Verso COP15

Andare a Copenhagen

Apriamo il dibattito

Utente: gianmarco
21 / 10 / 2009

Mancano poche settimane all'avvio di COP151, conferenza ONU sulla issue climatica, e si vanno definendo gli appelli e le agende di lotta.

In Europa, nelle sue reti, tra i suoi siti e nelle mille mailing list, si annidano nuove analisi e lessici che rimbalzano ovunque, un po' come avviene nei cortei, quando dalla testa gli slogan si propagano rapidamente verso la coda e viceversa, e si avvia una processo di condivisione di parole e segni che crea un idem sentire.

Da un lato l'ONU, i governi nazionali, le strutture della governance globale, tra cui le enormi ONG, riuniti nella conferenza ufficiale che ha uno spettro di proposta limitato alle soluzioni market based e che deve fare i conti con i nuovi equilibri di un mondo diventato multipolare.

La Clean Development Mechanism e la Joint Implementation sono i dispositivi flessibili che costituiscono il cuore della proposta già avanzata a Kyoto, che, di fatto privatizza e prezza il diritto all'inquinamento.

Viene prospettata una borsa dell'inquinamento con i relativi crediti che sono negoziabili come qualunque altro bene, comportando, ad esempio, che imprese e paesi altamente industrializzati (o in via di fortissima industrializzazione) possano comprare la non riconversione o vendere una parte del saving di CO2. Capita, inoltre, che vengano incentivate produzioni che le agenzie internazionali considerano non o meno inquinanti come il nucleare o i biocarburanti, arrivando al paradosso che la realizzazione di una centrale nucleare in Romania o Iran fa acquistare crediti, re-investibili, ad esempio, nel non rispetto delle soglie di produzione di CO2 nel paese del costruttore.

In buona sostanza la struttura del mercato dei capitali viene estesa a questo bene chiamato ambiente tramite i derivati “crediti inquinanti”, nella stessa maniera che ha portato i cereali a divenire uno dei panieri più redditizi per la speculazione finanziaria.

Non solo, ma ogni proposta di riforma della struttura del mercato dell'energia prevede la centralizzazione del processo produttivo, enorme ed autoritario e la figura astratta di un utente/ consumatore. Viene oggettivamente impedito ad ognuno di noi di potersi riappropriare di come, quale e quanta energia produrre, di essere libero ed energeticamente indipendente.

Dall'altro lato le reti organizzano conferenze alternative e discutono con chi parteciperà al programma ufficiale pur avendo chiaro fin da ora che per il climate change serve un system change.

Si stanno creando nuove relazioni tra reti e singolarità europee, le loro reti di reti e nuovi originali dispositivi organizzativi, ed i delegati del Global South, magari proprio di quel Sud America i cui leaders nazionali sono, spesso, a pieno titolo, i nuovi protagonisti della governance e non, come qualcuno ha creduto o cercato di far credere, i referenti altermondialisti. Insomma, essi sono una nostra controparte e non partners come nel caso avviene nel caso dei nuovi “agroufuel refugees”, cioè residenti divenuti migranti perchè i loro territori sono stati riconvertiti alla produzione del “verde” biocombustibile.

Centinaia di delegati a COP 15 delle nuove potenze regionali e membri di organizzazioni -anche indigene-, di contadini e cittadini hanno più da dire con le reti e gli attivisti europei e nord americani che con le delegazioni ufficiali dei propri paesi ed infatti si stanno promuovendo giornate di lotta comune come nel caso del 16 dicembre con “Reclaiming power- Push for Climate Justice”2.

Se assumiamo questa prospettiva la stessa demarcazione “nord/sud” viene meno: gli abitanti di New Orleans hanno subito impatti e contraddizioni analoghe a quelle occorse ai Somali – il cui territorio coltivabile è eroso dalla desertificazione-, agli abitanti di Sri Lanka o Messina

Nella discussione in corso c'è un filo comune: la issue climatica è sottratta agli specialisti dell'ecologismo ed è rifocalizzata assumendo la centralità che essa può avere anche come prospettiva di critica complessiva alla produzione e riproduzione sociale capitalistica.

Nell'agenda delle mobilitazioni a Copenhagen vediamo, senza soluzione di continuità, giornate di iniziativa per un'alimentazione differente, per un'agricoltura indipendente ed eco-sostenibile, contro i processi che generano climate refugees, contro l'organizzazione produttiva in sé.

E si diffonde, viralmente, la proiezione verso un nuovo movimento globale, diverso e originale.

Le giornate di dicembre possono essere un'occasione importante.

Il futuro non dipende dal deal che verrà siglato, anche se migliore esso sarà meglio è, naturalmente.

Il futuro di tutti noi dipenderà dalla nostra capacità di costruire e sperimentare un framework comune che faccia da rampa per nuove campagne a 360° -anche nel senso della latitudine.

1 La quindicesima Conference of the Parties (COP) della United Nations Framework Convention on Climate Change

2 Iniziativa coordinata da Climate Justice Action, ma assunta da tutti, come la manifestazione del 12 dicembre