Pisa - Il diritto allo sciopero non è un mobile low cost

16 / 10 / 2014

Undici lavoratori del reparto logistica del negozio IKEA di Pisa dal 1 ottobre sono stati mandati a casa dalla multinazionale. Un sostanziale “licenziamento” mascherato dalla formula “mancato rinnovo di contratto”.

Le norme contrattualistiche permesse dalla legge italiana sono usate come scudo per mascherare il modello “sfrutta e manda a casa”. Questo è il modo di operare di IKEA a Pisa.

Il peccato originale del colosso svedese è stato l’utilizzo di contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato già dalla sua apertura. A partire da marzo 2014, infatti, 25 giovani sono stati assunti in vari reparti, tra cui anche la logistica, con questa forma contrattuale. Contratti di un mese, rinnovabili a discrezione dell’utilizzatore.

Gli ingenti arrivi di merci, i fatturati da capogiro, le ferie richieste durante l’estate dai lavoratori con contratto diretto, hanno reso indispensabile l’apporto di questi lavoratori “interinali” nel quotidiano svolgimento delle mansioni. Queste condizioni di “picco” permangono tutt’oggi e, nonostante ciò gli undici lavoratori non hanno avuto alcun rinnovo contrattuale; a corollario del danno, anche la beffa della falsa speranza di riassunzione, usata come grimaldello per smantellare eventuali velleità di dissenso.

La parola di IKEA in questo frangente vale meno delle loro matite.

L’alienazione quotidiana per gli “interinali” è corsa sul filo della formazione negata, della deresponsabilizzazione, della ripetizione dei medesimi compiti, dell’impossibilità di costruire un percorso “personale” all’interno dell’azienda.

Da 25 anni IKEA ITALIA racconta ai suoi dipendenti e ai clienti una menzogna spacciata per filosofia aziendale: attenzione per le risorse umane, scrupoloso senso di responsabilità, spazio al “pensiero differente”, collaborazione tra coworkers a tutti i livelli dell’organizzazione. La verità è che il marchio IKEA possiede dei valori in linea con gli stessi mobili che vende: superfici impiallacciate fuori e truciolato dentro.

Ricordiamo come nel punto vendita di Pisa, IKEA si avvale di una platea di centinaia di contratti a tempo determinato di sei mesi, ovvero quasi tutti i dipendenti, mentre soltanto i quadri intermedi e managers possono vantare le sicurezze di un contratto a tempo indeterminato. La precarietà come norma, come filosofia d’impresa.

Lo “spazio al cambiamento” che IKEA usa come slogan sarà la stessa parola d’ordine che ci vedrà uniti nella contestazione di questo modello d’impresa e nella richiesta di reintegro immediato di tutti i lavoratori assunti con contratto “interinale”.