[LUM 2011] Le virtù del tumulto # 1 :: L'attualità della rivolta

I materiali scritti e video del I appuntamento della LUM 2011

28 / 2 / 2011

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[Introduzione a cura di Paolo Do]

Da Londra a Roma, da Tunisi al Cairo, quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi in Europa e nel Mediterraneo ci parla dell`attualità della rivolta e ci impone di pensare alla sua urgenza. Leggendo i giornali e i quotidiani mainstream, dal NYT al Guardian, colpisce l`entusiasmo con cui si guarda a quanto avviene nel Mediterraneo: seppur tra il cinismo di chi vorrebbe una transizione stabile e ordinata dettata dai mercati finanziari, parole come rivolta, tumulto e rivoluzione riempiono gli editoriali della stampa internazionale. Tuttavia, quello che sta avvenendo in Nord Africa ci consegna una serie di elementi da problematizzare che riguardano le sfide che ci troviamo a vivere oggi. Mi concentrero` essenzialmente su Tunisia ed Egitto per individuare alcuni punti attraverso cui interrogare anche la nostra esperienza politica. Da questi eventi balza subito agli occhi un elemento: la loro assoluta imprevedibilità. Chi si aspettava quanto accaduto? E` stato un atteso imprevisto che nessuno e` riuscito a prevedere.

I.

Tunisia ed Egitto non sono due paesi qualsiasi. Ciò che piu' ha colpito la comunità internazionale e` il fatto che tutto sia iniziato proprio in Tunisia, ovvero un'economia in forte crescita caratterizzata da un'espansione dell'educazione e della forza lavoro qualificata che ha superato di nove volte la sua popolazione studentesca dal 1994. La rivolta del mondo arabo è iniziata in un paese con tassi di crescita del 5%: é questo che sta facendo tremare di paura i BRIC, ovvero le nuove Emerging And Growth-Leading Economies.Il problema di queste economie sta nella distribuzione della ricchezza prodotta laddove tale boom economico si accompagna all'espansione di laureati senza lavoro e occupazione. Giovani istruiti, laureati ma senza alcuna prospettiva, ingegneri che hanno fatto dell'economia informale il loro strumento di sopravvivenza: questi sono i protagonisti che hanno scatenato la rivolta tunisina. La crescita economica porta a forme di poverta` inedite, non perche` l`aumento del PIL esclude alcuni soggetti, ma al contrario perche` li integra nei circuiti globali della finanziarizazione e della produzione globale. Ci troviamo in un'originale 'compressione spazio-temporale' per dirla con David Harvey, dove tanto i paesi in crescita quanto i paesi in recessione sono caratterizzati proprio dalla crescente disoccupazione di laureati, seppure dovuta a cause economiche tra loro completamente differenti. E` la crisi della societa` salariale e del suo modello di regolazione, di un nuovo regime della produzione che si sta imponendo con le sue asimmetrie, differenze e gerarchie a livello mondiale.

II.

La richiesta iniziale delle prime proteste é stata quella di un impiego per i disoccupati, per costruire un futuro alle aspirazioni dei giovani senza lavoro. Ma questa rivendicazione si e` trasformata presto in lotta e odio esplicito contro la corruzione del governo, diventando immediatamente pretesa di democrazia e liberta` dal regime parassita. La liberta` e la democrazia non sono solo un problema tunisino, o un problema generico, al contrario sembrano essere l'immediata rivendicazione connessa ai processi di dequalificazione, alle aspettative mancate di una forza lavoro sempre piu` istruita, ai processi di inferiorizzazione e di segmentazione cognitiva. E la controparte di questa manodopera qualificata e scolarizzata diventa immediatamente il tiranno, la corruzione dello Stato e dei suoi poteri. La protesta di una forza lavoro caratterizzata da alti tassi di istruzione e` una protesta politica che riguarda la distrubuzione della ricchezza, o meglio, la vita sociale nel suo insieme. Le parole 'rivoluzione' e 'democrazia', tra loro in apparente contrasto, sono un'originale endiadi: parole d`ordine di una forza lavoro cognitiva che ha superato il sentimento di impotenza contro il tiranno. Questi sono alcuni dei nodi politici che qualificano la fine dell'utopia del capitalismo cognitivo. Parlare di nuovi diritti, garanzie sociali da difendere ed inventare, così come nuove forme di welfare, sono in realta` tematiche che ci riguardano da vicino. 

III.

Altro importante tema da interrogare in questi straordinari avvenimenti é la loro capacità di costruire una mobilitazione di massa, di generalizzare la protesta. La mobilitazione in Tunisia inizia con i disoccupati high skill ma ha la capacita` di ricomporre la frammentazione sociale complessiva producendo un altissimo grado di generalizzazione e trasversalità. Da un lato, quindi, abbiamo la diretta rivendicazione di democrazia e liberta`, dall`altro questi eventi ci parlano di precari, giovani, liberi professionisti, operai, musulmani e non che scendono in piazza assieme. La generalizzazione della protesta passa proprio dalla composizione tecnica della forza lavoro cognitiva facendo emergere un sapere legato alle condizioni sociali della sua riproduzione, che passa dai legami familiari e dalle condizioni di possibile autonomia degli individui, dove la protesta si lega al rifiuto dello sfruttamento. Questa forma di solidarietà, la capacità di generalizzazione e di ricomposizione sociale della lotta, la capacita` di costruire alleanze sono ciò che ha reso possibile la vittoria.

IV.

In Tunisia cosi' come in Egitto, un ruolo importante lo hanno avuto i media e i social network. Tuttavia non e` possibile leggere l`importanza di Facebook e dell'infosfera in generale senza legarla al ruolo che hanno avuto le organizzazioni sindacali classiche. Concentrazione e diffusione: le sedi sindacali di Tunisi trasformate in punti di concentramento e di organizzazione politica della rivolta, tutto ciò non sarebbe stata possibile senza facebook, viceversa, la comunicazione diretta e molecolare del social network avrebbe perso molto senza l'accumulazione metropolitana fornita dai sindacati. In Egitto le forme di protesta e le pratiche sono state eterogenee: cortei decentrati e fast-moving, talmente veloci da sfuggire ai controlli e ai blocchi della polizia, il corteo selvaggio, mobile e non pre-organizzato ha bloccato le città egiziane. Oltre al blocco metropolitano in Egitto gli scioperi di molte fabbriche organizzati dai sindacati non ufficiali sono stati strategici per diffondere la protesta: lo sciopero politico ha generalizzato ed esteso la rivolta. Oggi molte fabbriche, luogo centrale della produzione, dopo lo sgombero di piazza Tahrir stanno ancora scioperando rivendicando nuove rigidità per il salario minimo, cambio dei vertici aziendali, occupazione delle figure piu` qualificate, aumenti dei bonus per gli operai. E` interessante seguire questi eventi poichè molte delle fabbriche civili in Egitto sono guidate proprio dell`esercito oggi garante della transizione. E` interrogando queste forme della attualita` che ci domandiamo come tenere aperto questo inedito processo, come generalizzarlo, e quali possano essere le istituzioni che daranno forma e corpo ad un nuovo Maghreb dopo i tumulti che lo hanno attraversato.

Leggi la relazione di Augusto Illuminati

Guarda i video della I giornata:

Introduzione a cura di Paolo Do e relazione di Augusto Illuminati

Discussione a partire dalla relazione di Augusto Illuminati; interventi di Francesco Raparelli, Lanfranco Caminiti, Alberto De Nicola, Marco Bascetta