Alcune riflessioni sulla sentenza della Corte d'Appello di Bologna che introduce l’aggravante della finalità eversiva a Forza nuova Rimini

Rimini - Fra verità e giustizia. Cosa ci dice questa sentenza

19 / 10 / 2010

Questa sentenza apre la necessità di alcuni ragionamenti non tanto in termini giustizionalisti e forcaioli, ma come qualcosa che riafferma e sancisce una giustizia che non è quella del diritto penale o delle carceri lager ma della verità.

Per molti anni intorno a quello che è accaduto la notte del 24 settembre 2007, da parte della società civile, dell'associazionismo antifascista, dei partiti del centro sinistra che governavano e governano ancora la città, questo episodio è stato taciuto, sminuito, rilegato a una logica fra opposti estremismi, se non di bande costituite da deviati sociali.

Così non era.

Questa sentenza riafferma un principio per cui il laboratorio sociale Paz era il bersaglio di un progetto chirurgico di annientamento da parte di un gruppo nazifascista perché era un luogo che praticava disobbedienza al razzismo, alla xenofobia, allo sfruttamento, alla precarietà, alle logiche che permeano, ieri come oggi, la nostra società.

Il laboratorio sociale Paz era uno spazio sociale, aperto alle molteplicità e recuperato all'abbandono che dava visibilità a quelle tematiche sociali: beni comuni, ambiente, migranti, cultura, reddito sganciato dal lavoro, che rappresentano oggi i cardini di nuove pratiche moltitudinarie e di resistenze per una uscita dalla crisi che parli di un nuovo comune dei diritti per tutti. 

Era questo che dava fastidio a Forza nuova ed è per questo che il Paz andava sgomberato. Perché praticava quella legalità che non è sancita dalle leggi, ma dalla giustizia sociale, da uno sguardo più ampio sul futuro di questo territorio, defraudato e spogliato, arreso di fronte all'illegalità vera delle infiltrazioni malavitose, dell'ipersfruttamento e riduzione in schiavitù in cui versa la forza lavoro che sostiene la principale economia del nostro territorio: il turismo.

Questo ci dice la sentenza della corte d'appello di Bologna, quando ci parla di “eversione”.

Il tentativo di riscrivere la storia di questo piccolo spazio fuori città, trova risposte ora alle tante falsità e banalità che sono state dette e scritte.

Il Laboratorio sociale Paz non c'è più fisicamente, la sua storia e quel grande ciclo di lotte si è concluso ma non si è arreso. Non si è arreso perché la forza evocativa di quel luogo vive oggi nella memoria e nell'agire quotidiano di chi ha vissuto quella grande esperienza di autonomia e libertà, ma vive anche nell'immaginario di tanti giovani che guardano a quel piccolo spazio di periferia con entusiasmo.

Un entusiasmo che ci parla di qualcosa che non è fissato solo da un ricordo, ma da una tensione che va recuperata e riconquistata in questa città. Uno spazio pubblico e sociale, un metodo e pratica del comune, che parli della crisi e di un'altra idea di città/società.

La sentenza parla anche di risarcimento economico per le parti civili, fra esse anche il Comune di Rimini. Questo risarcimento dovrebbe essere utilizzato dal Comune per pagare le utenze elettriche dei 4 anni e mezzo di attività dello spazio sociale e come riconoscimento da parte della stessa amministrazione comunale delle pratiche antifasciste e democratiche agite dal Laboratorio Sociale Paz nella città di Rimini. Perché queste sono state le vere ragioni per cui questo luogo ha subito la rappresaglia nazifascista.

Nella foto dell'articolo di Valentina Urbinati, una scritta ancora presente su un armadietto al PAZ...

Rassegna stampa 19 ottobre 2010