Padova - Verso il 17 novembre occupato il Liceo Selvatico

L’invisibilizzazione del genocidio in atto in Palestina, ma anche il caro-libri, il degrado delle strutture scolastiche e la richiesta un’offerta didattico-formativa realmente inclusiva sono le motivazioni principali che hanno spinto studenti e studentesse a occupare.

16 / 11 / 2023

Continua a Padova la mobilitazione del mondo della formazione in solidarietà al popolo palestinese e verso lo sciopero generale di domani 17 novembre. Dopo l’occupazione universitaria del Liviano, stamattina è stato occupato il Liceo Artistico Pietro Selvatico.

L’invisibilizzazione del genocidio in atto in Palestina, ma anche il caro-libri, il degrado delle strutture scolastiche e un’offerta didattico-formativa che non tiene conto delle trasformazioni sociali le motivazioni principali che hanno spinto studenti e studentesse a occupare. «Paghiamo centinaia di euro per libri scolastici, e per materiali che la scuola ci dovrebbe fornire, ma che invece mancano. Ogni giorno andiamo a scuola e dobbiamo passare le nostre giornate all’interno di strutture decadenti e a rischio, con servizi igienici spesso fuori uso e con scarsità di materiali messi a disposizione per svolgere le ore di laboratorio».

Si lamenta inoltre una scarsa attenzione della scuola verso una pedagogia realmente inclusiva. «La scuola, essendo l’ambiente in cui cresciamo e assimiliamo saperi necessari, dovrebbe offrirci una formazione completa. Spesso invece l’ambiente scolastico è un giudicante, si basa su dinamiche di potere, ideali di umiliazione e violenza che sono il prodotto diretto di una società capitalista, colonialista, razzista, patriarcale e eteronormativo». L’ambiente scolastico opprimente impone livelli di performatività irraggiungibili che guardano solo al rendimento e non alla salute mentale. Gli sportelli d’ascolto sono obsoleti, nel momento in cui le figure che dovrebbero offrire aiuto psicologico sono poche, incompetenti e spesso assenti.  Tutto questo si riversa in maniera amplificata sulle persone disabili, che sono costantemente allontanate dalla classe, perennemente infantilizzate ed escluse dalla vita sociale della scuola.

Un’altra questione sottoposta a critica è la didattica. «Passiamo intere giornate su delle sedie, ascoltando lezioni frontali che hanno il solo scopo di farci imparare a memoria dei saperi dogmatici e calati dall’alto, che non ci stimolano o aiutano a sviluppare un pensiero critico. L’istruzione viene incentrata su saperi coloniali ed eurocentrici, saperi che invisibilizzano la storia delle persone queer, delle persone non europee, dei corpi femminilizzati e non conformi, trattando tutte le tematiche unicamente dal punto di vista di uomini, bianchi, occidentali, ricchi, eterosessuali, cisgender, e abili».

Le lezioni di educazione sessuale non vengono svolte, e durante quelle uniche due ore in tutti gli anni scolastici il tema viene affrontato male: avvolto dallo stigma, si parla solo del mero atto sessuale, tra un uomo e una donna cisgender, senza che venga nominato il consenso, l'affettività, l'orientamento sessuale, l’identità di genere, e tutto ciò che fa parte della sfera del piacere e del desiderio. Durante le lezioni di educazione ambientale, se vengono fatte, viene solo detto di usare le borracce al posto delle bottigliette di plastica e di sprecare meno acqua, senza nominare la crisi climatica, e senza parlarci dell’estrattivismo che ne è alla base.

Le tematiche attuali non vengono mai trattate, silenzio assoluto riguardo tutto ciò che succede intorno a noi: un esempio ne è l’invisibilizzazione del genocidio che sta accadendo negli ultimi mesi in Palestina da parte del governo israeliano, dell'oppressione sistematica che va avanti da quasi un secolo con la pulizia etnica, i bombardamenti, gli abusi e violenze di ogni tipo. Queste dinamiche di guerra e violenza non esistono solo al di fuori dell’ambiente scolastico, ma si presentano anche al suo interno, con una costante guerra sui nostri corpi che si manifesta ad esempio con l’imposizione del dresscode, con le gerarchie e le dinamiche di potere in cui la scuola affonda le sue radici e con i metodi punitivi che vengono costantemente adottati. 

«Riguardo tutti questi argomenti ci viene solo detto che ‘’la scuola deve rimanere neutrale’’, o che ‘’sono temi troppo delicati da trattare a scuola’’. Ma noi ne vogliamo parlare, noi vogliamo che ci venga spiegato cosa succede intorno a noi, vogliamo che la scuola prenda una posizione e che non rimanga neutrale davanti alla morte di migliaia di persone. Pretendiamo una scuola che fornisca ciò di cui abbiamo bisogno, sia da un punto di vista materiale, sia da un punto di vista psicologico ed educativo».

Dall’occupazione del Selvatico parte l’appello a occupare altri istituti scolastici e a partecipare al corteo di domani all’interno del grande spezzone studentesco e delle realtà sociali che si rappresenterà con gli striscioni “Contro la guerra, occupiamo tutto” e “Make school, not war”.