maniera molto “efficace” la politica europea dei confini. Soltanto con la protesta di Podemos si è dato il giusto peso politico, all’interno del governo e del Paese, alla strage di Melilla di poco più di un anno fa, con quelle 60 morti causate proprio dal regime di frontiera. Tra l'altro, durante la campagna elettorale, nel confronto tra Pedro Sanchez, Yolanda Diaz e Abascal di Vox - al quale Feijòo non ha voluto partecipare - il leader socialista è stato costretto a rincorrere Vox sulla questione migranti, affermando apertamente di aver svolto un grande lavoro di contenimento dell'immigrazione illegale. Al netto di questo, ci dei gradi tra le diverse opzioni politiche e contano tanto, soprattutto per le possibilità di lotta

Dopodiché quello che si apre è uno scenario di grande instabilità per due motivi. Il primo è che è destra ha preso 11 milioni di voti, cioè il Partito Popolare ha ripreso quello che aveva perso nel 2019 soprattutto nei confronti di Ciudadanos, ora sparito, e di Vox, che ha perso quasi il 3% rispetto a 4 anni fa, ma ha preso una batosta importante rispetto alle aspettative della vigilia. Però il Partito Popolare conquista questi voti perché si è spostato verso l’estrema destra, sia sulla questione dei diritti civili, dei diritti delle persone migranti e anche rispetto al quadro economico e sociale. La seconda questione è che chiunque voglia governare deve ripetere la stessa formula di accordo parlamentare con gli indipendentisti, sia baschi che catalani, di quattro anni fa, in particolare con la destra indipendentista di Junts per Catalunya, il cui leader Carles Puigdemont si trova ancora a Bruxelles in “esilio”.

Quindi questa incertezza c'è, anche se mi sembra poco probabile che le forze indipendentiste possano appoggiare un governo di destra, anche in virtù del mutamento del quadro europeo. Questo proprio per un gioco di contrappeso con le istituzioni europee che, come sappiamo, se non cambia la tendenza alle elezioni del 2024 si sposteranno ancora più a destra e quindi le richieste indipendentiste sarebbero ancor meno ascoltate.

Per queste ragioni la logica va verso la riedizione del governo di coalizione uscente, probabilmente anche con la presenza di Sumar. Però va detto che Sumar non è più Unidas Podemos ed esce assai indebolito dalle elezioni come formazione a sinistra del Partito Socialista. La cosa importante, secondo me, è che quella possibilità esercitata da Podemos di una “rottura repubblicana", anche all’interno del quadro plurinazionale, non esiste più. E la mancanza di questo rende l’eventuale nuovo governo di coalizione molto più debole.

Uno dei più grandi spauracchi di queste elezioni spagnole era il voto del partito di estrema destra Vox, anche in virtù dello spostamento a destra dell’asse politico che sta avvenendo in tutta Europa, e in particolare per i riflessi che questo poteva avere per l’Italia. Fortunatamente per Vox è arrivata una sconfitta elettorale. Come dobbiamo interpretarla?

Io credo sia stata una corsa al “voto utile”, favorita anche da un netto spostamento a destra del Partito Popolare. Quelle domande anti femministe, anti trans, anti indipendentiste e di un forte liberismo nella situazione del post pandemica hanno concentrato il voto sul candidato Feijòo.

Però sarebbe un errore madornale pensare che l’estrema destra sia stata indebolita come elemento istituzionale, mediatico, culturale. Ricordiamo che Vox ha una roccaforte nelle forze di sicurezza, nell'esercito e anche in componenti della magistratura, e quindi ci sono elementi di irreversibilità rispetto al suo ruolo interno allo Stato. Anche perché Vox inizia a raccogliere consensi dopo la spinta e la sfida indipendentista dell'ottobre 2017, e questo scatena una mutazione soggettiva e politica all’interno dell’estrema destra e marca una differenza rispetto alla tradizione del Partito Popolare che, come sappiamo, fa parte di una destra post franchista, che già negli ultimi decenni, soprattutto durante il periodo Aznar, ha liquidato le vecchie componenti centriste.

Questi elementi vanno letti tenendo conto del contesto internazionale, in cui l’estrema destra rischia anche di sorpassare il Partito Popolare Europeo nel 2024. Al di là della fortuna di Vox come formula partitica, che ha tantissime debolezze, i claim, le spinte e soprattutto l'attivismo sociale e mediatico - che riguarda anche la crescita dello squadrismo e della violenza organizzata fascista, sempre più tollerata da polizia e magistratura - purtroppo l’estrema destra è rinforzata in Spagna. E questo anche perché è riuscita a cogliere la dimensione di risentimento rispetto a quello che loro considerano un governo “comunista”, “anti Spagna", eccetera eccetera. Per cui bisogna stare attenti a pensare che questa minaccia sia finita: vedremo come si riorganizza.

Il problema è piuttosto quello di abbandonare definitivamente la rincorsa a destra su una serie di temi, come ha fatto il Partito Socialista criticando la radicalità di certe proposte come la legge di Irene Montero sulla libertà sessuale o l’accettabilità dell'indipendentismo dentro a un quadro di diritto a decidere e in quanto contenuto pienamente repubblicano.

Secondo me l'unica formula che può ostacolare l'estrema destra passa per la coalizione plurinazionale ed è quindi una dinamica che va verso una sorta di rottura repubblicana, o almeno una sfida a quel “lucchetto del ‘78”. La Spagna non può essere mai uno Stato uni-nazionale e quindi quegli elementi confederativi e di diritto a decidere devono puntare a un cambiamento costituzionale nei fatti, nella legge e nell'orizzonte politico. Bisogna non più pensare a questa cosa come uno spauracchio, giocando su uno dei cavalli di battaglia della destra e dell’estrema destra la cui fusione è già in atto, ma vederlo come elemento che rafforza la potenza repubblicana.

In generale, la logica della moderazione non ha più senso, anche perché sono anni che la destra approfitta delle debolezze della sinistra sul modello di Stato, sul modello di welfare, in ultimo sulla questione della guerra dove c’è un consenso di tutte le forze politiche sull’adesione alla Nato e sul continuare lo sforzo bellico in Ucraina. Secondo me è poco probabile che avvenga tutto questo, nonostante la cosiddetta “svolta a sinistra” di Sanchez, che è stata confermata anche dal fatto che il Psoe ha strappato tanti voti a Sumar.

A proposito di Sumar, come giudichi la sua performance elettorale e soprattutto quale può essere il suo ruolo politico in termini di sponda ai movimenti sociali?

Innanzitutto vorrei spiegare cosa è Sumar. Si tratta della più grande coalizione formatasi a sinistra del Partito Socialista, sono 13 o 14 partiti, includendo anche partiti nazionalisti di sinistra in Aragona, della Comunità Valenziana, eccetera eccetera. Nonostante questo, i risultati sono stati i peggiori da quando è nato Podemos: 12,38 %, che è meno del peggior risultato elettorale di Podemos che c’era stato con il 12,86% alle elezioni del 2019.

Questo perché? Perché la leader Yolanda Díaz ha rotto il legame di fiducia che c'era rispetto a Podemos, soprattutto a Pablo Iglesias che l’aveva nominata come nuova leader. Lei ha cambiato le alleanze, ma soprattutto ha voluto rompere con tutti quegli elementi “plebei” che connotavano l’immagine e il discorso politico di Podemos.

La criminalizzazione di Podemos in questi anni è stata pesantissima, anche sul piano giudiziario, fomentata dall'estrema destra e tollerata anche dal governo socialista, in particolare contro Pablo Iglesias e Irene Montero. Ci sono state cose pesantissime, addirittura minacce di morte. Yolanda Diaz ha detto che il problema era Podemos: bisognava far emergere un volto gentile, contrapposto al “chiasso” di Podemos, più conciliante e meno polarizzato. Di fatto quello che è successo è che c'è stato un mutamento nella struttura della rappresentanza politica a sinistra del Psoe, con il riemergere della vecchia sinistra, politica e sindacale, che era stata marginalizzata con l’ascesa di Podemos.

Si è messa quindi in campo una coalizione contro Podemos, con la garanzia da un lato di avere il sostegno dei principali media, cosa che c'è stata, e poi di rompere apparentemente quel “blocco della paura” che il partito di Pablo Iglesias in qualche modo esercitava. Su questa hanno scommesso un anno e mezzo fa, ma si è rivelata un fallimento politico. Da un lato è stato un errore pensare che si poteva far fuori Podemos, che ha dimostrato di avere una constituency e un sostegno popolare innegabile. Dall'altro non hanno contato, per dirla alla Machiavelli, sulla “virtù e fortuna” di Pedro Sanchez, rimanendo spiazzati dalla sua mossa di convocare le elezioni anticipate già a luglio, in cui il leader socialista si è saputo giocare il tutto per tutto, subalternizzando completamente quanto ci fosse a sinistra di lui.

Per quanto riguarda il rapporto coi movimenti, direi che l'unico rapporto saldo che ha Sumar è quello col sindacato. Bisogna tener presente il danno enorme che ha fatto l'esclusione di Irene Montero, la ministra Ministro dell'Uguaglianza, che è diventata un simbolo del movimento femminista. Il rapporto col movimento femminista è quindi problematico per Sumar, nel senso che se non si ricuce il rapporto con con Irene Montero e comunque con quel femminismo che rappresenta, sarà molto difficile la relazione anche rispetto agli altri movimenti, ad esempio quelli per la casa, i movimenti dei migranti, eccetera.

Come dicevo, Sumar rappresenta un ritorno alla politica dei partiti, all'autonomia del politico. Non è che Podemos fosse una rottura definitiva con tutto questo, ma almeno aveva questa ibridazione che ha funzionato nella relazione con i movimenti. Vedremo se Sumar sarà in grado di riflettere su tutto questo, anche se c’è il grande rischio di continuare con la polemica interna e continuare a dare la colpa a Podemos per questa sconfitta.

In conclusione bisogna dire che queste elezioni segnano anche la fine del bacino popolare della politica. Negli anni scorsi il successo di Podemos è stato dovuto al fatto che ha sfruttato le aspettative di quello che in Argentina chiamano il “campo popolare”, che in qualche modo assembla movimenti, classi subalterne, eccetera eccetera. Credo che questa spinta sia esaurita e quindi se a sinistra del Psoe non si riflette su questo, la tendenza sarà un indebolimento sempre più marcato, anche alla luce di un eventuale governo di coalizione. Dal mio punto di vista occorre una costituente sociale e politica della sinistra per poter affrontare le sfida che ci aspettano.