Presidio anno terzo

9 / 1 / 2010

Il 16 gennaio il Presidio Permanente compirà tre anni. Molti di noi ricordano ancora come fosse ieri quella notte fredda e nebbiosa tra il 15 e il 16 gennaio 2007, quando in poche decine andammo a “visitare” il campo di sorgo che, di li a qualche ora, avrebbe ospitato il nostro primo tendone.

Doveva essere temporaneo, quel tendone, necessario per fare pressione su un governo – quello di Romano Prodi – che vedeva avvicinarsi la scadenza dell’ultimatum posto dall’allora ambasciatore statunitense Ronald Spogli che aveva dato tempo all’Italia fino al 19 gennaio.

I lavori di montaggio iniziarono la mattina presto; mille erano le difficoltà: il fango fino alle caviglie e la pioggerellina insistente, una struttura da montare vecchia e mal messa (come si vede nella foto qui sopra), i materiali, dai bancali di legno ai teloni di nylon, da recuperare in tutta la provincia. Ma c’era, anche, un clima allegro, quasi euforico. Mentre si lavorava arrivavano le signore del quartiere: torte e bottiglie di vino, pentoloni pieni di pastasciutta e thè caldo. Nessuno credeva che un governo avesse potuto abbassare la testa così vigliaccamente di fronte a un ultimatum straniero.

E, invece, questo fu ciò che accadde. Perché Romano Prodi non ebbe il coraggio di dir di no; non ebbe nemmeno la dignità di attendere fino all’ultima ora dell’ultimatum statunitense. La sua risposta, infatti, arrivò nel pomeriggio del 16 gennaio, dall’estero: «il governo italiano – disse – non si oppone alla volontà statunitense». Fu la sera dell’indignazione: migliaia di vicentini occuparono la stazione dei treni e poi, fino a tarda notte, in centinaia affollarono il Presidio che, in breve, diventò per tutti Permanente. Era nata una comunità che aveva fatto di quel pezzo di terra la propria casa comune – tanto da arrivare a comprarlo, nella primavera 2009, collettivamente – e che da lì avrebbe attraversato la città con centinaia di iniziative e manifestazioni, azioni e assemblee.

Ora il cantiere statunitense incombe, a poche decine di metri, sul Presidio Permanente. Ma val la pena lo stesso festeggiarlo, questo terzo compleanno. Perché il bagaglio che si porta in spalla chiunque abbia attraversato questo spazio è composto non solo di sogni e determinazione sul futuro del proprio territorio, ma anche di relazioni umane e pratiche di cittadinanza, di competenze e forme di solidarietà. E se, nonostante il cantiere, il Presidio Permanente ha i picchetti ancora ben piantati nel terreno di ponte Marchese, molti di coloro che questa base l’hanno voluta hanno dovuto cedere il passo: dall’ex sindaco Hullweck a Romano Prodi, questa scelta gli è stata fatale.

Magra consolazione, si dirà; ma continuare a costruire pratiche di democrazia e di autogoverno a partire da un tendone rappresenta l’unico modo per non rassegnarsi all’imposizione; la possibilità che, dopo tante delusioni, si possano ancora stracciare i piani di quanti hanno considerato Vicenza un territorio di conquista, trasformando i suoi abitanti in sudditi senza diritto di parola.

Il 16 gennaio il Presidio Permanente è in festa: si festeggia l’esistenza di centinaia di donne e uomini che non chinano la testa.