Qualcosa di importante e di bellissimo sta avvenendo a Napoli,
considerata capoluogo nazionale della rassegnazione e della
disperazione, città che sta dimostrando invece di essere esattamente il
contrario, trasformandosi ogni giorno in capoluogo nazionale della
rinascita e della speranza, della ricostruzione e della ripartenza.
Napoli come simbolo positivo per tutto il Paese. Lo dico non tanto in
riferimento alla mia persona di candidato sindaco e lo dico a
prescindere dall'esito di questa competizione elettorale: a Napoli,
intorno alla mia candidatura, si è infatti polarizzato un movimento
civile per il cambiamento.Per il cambiamento e per il
miglioramento, un patrimonio umano e sociale che con orgoglio ci
consente di affermare che in parte abbiamo già vinto. Resta - ed è la
sfida ultima e massima a cui siamo chiamati - la vittoria elettorale al
prossimo ballottaggio, quando la destra di Cosentino, quella affarista e
contigua al crimine organizzato, incarnata solo formalmente da
Lettieri, dovrà essere battuta. Utilizzo un verbo perentorio (dovrà)
perché non posso immaginare, se non con il cuore pieno di dolore, di
vedere la mia città consegnata, dopo la Provincia e la Regione, nelle
mani di chi vuole saccheggiarla e umiliarla ancora un altro po'. Napoli
ha già sofferto abbastanza: 15 lunghi anni di emergenza rifiuti, di
lavoro trasformato in privilegio concesso da lobby di potere in cambio
del voto, di dominio del partito trasversale della spesa pubblica che ha
sconquassato il bilancio comunale e distrutto il welfare, di politica e
amministrazione dimentiche dell'interesse collettivo perché sensibili
solo a quello personalistico privato. E' il tempo di cambiare, è tempo
di una stagione post ideologica ma idealista, che abbia al centro di
tutto la risoluzione dei mali che fiaccano questa città (rifiuti e
camorra, ma molto altro) e che non sono il frutto del caso, bensì il
prodotto della dirigenza politico-amministrativa. In queste
settimane di campagna elettorale ho visitato tutta la città: comizi
(anche improvvisati), incontri, appuntamenti, concerti, passeggiate. Un
tour - sempre affiancato dai giovani volontari che mi sostengono e che
girano con me, indossando la pettorina con la scritta "Napoli è tua" -
per tutte le zone e i quartieri, convinto che non esistano le periferie e
che Napoli sia una città unica e che, soprattutto, debba tornare nelle
mani dei suoi cittadini. Senza scorte al seguito, anche in aree dove il
disincanto verso una 'certa' politica è diventato rabbia verso la
politica in quanto tale e soprattutto verso lo Stato. Un bagno di
umanità, la campagna elettorale, che mi ha fatto percepire quanto il
desiderio e la necessità di un nuovo corso siano sentiti, come poi ha
confermato il voto del primo turno. Indignazione e liberazione,
non a caso, sono le parole chiave della mia sfida elettorale:
trasformare l'indignazione sociale, per fortuna ancora viva, in
liberazione politica della città, secondo un progetto che si fonderà su
un programma elaborato grazie all'apporto dal basso e dalla rete, su una
giunta di persone tecnicamente qualificate e dalla schiena dritta, su
una democrazia partecipata e su un dialogo aperto a tutti, come lo sono
anche io. A tutti tranne che alla camorra, alle cricche, ai corrotti, ai
collusi, ai prenditori di denaro pubblico, a chi vuole discariche e
inceneritori, a chi si oppone alla differenziata porta a porta, a chi
pensa che il lavoro non sia un diritto, a chi vuole privatizzare l'acqua
e distruggere l'ambiente, a quanti credono che lo sviluppo economico
non passi per la rivalutazione artistica e culturale. È una grande
sfida, che va oltre i partiti e gli equilibrismi interni ad essi, e che
assume anche un valore nazionale, dunque non possiamo permetterci di
perderla. Se vinciamo qui vince il Paese.
Tratto da Il Manifesto del 20.05.11