Il governo tunisino di Ennadah ha dichiarato che non ha intenzione di cedere alle proteste di piazza che ne chiedono le dimissioni. Formalmente ieri sono state presentate le prossime tappe: varo della costituzione entro agosto, legge elettorale per ottobre e elezioni il 17 dicembre. Intanto le opposizioni, hanno annunciato le prossime mobilitazioni all'intero della campagna di disobbedienza civile lanciata dopo l'omicidio di Brahmi. Nel sud a Sidi Bouzid il Coordinamento regionale di salvezza nazionale ha ripreso il controllo della piazza centrale, simbolo dell'inizio della rivoluzione di due anni fa dopo aver allontanato i salafiti.
Dalla Tunisia giunge anche la notizia del proscioglimento di Amina dall'accusa di oltraggio, anche se la giovane attivista resterà ancora in carcere per l'accusa di "profanazione di sepoltura e offesa al bene comune". Il suo avvocato ieri a dichiarato " Il tribunale ha deciso il non luogo a procedere, è una vittoria, la giustizia ha iniziato a capire che è ingiustamente perseguitata".
L'accusa da cui Amina è stata prosciolto gli era arrivata il 22 luglio dal tribunale di M’saken (150km da Tunisi) in seguito alla denuncia di alcune guardie carcerarie contro la ragazza e un’altra detenuta. Il difensore aveva proposto l'assoluzione e l'annullamento delle accuse per vizi procedurali, basandosi sul fatto che le accuse si inserivano in una sorte di montatura contro la giovane attivista proprio dopo le dichiarazioni che lei stessa aveva fatto sui maltrattamenti fatta ai detenuti in carcere.
Amina infatti è in carcere da due mesi dopo essere stata arrestata a Kairouan perchè aveva manifestato contro i salafiti.
Come dicevamo Amina, già condannata al pagamento di una multa per il possesso di una bomboletta, adesso rimane in carcere in attesa che la magistratura decida di una eventuale condanna per “profanazione di tombe" e offesa al bene comune per i fatti di Kairuoan.
Intorno al caso di Amina si sono mobilitati gruppi, organizzazioni e molti singoli come racconta Lina Ben Melhi nel suo blog "A tunisian girl"
BB da sherwood.it
Sulla situazione in Tunisia proponiamo l'articolo di Giuliana Sgrena apparso oggi in Il Manifesto
Tunisi, il governo non se ne va
Il governo resterà al potere nonostante le proteste che stanno
sconvolgendo tutta la Tunisia. L'annuncio è stato fatto ieri pomeriggio
dal premier Ali Laarayedh, dopo una seduta fiume del governo durata
tutta la giornata. In un discorso alla nazione Laarayedh, accusando gli
oppositori di volere portare il paese al caos e all'anarchia, ha
promesso elezioni per il 17 dicembre (giorno in cui Bouazizi si era dato
fuoco nel 2010 dando il via alla rivoluzione), il varo della
costituzione entro la fine di agosto e una legge elettorale per ottobre.
Secondo la tabella di marcia della transizione, la Costituzione avrebbe
dovuto essere varata nell'ottobre dello scorso anno.
Un'accelerazione
dei tempi sotto la spinta della piazza che difficilmente saranno
mantenuti vista la paralisi in cui versa l'assemblea costituente. A meno
che il premier conti sull'abbandono dei deputati dell'opposizione (ieri
il loro numero è arrivato a 73) per ripetere il colpo di mano operato
da Morsi in Egitto per introdurre la legge coranica in una costituzione
approvata solo dagli islamisti. Singolare è stata infatti l'affermazione
del premier che, oltre a minimizzare l'assassinio di Brahmi, ha detto
che «troppa libertà può essere negativa». Anche se non sorprende la
concezione della democrazia degli islamisti, una simile affermazione
appare azzardata dopo la repressione dei manifestanti negli ultimi tre
giorni di proteste che non ha risparmiato nemmeno i deputati.
La
decisione del governo non fermerà la protesta che si è già data
appuntamento dopo la rottura del digiuno (ieri sera) non solo a Tunisi,
ma in tutta la Tunisia. In vista della reazione al discorso di
Laarayedh, ieri pomeriggio la piazza davanti al palazzo del Bardo, dove
ha sede la costituente, è stata blindata. Ma non è solo l'opposizione a
sfidare il governo. Ieri, dopo che anche una deputata del partito di
governo Ettakatol, Nafissa Wafa Marzouki, si era dimessa, il portavoce
del partito Mohamed Benneur ha annunciato che se il governo non si
dimetterà sarà il partito di al Jafaar a lasciarlo. Vedremo nelle
prossime ore se la promessa sarà mantenuta, visto che il governo non ha
nessuna intenzione di dimettersi. Domenica il governo aveva tuttavia
avuto la prima defezione, quella del ministro dell'educazione Salem
Labiadh. E si parla di una possibile sostituzione del ministro degli
interni.
Tunisi si appresta a vivere una nuova notte di protesta
mentre il Coordinamento regionale di salvezza nazionale ieri ha preso il
controllo della piazza Bouazizi, un luogo simbolico nella città di Sidi
Bouzid che ha dato il via alla rivoluzione e che aveva anche dato i
natali all'ultimo martire della rivoluzione Mohamed Brahmi, assassinato
giovedì scorso a Tunisi. La piazza Bouazizi era stata occupata dai
salafiti che hanno cercato di rifugiarsi nella moschea Errahma ma sono
stati respinti. Il comportamento della polizia è stato messo sotto
accusa dal sindacato della polizia e dal sindacato Ugtt, che chiede
un'inchiesta sulle aggressioni dei giorni scorsi. Ieri si è tenuta anche
la riunione dell'esecutivo dell'Ugtt, alla quale hanno partecipato
diversi rappresentanti di partiti. L'Ugtt ha ribadito la sua richiesta
di dimissioni del governo. Ma non tutti i partiti presenti alla riunione
si sono espressi anche per lo scioglimento dell'Assemblea nazionale
costituente.
La situazione è quindi estremamente tesa e la chiusura
totale del partito religioso Ennahdha alle richieste della piazza
inasprirà il braccio di forza. Nei prossimi giorni sono attese altre
mobilitazioni già fissate in precedenza, soprattutto il 6 agosto, a sei
mesi dall'assassinio di Chokri Belaid, il leader del Fronte popolare,
che tanta emozione aveva suscitato in Tunisia. Il nuovo assassinio,
nello stesso schieramento politico, quello che in modo più conseguente
si oppone all'islamizzazione della politica evidentemente è considerato
il maggiore nemico di Ennahdha e delle sue milizie armate. La Lega per
la protezione della rivoluzione, il braccio armato di Ennahdha, di cui
l'opposizione chiede lo scioglimento, ha diffidato il governo dal
dichiarare la sua dissoluzione. Ed è probabile che il governo subirà il
ricatto delle milizie che finora hanno fatto il lavoro più sporco.