Fonte: Il Mattino di Padova 07.04.2011

Padova - Sicurezza, no della Consulta ai "sindaci sceriffi": stop a Zanonato, Bitonci e Soranzo

La Corte costituzionale boccia i poteri di ordinanza dei primi cittadini previsti dal "pacchetto sicurezza" del governo Berlusconi, approvato nel 2008. Tutto nasce da un ricorso dell'associazione Razzismo Stop contro una decisione del sindaco di Selvazzano Dentro

8 / 4 / 2011

Sono illegittimi gli ampli poteri di ordinanza dei sindaci previsti dal "pacchetto sicurezza" del governo Berlusconi che dal 2008 a oggi si sono tradotti in divieti anti-accattonaggio o anti-lucciole in numerose città d'Italia. In provincia di Padova si sono distinti per l'uso di ordinanze in materia di sicurezza pubblica il sindaco del capoluogo, Flavio Zanonato oppure il primo cittadino di Cittadella Massimo Bitonci. 

L'illegittimità è stata stabilita dalla Corte Costituzionale, che ha bocciato la legge 125 del 2008 nella parte in cui consente che il sindaco adotti provvedimenti ''a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato'' per prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano la sicurezza urbana, anche al di fuori dai casi di ''contingibilità e urgenza''. 

A sollevare la questione dinanzi alla Consulta è stato il Tar del Veneto, cui si era rivolta l'associazione Razzismo Stop contro l'ordinanza anti-accattonaggio del sindaco di Selvazzano Dentro, Enoch Soranzo.

I giudici costituzionali, con la sentenza n. 115 scritta da Gaetano Silvestri, hanno ritenuto violati gli articoli 3, 23 e 97 della Costituzione riguardanti il principio di eguaglianza dei cittadini, la riserva di legge, il principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative.

Le ordinanze dei sindaci, così come previste dal "pacchetto sicurezza" - scrive la Consulta -  incidono ''sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati''. Ma - fa notare la Corte - ''la Costituzione italiana, ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità, richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta, se non in base alla legge'', così come previsto dall'art. 23 della Carta. Pertanto - sottolinea la sentenza - ''nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti'', il "pacchetto sicurezza" ''viola la riserva di legge relativa'' perché ''non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi - aggiunge la Corte - sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge''. 

Ma c'è di più: la ''assenza di una valida base legislativa'' nell'amplio potere di ordinanza conferito ai sindaci non solo ''incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della pubblica amministrazione'' ma - afferma la Consulta - lede anche il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3 della Costituzione).

Il principio di eguaglianza viene violato in quanto, sottolinea la Corte, ''gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci''. E in questi casi non si tratta di ''adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali'', bensì - si legge nella sentenza - di ''vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa''. Ciò consente ai sindaci di adottare ''restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molteplici, non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria''.