Fonte: Repubblica.it 04.09.09

Mesero, gli operai bloccano l'ad in ufficio prosegue la protesta sul tetto della Esab

La tensione è scoppiata quando i sindacalisti hanno spiegato agli operai in attesa davanti all'azienda che non erano stati fatti passi avanti e che la riunione era aggiornata a lunedì

4 / 9 / 2009

MILANO - Un intero pomeriggio di trattative dopo tre giorni di protesta sul tetto della fabbrica, con un operaio colpito da infarto e finito in ospedale. E quando l´incontro con i vertici dell´Esab Saldatura di Mesero, hinterland nord-ovest di Milano, si conclude con un nulla di fatto, la frustrazione e la rabbia portano all´assedio dell´amministratore delegato, Massimo Impavidi, che obbliga il primo dirigente dell´azienda - controllata dal fondo inglese Charter International - a restare nel suo ufficio al primo piano. Solo l´intervento dei carabinieri lo libera dalla presenza soffocante degli 85 operai che rischiano la cassa integrazione e il licenziamento. La tensione scoppia quando i sindacalisti spiegano agli operai in attesa che la riunione è aggiornata a lunedì senza passi avanti. «Siamo lontani anni luce dalle richieste sul mantenimento dell´attività produttiva» sintetizza Walter Montagnoli, dei Cub. «Ci hanno promesso una mancia - dice Valerio Garavaglia, della rsu, 51 anni di cui 29 in azienda, uno degli otto che ha passato le prime due notti in un sacco a pelo sul tetto dello stabilimento. L´Esab produce dal 1935 polvere e fili per saldature. Ha commesse nell´industria automobilistica italiana, ma anche in Europa e nord Africa. Ma dopo l´acquisto da parte di Charter International, che ha rilevato le attività dagli originari proprietari svedesi, dopo due mobilità che hanno lasciato a casa una parte dei lavoratori, il gruppo intende procedere oggi alla cassa integrazione per chiudere lo stabilimento di Mesero. Ieri l´azienda ha migliorato la propria proposta: dalle sei mensilità assicurate nei giorni scorsi alle 14, su 24 mesi totali di cassa integrazione. Un´offerta definita «inaccettabile» dai lavoratori. Così alcuni operai salgono al primo piano, raggiungono l´amministratore delegato e direttore del personale e chiedono ad alta voce di proseguire le trattative ad oltranza. Solo l´arrivo dei militari convincono gli operai a desistere.

«A me sembra che l´azienda ha fatto un grosso passo avanti nella sua offerta - dice Massimo Impavidi - La nostra proposta è ragionevole, certo è che non intendiamo decidere sotto minaccia». E sui dieci minuti di assedio, il dirigente minimizza. «C´è stata solo una discussione più animata, nessun sequestro. La tensione è comprensibile quando ci sono famiglie da tutelare». In attesa della ripresa delle trattative di lunedì, gli 85 dipendenti non intendono arrendersi. Raccontano come la Esab «fino a un anno fa produceva su tre turni e con gli straordinari». Ricordano la storia di una realtà legata indissolubilmente al territorio. «Siamo figli e nipoti di ex operai - dicono - e abbiamo visto morire i nostri vecchi per silicosi, perché fino a qualche decennio fa l´Esab usava polvere di silicio senza protezione per chi respirava».

Ora accusano: «Chiudono l´impianto per trasferire la produzione a Est e speculare con la vendita dell´area, 77 mila metri quadrati che con l´Expo hanno triplicato di valore per la vicinanza alla Milano-Torino e alla superstrada per Malpensa. «L´area rimarrà industriale - assicura il sindaco Riccardo Molla, figlio di un operaio Esab morto a 59 anni per silicosi - La sfida è trovare nuovi investitori che tengano viva l´attività produttiva». Da lunedì, lavorerà a questo obiettivo anche il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, che si dice «pronto a mediare, ma a una condizione: che gli operai scendano dal tetto».

di Sandro De Riccardis